Successo di pubblico a Rende per il concerto di Cristiano De Andrè, supportato da Mauro Pagani e Nello Daniele, a conclusione della “Notte dei ricercatori” all’Università della Calabria
Cultura e ricerca hanno in comune la passione, la costanza, la voglia di imparare cose nuove, preservando quelle che già si sanno, per migliorare la propria esistenza e quella degli altri. Nell’ambito della ‘Notte dei ricercatori‘, lodevole iniziativa che ha aperto le porte dell’Università della Calabria a migliaia di visitatori attenti e curiosi, evidenziando quanto potenziale abbia l’ateneo calabrese, è entrata di prepotenza la musica. Un bel concerto, presentato dal giornalista Gianmaurizio Foderaro, che ha visto su uno stesso palco Cristiano De Andrè e Mauro Pagani, accompagnati da Nello Daniele. Una serata di gioia e condivisione anche in nome di Fabrizio De Andrè, la cui anima nobile è riecheggiata più volte sul palco, grazie alle perle disseminate da Faber nel corso degli anni, ripresentate in chiave acustica dal figlio e dall’ex violinista della Pfm.
Cristiano è apparso in forma, desideroso di dire la propria per esortare gli studenti calabresi a credere fermamente nella forza delle proprie idee, per provare a cambiare “questo cazzo di paese“, intorpidito da un letargo di trent’anni fatto di plastica e di televisione. Spazio quindi alle sue canzoni, da “Credici“, invettiva feroce e intensa nei confronti del potere “che subito si inchina a un altro più rapace“, a “Disegni nel vento“, dedicata ai suoi figli (“E lascio i miei sogni a te, perché tu li riprenda domani…“). E ancora, “Lady Barcollando” (il trionfo dell’avere sull’essere) e “Invisibili“, scritta con Fabio Ferraboschi e premiata dalla critica a Sanremo 2014: un dialogo a viso aperto, condito di incomunicabilità, con un interlocutore immaginario (forse suo padre) che racconta la sua difficoltà di vivere a Genova da ragazzo. Il passaggio verso i classici di Faber ha portato a risentire con piacere “Se ti tagliassero a pezzetti“, inno alla “signorina anarchia” scritto con Massimo Bubola, così come “Andrea“, dedicato a chi, soldato combattente sui monti di Trento, aveva un amore diverso. C’è stato spazio poi per “Nella mia ora di libertà” e, soprattutto, “Verranno a chiederti del nostro amore“, intensa e struggente più che mai, che Cristiano ha eseguito in solitaria al piano, lasciandosi poi andare al racconto di quando, bambino, la sentì per la prima volta, cantata e suonata da suo padre a sua madre Puny, in una notte genovese del 1972.
Dopo un breve intermezzo di Nello Daniele, che ha riproposto in chiave acustica, tra gli altri, uno dei classici di suo fratello Pino, “Yes I know my way“, il pubblico è esploso grazie a “Don Raffaè“, cantata da Nello e Cristiano coadiuvati dal violino di Pagani. La storia in napoletano del secondino Pasquale Cafiero, tristemente beffarda, ci ha riportato alle latitudini di un’Italietta piccola piccola, dove in mezzo alla corruzione e al malaffare la povera gente cerca di sbarcare il lunario alla bell’e meglio. Da Napoli al Mediterraneo, grazie ancora a Pagani, che ha riproposto prima l’intensa e vibrante “Davvero davvero” e poi “Sinan Capudan Pascià“, ispirata alla storia vera del visconte genovese Scipione Cicala, divenuto, per ragioni di opportunità, fiduciario del sultano e addirittura Gran Visir. Nuovamente il dialetto genovese, e ancora Cristiano al bouzouki (coaudiuvato dai suoi valenti musicisti, Osvaldo Di Dio alle chitarre, Davide Pezzini al basso e contrabbasso e Davide De Vito alla batteria) a supportare Pagani, per “Megu Megun“, “A dumenega” e “Creuza de mà“, con lo spirito sorridente di Faber chiamato a raccolta da una nuvola del Paradiso, che ha fatto l’occhiolino a quello di Pino quando sul palco, per il commiato finale, hanno vibrato le note di “Napule è“. Incroci di culture e saperi, profumi di Mediterraneo, per una serata senz’altro da ricordare.
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…