Un’esplorazione tout court dell’universo amoroso degli anni Duemila, dal punto di vista occidentale delle cose

La vita di coppia è una storia di equilibri in perenne precarietà. Sembra questa la convinzione (o il monito) di Marco Missiroli, che dopo la parabola di formazione e di crescita del giovane Libero in “Atti osceni in luogo privato”, accolto molto positivamente (e meritatamente) da pubblico e critica, in “Fedeltà” (Einaudi) traccia il ritratto di Margherita e Carlo, una giovane coppia di professionisti milanesi alla ricerca di una nuova casa su cui proiettare le proprie ambizioni. Una coppia come tante, cementata da un’intesa apparentemente perfetta. Lei è un architetto, ma ha deciso di intraprendere l’attività di agente immobiliare. Lui, un rampollo di una famiglia bene, i Pentecoste, che gioca a fare l’intellettuale alla ricerca perenne della propria identità, e si accontenta di una docenza precaria sognando chissà quale avvenire letterario. Due mondi non maturi, a cui evidentemente il rapporto di coppia non giova appieno, se è vero che, proprio quando stanno per coronare il loro desiderio ‘immobiliare’, restano entrambi coinvolti in relazioni extraconiugali, lei con il fisioterapista Andrea, peraltro omosessuale, lui con la studentessa Sofia. Passioni che mostrano a entrambi un lato represso della propria indole, e che inevitabilmente mettono in discussione il loro rapporto, destinato tuttavia a un’evoluzione inconsueta.

È proprio questa la chiave della storia. Non tradire per restare fedeli all’altro, o tradire per restare fedeli alla propria natura? E poi, cos’è il tradimento? è un atto di manifesta necessità che si concretizza con il rapporto sessuale consumato al di là del talamo coniugale, o è qualcosa di inquieto e impellente che scatta anche solo con il pensiero, con la bugia, con l’omissione? Missiroli ama lanciare quella che è più di una semplice provocazione letteraria. La sua penna non sembra prendere posizioni bigotte né liberiste. Gioca, semplicemente, e giocando assiste all’evoluzione della storia dei protagonisti come farebbe un regista dall’occhio voyeur. E, inevitabilmente, trascina nel gioco, a metà tra il sociologico e il filosofico, il lettore, che alla fine non può che sentirsi coinvolto in prima persona.

Notevole come al solito la scrittura, che come in “Atti osceni in luogo privato” presta il fianco a nobili citazioni letterarie, lasciando spazio alla realtà dei fatti narrati, e trasformandosi in una esplorazione tout-court dell’universo amoroso degli anni Duemila dal punto di vista occidentale delle cose. Un romanzo intenso, ambientato tra la Milano pre e post Expo – città vissuta, che assume un ruolo fondamentale nelle pagine che la attraversano – con una appendice nella Rimini in attesa sonnacchiosa dell’estate, e costruito in tempi diversi, con una apprezzabile libertà concessa alla narrazione che estende il focus dalla coppia di protagonisti ai personaggi che ruotano loro attorno. Vediamo così non solo le vite di Andrea e Sofia, ma anche quella di un personaggio tutt’altro che marginale: Anna, la mamma di Margherita, rimasta vedova del suo Franco, del quale ha scoperto casualmente un tradimento post mortem che ha lo stesso effetto di un temporale d’estate. Innamorata della letteratura e dei dischi di Modugno, oltre che del nipotino Lorenzo, ha un rapporto di sorridente complicità con il genero e cerca di smussare le concavità in cui si imbattono Carlo e Margherita.

In ultimo, “Fedeltà”, candidato al Premio Strega 2019, è un romanzo che soddisfa appieno le attese e si lascia leggere: figlio di una gestazione lunga e contorta, a dire del suo autore (“Per tre anni, tutti i giorni, sei ore e mezza tranne il weekend“), che si conferma un punto saldo nella narrativa contemporanea. e dal quale, in omaggio alla consuetudine che sembra appartenere alle evoluzioni della letteratura del secondo millennio, sarà presto tratta una serie su Netflix.

 

 

 

«Che parola sbagliata, amante. Che parola sbagliata, tradimento».
Marco Missiroli, “Fedeltà”, pp. 232, 2019, Einaudi.

 

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