Il nuovo lavoro della cantautrice fiorentina è un disco resistente, di testimonianza e di trincea, e di grande coerenza artistica
Il mondo della musica italiana è particolare e per certi aspetti anche beffardo. Offre una panoramica assai variegata di generi e proposte, ma non riesce a dare la giusta evidenza al merito, e con esso a chi fa della coerenza il proprio stile di vita. E’ purtroppo una questione annosa e certamente non nuova, ma merita senz’altro spazio. Ci pensavamo ascoltando “Ho un piano B” (RadiciMusic Records), il nuovo lavoro della cantautrice fiorentina Silvia Conti, che giunge a sette anni di distanza da “A piedi nudi (psichedeliche ipnotiche nudità)”. Il disco è frutto di un lungo lavoro di scrittura, testuale e musicale, e si compone degli arrangiamenti curati da Bob Mangione che danno il giusto spessore a brani ricchi di intensità. Silvia è un’anima rock con venature blues, il cui percorso artistico ha conosciuto diverse tappe, e non si è limitato alla musica, con esperienze importanti nel teatro, dove ormai è impegnata da più di un quarto di secolo, mostrando un talento che non può certo passare inosservato.
Come non passa inosservato “Ho un piano B“, e ciò per diverse ragioni. Una di queste è senza dubbio l’invito a esaltare e rivendicare la donna nella propria interezza. Silvia lo fa in “Lucciola“, che apre il disco, scritta da Bob Mangione (qui il video realizzato in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne), e in “Farfalla“, la quarta traccia, di cui è autrice la Conti. Sono entrambi brani di forte impatto, vere dichiarazioni di intenti declinate tutta al femminile nelle quali la condizione della donna viene artisticamente trasfigurata come emblema di creatura fragile, ma pronta ad autodeterminarsi per difendere la propria unicità.
“Attraversiamo la notte
bruciando mille sigarette
siamo cenere di stelle
siamo tutte sorelle…”
“Ridono di me e li vedo
dietro questi occhiali
quando puntano il dito
e non guardano la luna
ma quanto è grande il vestito…”
Nel suo cantare, Silvia Conti non indulge alla rassegnazione né all’autocompiacimento, ma invita le donne a non nascondersi dietro la rinuncia alla propria identità per inseguire uno standard che le faccia sembrare tutte fintamente uguali. E questa schiettezza si ritrova un po’ dovunque nel disco. Pensiamo a “Moltitudini“, forse l’episodio più intenso dell’album, una vera confessione a cuore aperto in cui Silvia racconta senza filtri la complessità del proprio essere:
“E mi difendo dalle lame
con un sorriso incontenibile
col viso aperto e gli occhi vigili
ed un cancello invalicabile…”
C’è spazio anche per la nostalgia, quella per un’amicizia che travalica il tempo e le sue disgrazie. Il filo d’argento, un blues intimo dedicato a Enrico Greppi (Erriquez) dei Bandabardò, scomparso prematuramente qualche anno fa, è un canto struggente per un legame che resterà per sempre nell’anima:
“…e se tutto potesse cambiare,
e se tutto potesse tornare
non avremmo più pianto negli occhi
ma solo acqua di mare,
e se il tempo non fosse un dovere
e se il senso non fosse cadere
non avremmo più frecce tra i denti
ma solo vino da bere…”
E poi c’è “Inverno 1944 (Mačkatica)”, un brano ispirato al sogno che Silvano Tognelli, padre di Silvia (che proprio in questi giorni ha curato la pubblicazione del romanzo del genitore “Gli anni sprecati”, un diario della sua esperienza di soldato al fronte balcanico), fece nel campo in cui era prigioniero durante la seconda guerra mondiale. Guerra e pace, morte e vita si intersecano in un abbraccio che travalica spazio e tempo. Come il richiamo alla storia dei partigiani nella rivisitazione di “Bella ciao“, che Silvia ha volutamente inserito per rimarcare la propria matrice resistente.
In sostanza, “Ho un piano B” è un disco che si fa ascoltare e non è certo un disco che si fa dimenticare. E ciò grazie anche al suono fisico e massiccio, profondamente rock, voluto dalla cantautrice e reso evidente dalla produzione artistica di Bob Mangione (che nel disco suona chitarre acustiche, elettriche, 12 corde, armonica, basso, rhodes e si fa sentire nei cori), al quale si aggiungono le performance di Lorenzo Forti (basso), Fabrizio Morganti (batteria), Lele Fontana (hammond, rhodes, pianoforte, melodica), Francesco Fry Moneti (violino), Gennaro Scarpato (percussioni varie), Tiziano Mazzoni, Matteo Urru e Francesco Frank Cusumano (chitarre).
Un disco che merita spazio al di là della musica piatta e superficiale che si ascolta in radio e si scarica dal web. Un disco di testimonianza, resistente, di trincea, che svetta in questi tempi di plastica e di poco coraggio artistico.
Silvia Conti – Ho un piano B
- Lucciola
- Moltitudini
- L’Uomo Della Montagna
- Farfalla
- Il Filo D’Argento
- Van Gogh
- Settembre
- Inverno 1944 (Mackatica)
- Bella Ciao
BONUS TRACK: SuperPippo
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…