Al Teatro lo Spazio di Roma in scena il lavoro di Pino Ammendola e Carla Cucchiarelli, con una Maria Letizia Gorga in stato di grazia

Si stacca dalla tela a trapassare flebile e ieratica la teca, e ci viene incontro fiera, austera ma mai respingente, le braccia sono anzi braccia aperte, accoglienti, mentre un pianoforte ha appena smesso di far da controcanto al buio, al silenzio, e poi comincia a raccontarsi, la Monna Lisa Unplugged interpretata da Maria Letizia Gorga e diretta, sulle tavole del Teatro Lo Spazio di Roma, da Pino Ammendola, dal testo scritto insieme a Carla Cucchiarelli. Un monologo che è ora vero e proprio soliloquio, ora dialogo cantato con la pianista Cinzia Pennesi, su un palco nudo, spoglio, la cui intima penombra, qui e là colorata e rinforzata da suggestive proiezioni sul fondale, ci accompagna e incuriosisce sempre più. Chissà cos’avrà mai da dire, questa diva, questa star, così famosa da essere in fondo sconosciuta, la cui leggenda è tanto ingombrante quanto rimossa, quasi, ne è la storia: la biografia?

In poco più d’un’ora, tra momenti lirici e altri più ironici, accenti polemici e commoventi confessioni, conosciamo così le vicende private di Monna Lisa persona (Lisa Gherardini) e quelle invece pubbliche della Monna Lisa ritratto, in un percorso drammaturgico e registico che ben sa orchestrarne le molteplici nature: metà donna e metà quadro, ora materna ora amante, un po’ Eva e un po’ Marilyn Monroe, vessata e celebrata, invidiata o applaudita, involontario simbolo e altrettanto inconsapevole vessillo, eccola come mai l’avremmo immaginata, in scena a dir finalmente la propria versione, la propria visione, su un mondo che alla fine è proprio pure il nostro, in cui la donna, le donne, ancora rischiano di subire lo strapotere del maschio. Ché certo, ci càpita di pensare mentre l’ascoltiamo, per quanto sia lei, Monna Lisa, a essere ammirata da secoli nei musei, in fondo tutti noi abbiamo in testa ‘il-genio-di-Leonardo’, l’artista, certo, ma anche appunto il maschio cui alla fine vanno tutti i meriti. E di fronte a quel sorriso straordinario, detto adesso enigmatico, adesso provocante, prima sacro e poi ammiccante, siamo portati a pensare all’occhio, alle mani di Leonardo, non alla bocca vera di quella donna vera: figurarsi, allora, se pensiamo mai alle parole che da quella bocca uscivan fuori.

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Ecco, in questo modo, rimesse un poco in ordine le cose, restituito il diritto di raccontarsi a chi mai ha potuto farlo fino in fondo. E con il diritto, si badi, il dovere, ché senza retorica né facili sentimentalismi questo Monna Lisa Unplugged si fa anche testimone di certe visioni della donna da parte delle donne: non c’è questione di genere, insomma, che non sia comunque, e primariamente, questione umana. E se alla narrazione, poi, una narrazione sempre sospesa tra realtà e surrealtà, simbolo e didascalia, s’affianca la canzone (anche cosiddetta “pop”: si passa dal repertorio francese a Nat King Cole, da Mango al sempre troppo poco ricordato Ivan Graziani), l’impatto emotivo si fa ancora più forte. Così, grazie anche all’abilità interpretativa di quell’anima da palcoscenico che è Gorga, al tempo stesso materica e fantasma, quasi di Monna Lisa fosse insieme la maschera e lo spirito, la capacità di riguardare lo spettatore si potenzia e quello che si presentava come un racconto al singolare diviene in un subito globale biografia.

Teatro Lo Spazio, Roma, 2-6 aprile 2019

MONNA LISA UNPLUGGED
di Pino Ammendola e Carla Cucchiarelli
con Maria Letizia Gorga
pianoforte, musiche originali e arrangiamenti di Cinzia Pennesi
video art di Claudio Ammendola e Sara Angelucci
regia di Pino Ammendola

Di Sacha Piersanti

Nasce a Roma nel 1993. Scrittore e critico teatrale, ha pubblicato i libri di poesia Pagine in corpo (Empiria, 2015) e L’uomo è verticale (Empiria, 2018) e il saggio critico Zero, nessuno e centomila. Lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero (Arcana, 2019). Dal 2017 collabora con il blog di R. di Giammarco Che teatro che fa su Repubblica.it.

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