A distanza di oltre cinque anni dall’ultimo album di inediti (Elettra), Carmen Consoli torna con un disco che farà certamente discutere; non tanto per lo stile musicale – poetico e riconoscibile come sempre – quanto per le tematiche affrontate.
L’abitudine di tornare rappresenta una piccola svolta per la cantautrice catanese. L’album, composto da dieci inediti, si presenta al solito curato fin dalla cover: una sorta di “natura morta” dove gli oggetti quotidiani – tra cui spicca una chitarra – vanno ad anticipare quella caratteristica tipica della Consoli che, anche in quest’opera, ritorna ad arricchire la sua musica: il simbolismo. Ma è nella ricerca di nuove tematiche, legate fortemente alla realtà italiana di oggi, che l’album si esalta nei confronti di un genere musicale – quello della musica leggera in Italia – che non sempre sa tirar fuori le giuste critiche o, altre volte, cade in un’eccessiva politicizzazione.
Maturata artisticamente e personalmente – forse anche grazie all’arrivo del primo figlio – Carmen Consoli non cede a nessuna delle due trappole, presentandoci brani profondi ma senza per questo cadere in facili luoghi comuni. Come spesso ha fatto, la cantautrice parte dal genere umano e dai suoi “limiti”, presentandoci già, con il brano che dà il titolo all’album, una situazione umana: il tradimento. Nei panni di una donna amante di un uomo sposato, la Consoli ci racconta il turbamento interiore, senza però cedere a facili critiche; raccontando, invece, quel limbo in cui chi non può decidere deve restare in attesa:
Ma io non posso chiedere
Io non devo chiedere
Sarai tu a rispondere se vorrai
Nel secondo brano dal titolo Ottobre, la cantante affronta un’altra tematica delicata: l’amore fra due ragazze. E lo fa col suo stile delicato ma al tempo stesso appassionato, senza facili polemiche, mostrandosi sensibile sia nella scelta delle parole che sul piano musicale:
Piuttosto che il limbo
Avrei scelto l’inferno
Fosse stato il prezzo della libertà
Il paradiso poteva anche attendere…
Puro e spontaneo, l’amore è presentato come una cosa indipendente dalla società che lo circonda, condizionato da essa ma anche immanente, vivo e capace di nutrire l’animo umano. L’unica cosa che la ‘cantantessa’ pare accogliere al fianco dei sentimenti umani è la natura, presenza costante nella sua produzione e, in particolare, in questo ultimo album. È però nel terzo brano, intitolato ambiguamente Eserciti silenti, che la Consoli entra nel vivo delle problematiche italiane, delle sue “ferite scoperte” e delle “faide storiche”, con un particolare riferimento a Palermo e alla mafia:
Lo stato assai spiacente
Ti posa una ghirlanda
Tricolore con su scritto:
Assente.
La cantante si domanda se Dio può essere a conoscenza di un tale inferno e se “perdonerà il silenzio”, parlando poi più esplicitamente di mafia, di omertà e di “gente che non ha mai visto né sentito niente”. Ciò che contraddistingue Carmen Consoli è, ancora una volta, l’armonia con cui affronta determinate tematiche, senza lasciarsi andare a una facile rabbia, ma limitandosi a raccontare, con musica e poesia, i drammi che affliggono l’uomo moderno.
