Come tutti gli anni si percepisce come da un Sanremo all’altro passi un attimo, ed è proprio vero, non si fa in tempo a seguire la finalissima, che già ci chiediamo come sarà l’anno successivo, chi condurrà, quali saranno le nuove regole ed i nuovi o vecchi artisti. Abbiamo ereditato un’idea sul Festival, quella che condividiamo con i nostri genitori, nonni e bisnonni, quella per la quale Sanremo è la vittoria della canzone italiana, dove vince il brano e non il cantante.
Ma nel 2019 è ancora così?
Sono passati più di 60 anni dalla prima edizione del Festival, che riflette i costumi del momento: ogni era ha il suo mercato discografico e le sue leggi, che volente e nolente sono figlie di un periodo storico, e per questo vanno accettate: non perché si debba concordare con qualcosa che non condividiamo, ma è importante comprendere per non fare errori di valutazione su qualcosa che è cambiato e che nella maggior parte dei casi, molti non addetti al settore valutano con “occhi vecchi”. Quante volte la parola ‘crisi’ è stata associata ad un elemento della nostra vita quotidiana? Anche la musica è stata messa in ginocchio dalle sue nuove ed inevitabili modalità di fruizione. Ad oggi esistono decine di canali di comunicazione nuovi per poterla diffondere, ma in questo mare, come è possibile intravedere uno spiraglio di qualità? Chi ci guida? Chi ci dà la certezza che il contenuto che stiamo per aprire non ci rubi secondi di vita che avremmo potuto dedicare a qualcosa di meglio? C0ome fa un artista a combattere contro la sua obsolescenza programmata? Come può dimostrare al mondo che se sparisce spesso non dipende dalla sua mancanza di talento?
Come diceva il Machiavelli del Principe, opera illuminante, egli può salire al potere anche attraverso aiuti esterni, ma poi deve riuscire a restare in auge col merito delle sue qualità.
Possiamo applicare questo schema anche in questo momento storico? Non è proprio così, ossia esistono nuove modalità per dimostrare di “saperci fare” e del talento fanno parte componenti che in altri momenti sarebbero state totalmente irrilevanti. L’immagine ad oggi non è solo un contenitore, ma l’attestazione inconscia di qualità.
Se, come sfogliando album di figurine, mi metto a cercare qualcosa che potrebbe interessarmi, non ho tempo di scavare, ma approfondisco ciò che in quel mare mi attira: in un colore, in uno sguardo, in un outfit.
Video killed the radio star, una canzone che sottolineava una nuova realtà già negli anni ’80, da che cosa potrebbe essere sostituita?
Noi siamo l’Esercito del Selfie. Siamo sempre più protagonisti ed abbiamo bisogno di canzoni che parlino di noi, sempre di più, e non siamo mai contenti di ciò che ci viene proposto. Abbiamo bisogno di un bombardamento mediatico che ci lobotomizzi con pochi contenuti, perché una musica troppo democratica e meritocratica ad oggi non potrebbe funzionare: non abbiamo tempo per dare spazio a tutti.
Qualcuno sceglie il riflettore si accende su un artista che potrebbe anche non avere nessun tipo di gavetta alle spalle, delle ottime capacità ma soprattutto una storia triste che possa dare più contenuto umano
ad un cantante ancora tutto da costruire, che spesso proprio per questo, se lanciato e dopo dimenticato va in pezzi.

Dove andranno a finire i finalisti di Sanremo Giovani che non hanno avuto accesso al vero Festival? Quest’esperienza sarà vissuta come una fase intermedia verso qualcosa di nuovo, in un futuro vicino o sarà solo la perdita di un’occasione? Se parliamo in freddi termini di marketing, quegli artisti hanno avuto la possibilità di far parte della vetrina musicale più importante della televisione italiana, ma un conto è parlare dall’esterno, e un altro è essere proprio loro: pieni di speranze, emozioni, nel bene e nel male, alla mercé di leoni da tastiera che sono in grado di parlare negativamente anche di Freddie Mercury,
figurati di esordienti fragili e sconosciuti.

I commenti più gettonati saranno:
-sono dei raccomandati.
-chi ce li ha messi?
-mio figlio canta meglio.
-ma da dove è uscito quello?
-come è vestita lei? Chissà come ha fatto ad arrivare lì.
-non sa cantare, è stonata, urla.

Gli esperti di moda, critica musicale e tecnica vocale si moltiplicheranno intorno a questi malcapitati, la cui unica colpa è aver avuto la fortuna di esibirsi su quel palcoscenico. Einar ha vinto Sanremo Giovani e si esibirà sul Palco dei Big. Molti diranno che non è un Big, e non deve esibirsi con i “mostri sacri”. Lo spettatore medio deve prendere coscienza del fatto che Einar venderà molto, molto di più di altri cantanti artisticamente affermati, che non hanno conquistato il target dei giovanissimi, i nuovi talent scout del Web.
E’ sempre così facile lamentarsi di ciò che viene propinato ed ecco arrivare le solite frasi: la musica di una volta era molto meglio, che roba è, ma chi sono questi ragazzini?…
Se foste un discografico, che lavora attraverso la musica, preferireste investire su qualcosa che piace o su qualcosa che forse in un futuro a medio termine potrebbe piacere? Fareste la fame nel frattempo, aspettando che il vostro artista (forse) sbocci? A meno che le vostre entrate non si basino anche su altro, sarebbe davvero molto improbabile. Sarebbe meglio non lamentarsi e magari comprare musica degli artisti che si vogliono sostenere. Sarebbe meglio farsi un esame di coscienza guardando la pila dei vecchi cd impolverati, masterizzati negli anni ’90, quando la musica bella, quella di cui si ha nostalgia, ha iniziato a morire.

Siamo tutti genitori della musica liquida.

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Di Anna Romaldini

Cantante e autrice, le piace esplorare tutto ciò che è musica, arte e cultura. Ha una personalità "multitasking" e per questo riesce a riempire tutto il tempo che ha a disposizione, vivendo tre vite in una...

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