“Amici non ne ho… ma amiche sì”, disco celebrativo per i quarant’anni di carriera, festeggiati con duetti tutti al femminile
Lei è un’icona indiscussa della musica rock italiana femminile. Senza dubbio, una personalità complessa e altrettanto controversa contraddistinguono la sua storia musicale e privata. Per festeggiare i quarant’anni di carriera, ecco il suo nuovo album dal titolo che rievoca e cita quello di un suo vecchio brano: “Amici non ne ho…ma amiche sì“.
Loredana Bertè si affida alle mani dell’amica Fiorella Mannoia, per produrre un lavoro tutto al femminile. Le 17 tracce che compongono l’album infatti sono perlopiù duetti e reinterpretazioni di suoi grandi successi. Un percorso musicale che si apre e chiude con due inediti: E’andata così, scritta da Luciano Ligabue (che lui dove lo metti sta come il prezzemolo) e Il mio funerale, che fanno da prologo ed epilogo di un viaggio tra i ricordi.
Ad accompagnare la Bertè in questo lavoro, la cremè delle voci femminili del panorama musicale contemporaneo italiano, dalla stessa Mannoia, a Emma Marrone, Alessandra Amoroso, Patty Pravo, Bianca Atzei, la sua corista storica Aida Cooper, Antonella Lo Coco, Elisa, Paola Turci e Irene Grandi.
Una vera e propria rimpatriata, nata con l’intento di celebrare la carriera della cantante calabrese. La scelta dei brani ricade su grandi classici conosciuti da chi gli anni della Bertè li ha vissuti con lei e le sue performance al limite dell’avanguardia (come non ricordare per esempio la sua apparizione a Sanremo con il pancione?). I brani vengono però reinterpretati e in alcuni casi ri-arrangiati per renderli più attuali e apprezzabili anche da quel pubblico che della Bertè conosce ben poco.
Un’immagine, la sua, già rilanciata grazie alla sua presenza come giudice durante il serale di Amici di Maria De Filippi e che potrebbe aiutare ad avvicinare con curiosità il target di giovani che seguono il talent targato Mediaset. Un’operazione al limite della pedagogia musicale, della serie “Questa è la storia che adesso guarda al futuro”, ma che rischia di sfiorare il trash, anche se questo poco importa al business discografico.
L’album si apre con uno dei due inediti, come già ricordavamo. E’ andata così, che permette a tutti di conoscere e ad alcuni di riscoprire la voce graffiante della Bertè: “E’ andata che mi hanno lasciato il microfono acceso” canta Loredana, quasi a mettere le mani avanti e descriversi così per quello che vuole che gli altri la vedano. Un mito forse in declino, che gioca con il fuoco, sempre in bilico tra ostentazione e consapevolezza. Una donna al limite che però in questo caso, a parte che per alcuni brani, tra cui i due inediti appunto, si lascia abbracciare dalla comoda copertina di Linus, di collaborazioni ‘acchiappa visualizzazioni’, che la snaturano controversa e fa apparire alcuni dei suoi brani più amati utili solo ad una rimpatriata pro-vendite.
Parliamo del duetto con Emma Marrone, che della Bertè ha assorbito l’essenza, in un brano – Non sono una signora – scritto da Ivano Fossati nel 1982, che lascia il tempo che trova e non trasmette l’energia dell’originale, in un duetto degno solo del serale di Amici al massimo.
Le tracce non seguono un ordine cronologico, ma si parte da brani del 1975, anno di Sei Bellissima, fino agli inediti del 2016, in questo tripudio autocelebrativo, di sui solo alcuni esperimenti sembrano essere degni di tale enormità temporale.
La Mannoia fa tornare i toni alla “normalità”. Con lei la Bertè canta i brani ‘marini’ della raccolta: In alto mare, un pezzo diventato più funky dell’originale, e Il mare d’inverno che per occasione si veste di elettronica, in una prova che non lascia delusi, ma nemmeno ci fa saltare sulla sedia.
