Nuovo disco per Francesco Lattanzi, cantautore dalla composizione originale e mai allineata al mainstream. Ne è prova Alla morte, un concept album che pone al centro un tema assai difficile da trattare, oggi più di ieri. In realtà l’argomento è il lutto non inteso quanto evento privato, ma come fenomeno pubblico generato da fatti e situazioni che investono nazioni e popoli, e che portano le società dei Paesi evoluti a una pericolosa involuzione, che si accompagna progressivamente all’abbandono di quei valori fondamentali e indispensabili al comune benessere da cui sembravano inscindibili.

Ogni canzone dell’album narra un fatto luttuoso ed è l’occasione per mettere in evidenza il decadimento delle qualità, dei valori morali, in una parola della civiltà e della nostra umanità. La prima traccia è Gli angeli di Horlivka, canzone dedicata alle vittime della guerra in Donbass iniziata nel 2014, è ispirata alla fotografia di Kristina (23) e Kira Zhuk (11 mesi), ritratte prive di vita dopo il bombardamento del 27 luglio 2014 nella città di Horlivka (Gorlovka in russo).

Non le senti sergente,
non senti fioche voci
io no, non sento niente
vedo solo due croci…

Il testo si distingue per la delicatezza e per la sensibilità di un tema così cruento raccontato con il pudore e la purezza della poesia, quasi come se l’umana pietà potesse limitare lo scempio narrato. Altri due brani del disco, La tregua e Dno Dona, sono dedicati ai conflitti nelle terre dell’ex Unione Sovietica. La tregua in particolare trae spunto dalle pagine di Mario Rigoni Stern e regala la speranza che il gelo degli scenari descritti, da leggere come il freddo nell’anima di chi ha voluto la guerra, si trasformi nel tepore del focolare domestico e nel ritorno ad una vita normale.
Dno Dona (titolo in russo che tradotto significa “Il fondo del Don”) è una ballata che riassume l’assurdità di ogni guerra e il fatto che spesso poi ci si dimentichi dei caduti, e ad averne pietà non sono i sopravvissuti, ma il fiume che accoglie le vittime nel suo grembo.

Proseguendo, La sabbia e l’imbroglio è la risposta ad un saggio (poi divenuto libro) di Oriana Fallaci del 2003, in cui la scrittrice fiorentina contestava l’idea unica di un mondo occidentale depositario di valori tacciati come irrinunciabili, esemplari e incontestabili, da imporre con ogni mezzo. La title-track, Alla morte, descrive la superficialità che spesso ci distrae dagli affetti veri, che si comprendono meglio quando non possiamo più recuperarli. Vincent e le stelle è invece una cover in italiano del celebre brano Vincent di Don Mc Lean dedicata alla figura di Van Gogh. L’intento di Lattanzi è quello di prendere il pittore come riferimento di quell’autoisolamento imposto dalla modernità del presente che costringe le persone a rispondere così all’egoismo della società, con conseguenze estreme quali appunto il suicidio, risposta crudele ma inevitabile davanti all’indifferenza del prossimo. Un’altra cover è Strade di Londra che riprende il brano Streets of London di Ralph Mc Tell. È una canzone dedicata agli ultimi, ai senzatetto, ai derelitti, che scompaiono nel silenzio e nell’ombra, dimenticati da un mondo che forse non li ha mai voluti.

Strage per sempre è probabilmente il brano più radiofonico di un lavoro che non ha alcuna pretesa di esserlo. La scelta del verso quinario a rima alterna si accompagna al tema della strategia della tensione nelle stragi degli anni ’60 – ’80. Da Piazza Fontana alla Stazione di Bologna, crimini che ad oggi non hanno trovato colpevoli ufficiali, e che testimoniano il perpetrarsi di una strage perenne le cui vittime non avranno forse mai giustizia. Completano il disco Il gioco e Il primo giorno di scuola, due canzoni dedicate al mondo dei piccoli. Si sfiora la tematica del fanciullino pascoliano guida nella relazione con i nostri figli e i nostri nipoti. Avere a mente che anche gli adulti hanno avuto un’infanzia e che, anche in età avanzata, andrebbe conservata quell’innocenza, spontaneità, sincerità che non conosce malizia o secondi fini, avvicinerebbe i «grandi» al mondo dei più piccoli e ce ne farebbe comprendere meglio i disagi, le insicurezze, le silenziose richieste di aiuto. Spesso invece l’adulto di oggi cresce in un egocentrismo che lo porta, quando va bene, a trascurare, anche fisicamente, chi necessita di continua attenzione e sostegno.

Nel suo insieme, Alla morte è un disco inatteso e scomodo in quest’epoca di musica da tappetino sonoro che investe il nostro presente. Un disco tuttavia necessario, che grazie a un linguaggio forte e diretto dove il lirismo poetico consente di lenire dolore e rabbia per ciò che viene raccontato, permette alla musica italiana di tornare a quel ruolo e a quella missione che negli anni ’70 fece dei cantautori i testimoni purissimi dell’ansia di giustizia sociale che si respirava per le strade del paese. Un paese che dimentica troppo facilmente, e che troppo facilmente assolve chi non è mai stato innocente. Un plauso a Francesco Lattanzi, alla sua voglia di andare controcorrente dando voce a chi merita di essere ascoltato.

Francesco Lattanzi, ALLA MORTE, 2023 (Autoprodotto).

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