Sarà che ormai se ne fanno in ogni stagione, durante tutto l’anno, o sarà stata l’emergenza Covid, l’atmosfera generale che non invita certo alla spensieratezza, o sarà semplicemente che, stavolta – stavolta come tante altre, in realtà, ma in maniera più massiccia e disinvolta, stavolta – chi scrive non ha avuto né il modo né, soprattutto, la pazienza né la voglia di prestar orecchio e men che meno il fianco all’aria che tira: che spara, ma di “tormentoni”, quest’estate 2020 sembra non averne sfornati molti. Ce ne sono, in realtà, ce ne sono stati, ma nessuno così efficace, così ben costruito da diventar davvero virale.

A braccio, su due piedi, ci vengono in mente le ammucchiate internazionali tra Lady Gaga e Ariana Grande (che cantano una delle dichiarazioni d’amore più simpatiche di sempre: Rain on me, rilasciato già a fine maggio), tra Master KG e Nomcebo (Jerusalema, con annesso balletto che non ha avuto l’impatto dei Despacito, dei Gamgnam Style di qualche anno fa), quella nostrana tra Boomdabash e Alessandra Amoroso (che non è la Berté di Non ti dico no e fa proprio Karaoke) o quella veramente ardita tra Takagi & Ketra e Elodie e Mariah & Gipsy Kings (e forse pure qualcun altro, nel Ciclone che non smuove granché), senza contare quella buffa coppia che viene fuori tra Rocco Hunt e Ana Mena (A un passo dalla luna).

Ammucchiate a parte, pensandoci un po’ su, potremmo citare il Bam Bam Twist di Achille Lauro, che fa centro ancora una volta grazie a uno stile talmente confuso da essere inconfondibile e a un’autoironia da mestierante più che da performer che è uno spasso, o il timido tentativo del sempre di classe Diodato (Un’altra estate), o ancora la Mediterranea di Irama – tutti, però, per un motivo o per un altro, francamente incolori, nemmeno così ballerecci da invogliare a un po’ d’assembramento.

Insomma: di tormentoni di cui dire più di quel che s’è detto, quest’estate 2020 ce ne ha dati pochi. Poco male, ché a noi piace di più andare a cercare nei vicoli meno battuti della discografia, oppure in quelli, al contrario, talmente frequentati da rischiare di non destare più alcun interesse.

In quest’estate 2020, nonostante il cosiddetto lockdown e la conseguente battuta d’arresto subita dalla macchina “spettacolo”, sono usciti molti singoli di grande qualità, di forte interesse, singoli che non si sono minimamente posti l’obiettivo di diventar dei “tormentoni”: sono sbocciati d’estate, e d’estate si sono fatti ascoltare, alcuni più, altri meno. Tra questi, abbiamo cercato di individuare i più interessanti in termini di scrittura e di progetto, limitandoci alla sola musica italiana e cercando di mescolare volti storici e meno noti, collaterali rispetto al dominio del mainstream. Ciò che li accomuna è il fatto di essere evidentemente nati da un’urgenza artistica (espressiva) del tutto personale, privata, quasi. Ne è venuta fuori una piccola playlist (non una classifica) di sette brani.

 

Vincenzo Incenzo – Allons Enfants!

Quando il grande cantautorato incontra la sperimentazione: ritmi, denuncia, elettronica e gran classe. Allons Enfants!, singolo che anticipa il nuovo disco di Incenzo, Ego, in uscita il 4 settembre, è una cannonata d’energia e di polemica anche contro chi l’ascolta. Qui la nostra recensione: https://www.noteverticali.it/ascolti/allons-enfants-il-ritorno-di-vincenzo-incenzo.

