Abbiamo intervistato Antonio Maggio, una delle novità del panorama cantautorale italiano, vincitore allo scorso Sanremo, che torna alla ribalta con un nuovo disco, “L’equazione”. Vediamo cosa ci ha detto…
Un anno unico, iniziato alla grandissima con la vittoria a Sanremo. Antonio, è partito tutto da lì…
Già, è stato un anno molto intenso e ricco di soddisfazioni. Dopo la vittoria a Sanremo c’è stato un seguito importante che l’ha nobilitata, per una serie di ragioni. “Mi servirebbe sapere” è stato molto trasmesso dalle radio, l’album “Nonostante tutto” ha riscosso apprezzamenti da pubblico e critica, e il tour mi ha portato in giro dappertutto in Italia. C’è stato insomma un seguito molto importante, che mi ha reso felicissimo. Poi, dopo l’estate, ho iniziato a mettermi a lavoro per questo nuovo album, L’Equazione, che ha visto la luce adesso.
Come guardi al disco appena uscito?
Con la consapevolezza di aver fatto un ottimo lavoro, e con l’augurio che sia davvero l’album delle conferme. Con il primo disco ho fatto conoscere il mio universo musicale e la mia musica, ora devo confermarlo.
Il disco parte con le migliori premesse: è fresco, originale e vivace come nel tuo stile…
Grazie!
… e inizia con “Lo sai che lo so”, naturale seguito de “Mi servirebbe sapere”. Significa che hai acquisito maggiore consapevolezza delle tue potenzialità?
Sì, il titolo non è lì per caso: c’è un ideale filo linguistico che lega i due lavori. Ci sono delle peculiarità che a livello stilistico nel secondo album sono state confermate. Quello a cui tengo di più è la differenza tra ciò che racconto nella canzone e ciò che voglio dire con il brano stesso. Si tratta di due cose ben distinte tra loro: mi piace pensare che ci sia un testo e un “sottotesto” che differiscono l’uno dall’altro. Come anche nel primo disco, ho scelto un approccio molto ironico alle cose, ma sotto questo vestito c’è un significato più importante e più profondo. Prendo come pretesto delle storie per raccontare magari dell’altro. Un po’ la volontà di questo nuovo lavoro che è quella di trasformare le difficoltà dei nostri giorni in opportunità, e credo di aver raggiunto nelle varie canzoni che compongono il disco le varie sfaccettature di questo obiettivo che mi ero prefissato quando ho iniziato a lavorarci su.
Nel disco abbiamo infatti notato diversi riferimenti all’attualità. Per esempio, nel testo della title-track, che poi è il singolo che si sta ascoltando in radio da qualche settimana, non mancano i riferimenti a chi lavora nei call center. E ancora, in un altro brano, “Nell’etere”, canti che “un posto fisso lo hanno trovato solo le paure”. A 27 anni – la tua età – gran parte dei tuoi coetanei sta vivendo la tragedia della precarietà occupazionale. Ti senti più fortunato di loro?
Quando ho iniziato a scrivere le nuove canzoni, uno degli obiettivi che mi ero prefissati era quello di voler smuovere le coscienze, soprattutto di quelli della mia generazione. E’ vero che stiamo pagando quanto non fatto da chi c’è stato prima di noi, ma è anche vero che non possiamo restare inermi rispetto al flusso storico. Siamo chiamati in prima persona a rimboccarci le maniche. L’invito che mi sento di fare ai miei coetanei è quello di darci una mossa, evitare di parlare soltanto ma attivarsi per portare cambiamenti concreti. Dobbiamo essere noi i primi protagonisti del cambiamento. Se ci riusciamo, possiamo magari beneficiarne anche noi stessi e non solo chi verrà dopo di noi. E’ molto importante questo, che ognuno faccia la sua parte. Io faccio canzoni, e con le canzoni posso solo mandare un messaggio in questa direzione: mi auguro che possa essere percepito da chi mi ascolta.
Passiamo a un argomento più leggero. Tra i brani del disco, “Santo lunedì” sembra nata per essere l’inno dei barbieri…! In realtà a cosa o a chi è dedicata?
Ah (ride), non ci avevo pensato…! In realtà è nata con la consapevolezza del fatto che il lunedì sera rappresenta forse l’unico momento della settimana in cui si può avere la quiete di stare comodamente sul divano di casa a non far nulla. Ovviamente c’è anche un riferimento importante al mondo del calcio: io vengo da una famiglia molto legata al calcio. Mio padre è stato un calciatore, ora è un allenatore… Con questa mescolanza di fattori è stata poi scelta lo scorso settembre come sigla de “Il Processo del lunedì”, finalmente tornata in Rai (Rai Sport 1, ndr). Inoltre, ho scoperto anche che la canzone è stata inserita in “90° minuto”. Pensa la gioia indescrivibile di mio padre: da vero patito di calcio, la cosa lo ha emozionato quasi più della mia vittoria a Sanremo…!
Che rapporto hai con la tua famiglia?
Un bel rapporto, basato da sempre su una estrema fiducia da ambo le parti. I miei genitori mi hanno sempre lasciato campo libero su quelli che erano i miei sogni da piccolo: una cosa secondo me non così scontata come potrebbe sembrare… Le soddisfazioni che mi sto togliendo sono anche parte di loro, perché mi hanno consentito di poter perseguire sempre ciò che desideravo nella massima libertà…
In “Stanco” ospiti il rapper Clementino. Com’è nata la vostra collaborazione?
