NoteVerticali.it_Eduardo De Filippo_Uomo e galantuomo_1Cantore di un’umanità dolente e rassegnata, che trova nel buonsenso e nell’arte di arrangiarsi un palliativo alla propria condizione, Eduardo De Filippo ci ha regalato pillole di teatro sempre degni di nota. Episodi piccoli e grandi in cui dipingere, con la sottile ironia ‘filosofica’ che lo caratterizza, scenari e situazioni i cui protagonisti viaggiano sulla semplicità della propria condizione, per improvvisarsi artefici del proprio destino, allo scopo di portare al lieto fine la commedia della loro misera esistenza. Ne è un esempio “Uomo e galantuomo”, commedia in tre atti scritta nel 1922 e messa in scena per la prima volta due anni dopo. Lo spettacolo è stato rappresentato a Rende, al Teatro Auditorium dell’Università della Calabria, quale episodio conclusivo della rassegna nell’ambito della stagione teatrale “L’Italia delle arti”, attraverso la manifestazione “I giorni e le notti: l’arte di Eduardo” con cui si è voluto ricordare il maestro nel trentennale della morte. L’adattamento teatrale, per la regia di Alessandro D’Alatri, ha portato ai numerosi spettatori presenti la storia di una scalcinata compagnia teatrale, “L’Eclettica”, che a Bagnoli si trova ospite di un signorotto locale, don Alberto De Stefano (Valerio Santoro), ed è impegnata nella rappresentazione non proprio fortunata di una recita. I fischi e gli schiamazzi del pubblico della sera precedente non sembrano però aver scalfito l’entusiasmo del capocomico, don Gennaro De Sia (Gianfelice Imparato), che, deciso a riscattarsi, organizza con la compagnia una prova del nuovo dramma che è intenzionato a rappresentare. Si tratta di “Malanova”, drammatica opera di Libero Bovio che mescola drammi familiari a ripetizione, e che però nella prova de “L’Eclettica” si trasforma in una vera e propria farsa, grazie alla vis comica di Imparato e di Giovanni Esposito, nelle vesti dell’improvvisato suggeritore. Lo sketch, una delle classiche del teatro eduardiano, scatena le inevitabili risa del pubblico, che si trova poi proiettato in un’atmosfera in cui un invito a cena rappresenta la svolta della serata, ma non solo. Storie nella storia, relazioni extraconiugali, maternità impreviste e tutto il conseguente valzer degli equivoci che ha fatto la fortuna della commedia dell’arte, conferiscono pepe e curiosità a una storia d’altri tempi, lontana anni luce dai registri del teatro contemporaneo, ma capace, nonostante tutto, di suscitare ancora freschezza. Uomini e galantuomini, protagonisti di drammi borghesi e distinti non tanto in base al vestito e all’eloquenza della dialettica, ma misurabili non solo sulla base della dignità che ciascuno esprime relazionandosi con gli altri, ma anche rispetto alla fame – quella vera – che avvolge come un fantasma chi naviga a vista nel mare della disperazione. Un continuo confronto tra l’essere e l’apparire, tra il dire e il fare, perché se è vero che la vita è una barca in mare aperto, è altrettanto vero che le sorprese non fanno fatica ad arrivare, e, con un po’ di fortuna e un pizzico di buonsenso, si possono superare le piccole avversità quotidiane.

NoteVerticali.it_Eduardo De Filippo_Uomo e galantuomo_6Attenta e rispettosa del testo la regia di D’Alatri, prestato al teatro dopo una consolidata esperienza nel cinema, ma si segnala la professionalità di una compagnia che dà l’idea di essere perfettamente a proprio agio sulla scena. Se Imparato e Esposito raccolgono con navigata professionalità la propria missione attoriale, non delude certo le attese il resto del cast, da Antonia Truppo a Valerio Santoro, da Monica Assante Di Tatisso a Giancarlo Cosentino, a Gennaro Di Blase, a Fabrizio La Marca, Ida Brandi, Lia Zinno e Federica Aiello, ciascuno calato perfettamente nella propria parte. Uno spettacolo in cui la magia della farsa teatrale arriva anche a farsi velata protesta sociale, quando, nella pausa tra un atto e l’altro, il ‘capocomico’ Imparato si presenta faccia a faccia col pubblico per un piccolo monologo, nel quale espone i traumi della vita da teatrante, condendo il tutto con chicche di pura filosofia eduardiana. Vivaci sia la scenografia di Aldo Buti che i costumi di Valentina Fucci, per una rappresentazione (vincitrice del Premio ‘Miglior Spettacolo’ del Festival di Borgio Verezzi 2013) che ha lasciato gli spettatori con il sorriso sulle labbra, ricambiato da applausi meritati.

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Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...