 

 

Marina Rei – Bellissimo

Dopo anni di silenzio, Marina Rei, una delle nostre migliori cantautrici, torna col progetto Per essere felici, disco di una intimità commovente, dove lirica e rigore si sposano perfettamente. Bellissimo, l’ultimo singolo estratto, è la dichiarazione d’amore di una madre verso il figlio, dichiarazione che Rei scrive senza banali sentimentalismi: una conversazione, sembra, una realistica, non artefatta, silenziosa confessione che fa di una concreta delicatezza il proprio punto di forza: “Corri più in fretta dei giorni tristi / coi tuoi capelli: / quanti ce ne hai!”. L’arrangiamento scarno e l’inconfondibile, limpido, aereo timbro di Rei ci trasportano in un’atmosfera (verosimilmente romana) che è, al tempo stesso, onirica e materica.

 

Paolo Benvegnù – La nostra vita innocente

Un capolavoro di scrittura e di interpretazione, un brano che senza esagerazioni merita di essere annoverato tra i più riusciti di questo primo ventennio di secolo. Ultimo estratto del disco Dell’odio dell’innocenza, è una ballad che sa ben mescolare classico e contemporaneo, tra effetti simil-ambient e chitarre rock d’autore, dove voce e testo hanno la precedenza: potenti, appassionati versi (“Vèstiti di pietra e di neve: / che non ti possano toccare, / io ti difenderò / come solo gli animali sanno fare, / e se dovrò uccidere tutti, lo farò”) cantati con trascinante intensità.

 

 

 

Tosca e Sílvia Pérez Cruz – Piazza grande

Due delle voci più originali della canzone contemporanea s’incontrano per omaggiare Lucio Dalla, interpretandone il classico Piazza grande in chiave popolare, con una forte dose di coinvolgente teatralità. L’interpretazione vocale di queste due signore della musica è irresistibilmente trascinante. Qui la nostra recensione

 

 

 

Enrico Nigiotti – Para el sol

Il brano, tra questi, che più s’avvicina all’idea di “tormentone” estivo, se solo fosse stato prodotto qualche decennio fa. Il gusto un po’ rétro di Nigiotti è ciò che fa della sua musica un pop godibilissimo e mai scontato: a discapito del titolo, che sembra strizzare l’occhio alla canzonetta d’amore sulla spiaggia, la canzone è un’originale, simpatica, leggera ma toccante narrazione su un rapporto d’amicizia. Se il ritmo, la melodia e, in generale, la sonorità, a tratti, rischiano il già detto, il testo invece spicca per naturale creatività, scegliendo immagini tutt’altro che scontate, forti di una freschezza e di una popolarità sensibilmente autentiche: “L’amicizia non inizia e non finisce come un patto / come fosse una bugia legalizzata dal cazzeggio, / così vera e così bella come il culo di un atleta”.

 

Ilaria Porceddu, Sa coia

Dopo la partecipazione a X Factor che l’ha resa nota al grande pubblico, Ilaria Porceddu si è via via eclissata dal mainstream, cominciando un percorso musicale all’insegna della ricerca, percorso di cui Sa coia è la tappa più recente. Cantato in sardo con coinvolgente malinconia, il brano prende le mosse da una poesia di Maria Rosaria Spano, configurandosi all’apparenza come una tradizionale serenata d’amore. In realtà, il testo parla, sì, d’amore, ma da una prospettiva meno scontata: è il racconto, infatti, delle varie fasi della vita (di una vita) matrimoniale, tra entusiasmi e difficoltà, slanci di passione e ipotesi di rottura. La forza di Sa coia, comunque sia, sta tutta nella vocalità di Porceddu: un concentrato di delicatezza e potenza in perfetto, toccante equilibrio.

 

 

Morgan, La canzone di Geppetto

All’improvviso, tirando fuori piuttosto il cilindro dal coniglio, Morgan pubblica a fine agosto una sua personalissima lettura della celebre Canzone di Geppetto di Fiorenzo Carpi e Nino Manfredi. L’arrangiamento e l’interpretazione ce la fanno immaginare già come un classico del repertorio di Morgan, avvicinandola, tra orchestrazioni, sovrapposizioni vocali, effetti e frante scansioni melodiche, a brani come Animali famigliari, Da A ad A o La sera. Una versione questa, tanto da ascoltare quanto da vedere, tanto divertente quanto, specie in chiusura, commovente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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