Sì, devo dire che è stata una cosa inattesa, non era prevista. Eravamo in fase di produzione, stavo ultimando il brano, e mancava un’apertura diversa che non riuscivo a trovare da un po’ di giorni. Mi è venuta così l’idea di chiamare Clementino, che avevo avuto modo di conoscere qualche tempo prima negli studi della casa discografica che condividiamo, la Universal. L’ho chiamato e gli ho dato anche fretta, proprio perché dovevo chiudere il brano. Clementino è stato di parola: dopo cinque ore mi ha mandato già una mail con la sua parte rappata, che secondo me è perfetta, e ha dato a “Stanco” quello che cercavo.
“Pirindiffi” è invece il brano del disco che secondo me esalta più di tutti la tua vocalità…
Mi fa piacere che ti piaccia, perché è la canzone del disco a cui sono emotivamente più legato. E’ in realtà una canzone molto seria, molto importante, sebbene l’abito musicale con cui l’ho vestita è sbarazzino e leggero. “Pirindiffi” è il nomignolo che era stato affibbiato a Bruno, un personaggio del mio paese, Squinzano, in provincia di Lecce. Con lui la vita non è stata tenerissima, al punto da dargli delle difficoltà non fisiche ma dovute ad eventi non particolarmente fortunati della sua vita. E, come capita più o meno sempre nei piccoli centri, ci sono purtroppo delle frange che prendono, anche inconsapevolmente, di mira queste persone, fino a portarle all’esasperazione. Nel suo caso, questo lo ha portato a prendere il cuscino dal suo letto e ad andare a stendersi sui binari in attesa del treno… la canzone quindi racconta un suicidio, avvenuto qualche anno fa: ho conosciuto personalmente Bruno, e ho voluto omaggiarlo così…
A proposito della tua terra, nel disco c’è una chicca finale: sto parlando de “La donna riccia”, il brano che chiude il disco, e che è ovviamente un omaggio a Domenico Modugno, tuo conterraneo, che potremmo considerare il padre dei cantautori. Qual è secondo te la caratteristica di Modugno che più lo rende apprezzato ancora adesso?
Ho scelto “La donna riccia” per più motivi. Anzitutto perché appartiene a colui grazie al quale anche io e te adesso stiamo parlando di musica, e dal quale è partito un po’ tutto… La canzone è in dialetto salentino, e quindi rappresenta un omaggio anche alla mia terra, alle mie radici. Aggiungo poi un’altra curiosità: per una serie di circostanze fortuite (a Squinzano non c’è l’ospedale) io sono nato a San Pietro Vernotico, il paese in cui lui ha vissuto. Storicamente Modugno è stato uno spartiacque della musica italiana: la sua caratteristica che lo rende ancora oggi attuale e un punto di riferimento nel cantautorato italiano è il suo approccio genuino alle canzoni, una commistione musica-testo assolutamente originale. Credo che la sua grandezza consista appunto in questo.
Ci sono altri artisti a cui tu guardi come riferimento?
Beh, quelli che stimo artisticamente di più sono Niccolò Fabi, Daniele Silvestri, Simone Cristicchi, Samuele Bersani e Cesare Cremonini.
In questi giorni hai presentato il disco in giro per l’Italia negli Instore Feltrinelli. Qual è l’episodio che ti ha colpito di più?
Sì, devo dire che è stato molto bello poter dialogare con il pubblico. Mi ha colpito la curiosità della gente nel voler scendere nei particolari delle storie che racconto nelle mie canzoni.
Una curiosità che gratifica, che è segno di interesse verso le tue canzoni…
Certo, molto gratificante. Una delle mie prerogative è appunto quella di voler dare un contenuto importante anche a qualcosa di musicalmente fruibile a tutti. Spesso si cerca di stupire il pubblico con gli “effetti speciali”: credo che musicalmente la semplicità, accompagnata a un messaggio pieno di significato, paghi sempre.
A breve partirà il tour estivo..
Sì, sono molto contento. Abbiamo già ultimato l’allestimento. Il tour sarà coordinato da ColorSound. Il palco rappresenta l’approccio diretto con il pubblico, quindi è la dimensione più naturale per chi fa un lavoro come il mio… perciò… non vedo l’ora di iniziare!
Bene, Antonio. Ultima domanda: che libro e film consiglieresti ai lettori di “Noteverticali.it”?
Uh, bella domanda…! A differenza dell’italiano medio che tende sempre a mitizzare il passato, io mi affeziono alle ultime cose che vedo o che leggo… Tra i film visti in questo periodo, mi ha colpito molto “Allacciate le cinture” di Ozpetek, per il modo con cui ha trattato un argomento così delicato come la malattia. Tra l’altro, ho apprezzato molto anche il fatto che Ozpetek abbia colorato la mia terra (il film è stato girato a Lecce, ndr) in modo così delicato. Tra i libri, ho letto di recente “Doppio sogno” di Arthur Schnitzler, il libro che ha ispirato “Eyes wide shut”, il film di Kubrick con Tom Cruise e Nicole Kidman. Mi ha colpito il modo contorto di vedere determinate sfumature della vita, l’introspettività così accentuata dei personaggi mi ha fatto sorgere dei punti interrogativi stimolanti.
Ok, grazie mille per la disponibilità e per la cortesia. Auguri per questa nuova avventura!
Grazie a te e a NoteVerticali.it!
- Antonio Maggio – L’EQUAZIONE: guarda il video
- Antonio Maggio feat. Clementino – STANCO: guarda il video
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…