Con Sintonia imperfetta, l’album prende una piega musicale tendente al pop. In quella che è forse la migliore canzone d’amore dell’album, la Consoli ci presenta il personaggio dell’uomo con poche parole capaci di dipingere un’intera relazione: ”Io ti chiedevo più attenzioni e un minimo di slancio”. Con ironia e ritmo, la cantante riesce quasi a fare il verso a Mina, con rime e assonanze particolarmente azzeccate e una vocalità forte; un testo che, anche grazie a volute distorsioni sonore, sembra quasi voler rendere omaggio a un’altra epoca:
Voglio vivere così
Col sole in fronte
L’amore ai tempi dei miei nonni
Era sognante…
Ne La signorina del quinto piano, altro brano dal suono pop, la Consoli affronta il tema dello stalking e della violenza sulle donne con toni paradossalmente leggeri, ironici ma proprio per questo efficaci; criticando, in primis, la leggerezza delle autorità di fronte ai casi di violenza:
Non v’è ragione alcuna
di aver paura, di aver paura
Questa la conclusione
dei funzionari della questura…
La storia, portata avanti da un ritmo incalzante e da un’interpretazione quasi teatrale della cantante, finisce in tragedia:
La signora del quinto piano fu ritrovata murata nel bagno
Quella lettera di un anno prima, la prova schiacciante lasciata in questura
Descriveva con precisione il rituale di sepoltura
Ma non vi era alcuna ragione di avere paura, di avere paura…
Traccia certamente atipica all’interno dell’album, è però significativa se si vuol comprendere lo spirito con il quale Carmen Consoli affronta i problemi che la circondano: un’ironia forte, musicale, narrativa e non eccessivamente riflessiva; per evitare quell’esposizione esplicita che finirebbe per snaturare un’opera d’arte.
Fra Oceani deserti – scritta in collaborazione con Max Gazzè e incentrata sulla sofferenza di non riuscire a conoscere la persona che si ama – e San Valentino – romantica visione dell’amore come paura e follia – si inserisce uno dei brani più profondi dell’intero album: E forse un giorno. Nel brano una donna racconta le sue preoccupazioni di fronte a una società – e in particolare una situazione economica critica e poco dignitosa – che sta lentamente trascinando l’essere umano verso una condizione di alienazione:
Per quanto tempo dovrò
Cercare un modo per restare a galla
Mio marito non lavora da un po’
Ed insieme a un sorriso ha detto addio a salute e dignità…
La canzone è anche il “grido d’allarme” di Carmen Consoli, una giovane madre che vede il proprio paese sempre meno accogliente e sicuro per il futuro dei propri figli. L’ironia nel dramma non manca, ed è evidente in alcuni versi:
E forse un giorno ci daranno l’aria
Ad un prezzo più conveniente della benzina
Una lacrima autentica di sana pazienza
Alla lotteria quest’anno in palio un buono per la spesa…
[…]
…Quella multa benevola sul parabrezza
È la prova che ancora qualcuno ci pensa…
Ne La notte più lunga la cantautrice ci mette di fronte a un’altra tragedia moderna: i viaggi della speranza – e troppo spesso della morte – degli immigrati:
Verso l’alba avvistammo quella barca malandata
Tracimante di persone che agitavano le braccia
Un carico di tragica speranza
Di vite inscatolate senza alcuna etichetta…
Musicalmente il brano ricorda alcune ballate di De André, cantautore con cui la Consoli condivide l’impegno civile e l’accuratezza dello strumento poetico. Critica nei confronti di un’attenzione mediatica che nulla porta di buono al dramma dei migranti, creando soltanto un brutale “circo degli orrori” intorno ai frequenti incidenti e alle numerose morti, la cantante suggerisce però una speranza nell’umanità, evidenziando come, in fondo, si possa ancora credere nella bontà delle persone:
E malgrado sapessero di commettere reato
Di comune accordo i pescatori tesero la mano
In barba ad ogni amara conseguenza
Seguirono la voce della propria coscienza…
La canzone che chiude l’album è forse quella maggiormente carica di speranza. Non a caso, Questa piccola magia parla di maternità. Il brano, dolcemente malinconico, è un delicato inno alla felicità di una madre che riesce a vedere la “terra affamata” e “bruciata” con occhi diversi. Non vi poteva essere chiusura migliore per un album che sa affrontare tematiche umane e tragiche col tono del poeta più spontaneo, con un pizzico d’ironia tagliente, in armonia con la natura e con quell’umanità paradossale ma che sa ancora regalare la felicità nella sua innocenza:
E quasi comincio a credere
che la felicità abbraccerà questa vita…
Carmen Consoli – L’abitudine di tornare
Tipo album: STUDIO
Anno: 2015
Dischi: 1
Tracce: 10
Genere: FOLK, POP, ROCK
Etichetta: UNIVERSAL