Ascoltare Dream, il lavoro di Andrea Mele, è esattamente come assistere ad un suo concerto dove la musica, fondendo tecnica e melodia, conduce in un mondo abitato da sentimento, passione e pregevole ricercatezza. Il suo fingerstyle si caratterizza per un tocco dolce, delicato oppure vitale e passionale quando occorre e ben si compensa con un ponderato uso di thumbpick e tapping.

Ci piace molto il suo album, dieci tracce nelle quali si possono ritrovare gli echi mediterranei di Rose, le melodie ed i richiami esotici di Dancing with My 6strings, quelli asturiani di Hasta el Fin del Dia, oppure i delicati arpeggi  di Evangeline Lilly, La Sirèneche che rimandano, alle orecchie di scrive, alle sonorità tipiche delle colonne sonore di Knopfler. L’evocazione cinematografica è fortemente presente in  Treno per la luna, dove la composizione evoca l’immaginario incedere del convoglio, mentre Patchouli si dipana su scenari folk e west-coast, con sfumature country. Il viaggio nel paesaggio onirico dell’artista, iniziato vigorosamente con Jentu, si conclude con la toccante Drawing the sky.

Il giusto mix di esperienza e tecnica, in abbinamento a una rigorosa ricerca del suono, attività alla quale il musicista si dedica da tempo collaborando presso una liuteria per la quale utilizza un modello unico, la MCS (Mele-Colombo-Simphony), consentono ad Andrea Mele di tracciare una linea ben definita lungo il suo trentennale percorso artistico, realizzando uno schermo cromatico personale e ben delineato su cui progressivamente si articolano strutture armoniche, temi e melodie indubbiamente sincere e raffinate.

Disco bello. Intenso.

Come un suo concerto. Merita.

 

 

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