Le “amiche” della Loredana nazionale non si sporgono oltre e si lasciano trasportare nel mondo della cantante calabrese senza snaturarsi, ma rimanendo fedeli al proprio stile aggiungendo e a volte sottraendo qualcosa alla versione originale. Così ascoltiamo un brano come Dedicato in duetto con una Noemi che lo rende più blues, come nelle sue collaudate corde. Con Elisa invece si punta al reggae che trasforma E la luna bussò. Nina Zilli invece, che non la Bertè ha in comune le alquanto dubbie acconciature proposte durante le sue apparizioni televisive in Italia’s got talent, dona una nota tra il blues e il punk al brano La goccia.

Una chiave più jazz viene invece data all’arrangiamento di Buongiorno anche a te, in duetto con la rediviva Irene Grandi. Tra le ‘amiche’ anche Antonella Lo Coco reduce di una delle ultime edizioni di X-Factor con la quale duetta in Folle città, un brano storicamente rock e in questo caso che si discosta poco dalla base originaria. Una presenza inspiegabile ai molti, quella di Bianca Atzei, cui nome sentiamo più volte essere pronunciato, ma che proprio non è facile ricordare perché, con la quale la Bertè canta Così ti scrivo, in versione decisamente più solare e “leggera”, un brano importante e tratto dall’album Jazz del 1983 che insieme a Traslocando è tra i più venduti della storia discografica della cantante.
Ad Alessandra Amoroso invece l’ingrato compito, per gli ascoltatori, di duettare in Sei bellissima, un brano intenso e conosciuto per l’interpretazione toccante e sentita, che la Amoroso si impegna a simulare, ma senza il successo sperato, se pur il suo forte sia proprio quello di struggersi con brani di questo tipo.
Note nostalgiche vengono invece toccate quando, in Stiamo come stiamo, la Bertè duetta con la sorella scomparsa Mia Martini. Un brano a cui la cantante teneva particolarmente, tanto da preferire di registrare la sua parte nuovamente, in quanto insoddisfatta della prima versione. L’omaggio alla compianta e sempre amata sorella arriva anche con il brano cantato con Paola Turci, Luna, che fu presentato alla 47° edizione del Festival di Sanremo. Con la sua storica corista Aida Cooper, che l’ha accompagnata in tantissimi dei suoi concerti decide di duettare in Ma quale musica leggera, brano scritto da Edoardo Bennato, reinterpretata per l’occasione in chiave del tutto rock.
La vera amica tra le “comparse” proposte, Patty Pravo, la Bertè la coinvolge nel brano Mi manchi, due voci ormai rotte dall’età, ma non stanche di volersi mettere in gioco e comunicare.
L’epilogo è decretato poi da un brano, Il mio funerale, che racconta con ironico cinismo della fine, di come la morte di un’artista diventi discograficamente un nuovo inizio e di quando gli album post-mortem alzino il numero di vendite.
Si parla del funerale come unica e ultima data dello spettacolo in atto, di cui non ci sarà una replica. La chiusura di una vita, di una carriera che rimarrà però sempre nella memoria dei molti, radicata ormai nella storia della musica, un momento che alla quale tutti gli artisti ambiscono, ma che è difficile da raggiungere.
Un album questo che decreta che una cantante che ha fatto parlare di sé può continuare a farlo e non solo grazie ai media e alle ospitate pomeridiane in talk show di dubbia utilità sociale, ma grazie alla sua musica e alla storia che questa può raccontare. Da apprezzare l’intento, meno il risultato. Ma come si dice, tentar non nuoce e la musica non nuoce “quasi” mai.
Palermitana di origini asiatiche. Amore per il cinema, le istantanee e le storie. Scrive per dar voce alle sue passioni e vivere la vita è la sua aspirazione più grande. “Carpe diem” il suo motto.