Sono due piccoli pezzi di marmellata che vengono dalle colline marchigiane e hanno tanta voglia di fare del blues spinto. Abbiamo ascoltato il loro primo, omonimo EP.

noteverticali.it_little_pieces_of_marmelade_coverDi quella volta che Jimi Hendrix passò per Filottrano (AN); e di quella volta che Zac De La Rocha si fermò a bere in una cantina sociale del Maceratese. Di questi avvenimenti immaginari sembra essere testimone l’omonimo EP di debutto dei Little Pieces Of Marmelade, duo marchigiano che a suon di riff pesanti come un’incudine si destreggia con abilità in un repertorio che svaria dall’hard blues al crossover, passando per il “women tune” di Eric Clapton e il grunge.

Che i prodigi della tecnica generino conseguenze a volte meravigliose, è sotto gli occhi di tutti. È grazie alla globalizzazione e agli mp3 che due ventenni del centro Italia possono trasformarsi in due perfetti freak psicotici del Wisconsin e restituire, con una sincerità spiazzante, le atmosfere di un mondo lontanissimo eppure vicino.

Tutti gli otto pezzi di questo disco omonimo assomigliano a dei lavori di uncinetto ricamati sulla grande coperta del blues. Ogni brano sembra provenire da qualcosa e portare a qualcos’altro, in un continuo gioco di richiami in cui, però, non si fa fatica a intravedere quanto di proprio riescono a metterci i nostri giovani eroi.

Ballan-tee apre l’EP con un riff sardonico e sfacciato che rimanda tanto a Hendrix quanto ai Rage Against The Machine. Crib, invece, inaugura quelle atmosfere stranianti che poi si rincorreranno lungo tutto il disco. In Pigman ci sono i Soundgarden di Chris Cornell nella loro versione più malata, mentre in SPEED sCUM n’ROLL il rimando non può che essere ai Cream, tanto per quel cantato pastorale alla Jack Bruce, quanto per la dolcezza alienante di quel riff che finisce per trasformarsi, con potenza elefantiaca, in un Dumbo impazzito che salta con veemenza sulle orecchie degli ascoltatori. Stesso discorso per Man Killed By The Hero.

noteverticali.it_little_pieces_of_marmelade_1Nella scelta di chiudere l’EP con i due pezzi strumentali Untitled #1 e #2, invece, si intravede il gusto per la jam session raffinata. I due brani, infatti, si pongono a metà fra il Lou Reed di Metal Machine Music (per l’utilizzo dei suoni di interferenza come filo conduttore di entrambi i pezzi), i Led Zeppelin di Whole Lotta Love (evidente la citazione dell’assolo di Jimmy Page in Untitled #1) e i Beatles di Revolution No. 9 (per l’utilizzo del reverse).

In ogni caso, questo EP di debutto è pieno zeppo di ottimi spunti e di trovate originali che fanno ben sperare. Aspettando che si cimentino nel loro primo lavoro sulla lunga distanza, i Little Pieces Of Marmelade si meritano una promozione a pieni voti, nell’auspicio, comunque, che riescano ad aggiungere qualcosa di ancora più personale ad un potenziale che è già evidente.

Little Pieces Of Marmelade, Little Pieces Of Marmelade, autoproduzione, 2016

 

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