La musica a volte è enigmatica e multiforme, ma non necessariamente occorrono le parole per comprendere ciò che con essa si vuole esprimere. Enigmatica e multiforme, come elegante e oscura, è certamente la musica che Daniela Pes riversa in Spira, il suo primo album. Sette tracce che portano l’ascoltatore a immergersi in un universo sonoro alternativo, dove la voce dell’artista, nata in Gallura nel 1992, già vincitrice del Premio Andrea Parodi e dei premi Nuovo Imaie e Musicultura e con alle spalle una solida formazione jazz, si fa essa stessa strumento per esprimere emozioni in una lingua che non esiste, ma che sembra erede diretta di suoni ancestrali che portano con sé il gusto di millenni di storia. Un gramelot che si fa suono mescolando parole inventate ad altre in dialetto gallurese, ad altre ancora in italiano. Un rosario fonetico snocciolato con arte e maestria attraverso trentotto minuti di pura poesia sonora che sembra una riproposizione del linguaggio epistaltico di Mimmo Rotella, attraverso vocaboli creati ex novo che si fanno amplificatori di una melodia quasi sacrale, offrendo all’ascoltatore una magia emotiva impossibile da descrivere totalmente.
Il disco, prodotto non a caso da Jacopo Incani alias Iosonouncane, inizia con Ca Mira, vestita di una luce tenue di quell’alba che è attesa di un nuovo giorno. La melodia si costruisce a poco a poco su un unico accordo al sintetizzatore, con parole che si fanno suono e disegnano un percorso emotivo fortemente affascinante.
ˈvaɾi e ˈdama
kaˈlaɾi ˈuna ˈla
ˈseti ˈiɾe ˈita
ˈkɔmo
A metà brano sembra di assistere al sorgere del sole, e con esso al compimento del miracolo quotidiano che riaffaccia l’uomo creatura alla vita, magica e straniante in un panorama rupestre come quello che immaginiamo circondare la voce. La frase finale
ˈva ki se ˈpaɾi ˈmiɾa ki nɔ viˈde
miˈɾa ˈmiɾa ˈnɔva ˈkala
ˈva ki se ˈpaɾi ˈmiɾa ki nɔ viˈde
miˈɾa ˈmiɾa ˈnɔva ˈkala
sembra un mantra finalizzato al risveglio e all’azione. Lo stacco tra la fine della prima traccia e l’inizio della seconda è appena impercettibile, tanto è intensa l’estasi sonora trasmessa dal brano appena ascoltato. Illa sera si sviluppa in accordi minori, e ci pare chiaramente ispirata ai ricordi di una sera di primavera:
ka ˈseɾa di pɾimaˈeɾa
ˈali ˈʧeli ˈsii ˈtu
ˈuna ˈseɾa ki ˈmɔɾa ˈɾeza
ˈnaʃʃi ˈvia ˈnaʃʃi ˈvia
L’intensità poetica si fa sacralità in Carme, il primo singolo estratto dal disco. Una preghiera laica in cui la voce di Daniela Pes si fa invocazione mistica. Ci sembra cogliere nel testo diverse parole che hanno assonanza con l’italiano: “luna di mare”, “primavera”, “onde”. Ma restiamo spiazzati quando, mentre la voce recita su un cortocircuito sonoro esoterico, sul finale si arricchisce di una lunga coda strumentale appassionata e travolgente.
ˈoɾe ˈliɾano nell aˈɾia
ˈɛna ˈmɔɾa ke ˈkade ˈvia
fiˈɡuɾa ˈkolma ˈsia
Ora (la cui musica si avvale del contributo di Jacopo Incani) è recitata in modo sussurrato, e qui si avverte il senso crepuscolare di una giornata che volge alla sua conclusione, su uno sfondo in cui pare scorgere voci di gabbiani. Làira è più movimentata, quasi arabeggiante, con le percussioni che sembrano riprodurre cavalli imbizzarriti preoccupati di raggiungere una meta ambita, e poi un refrain che riporta la melodia più tradizionale all’ascolto:
ˈiɾa mi daˈɾɛ
ˈaɾi se ill ˈaɾia ki mi daˈɾia
a ˈki mi daˈɾia
ˈaɾi mi daˈɾɛ
ˈaɾi se ill ˈaɾia ki mi daˈɾia
a ˈki mi daˈɾia
Ma non è finita. Si precipita in un tunnel sonoro breve ma intenso, dove la voce cantata si fa mantra ripetuto, fino a sfumare in Arca, la traccia successiva. Qui il fonetico è breve
ˈseɾa ˈvɛni ˈkade ˈlaiɾo
ke ˈmiɾa amˈmalia se ˈnaiɾo
ˈmiɾa ˈvɛni iˈɾa
ˈneɾa ˈliɾe
si di ˈtɛ fiˈnɛza aˈia
ˈella ˈvɛni ˈduna ˈkaza ˈdia
ˈrɛna ˈneɾa tesseˈɾa
e dopo una piccola nenia lascia il posto alla musica, che vede la collaborazione di Iosonouncane e che trasporta nell’esotericità di un mondo futuribile. Ci sembra quasi di essere nella colonna sonora di un film di fantascienza, e immaginiamo che l’arca del titolo sia quella di una nuova rinascita in un pianeta libero da inquadramenti di ogni genere.
Non è ancora finita. C’è tempo per assaporare l’ultima traccia, la settima. Si intitola A te sola e riteniamo sia la summa di un disco unico. Su una melodia arpeggiata in minore, il cantato fonetico sembra assurgere a catalizzatore di una invocazione fatta invito a mettere da parte ogni affanno e tribolazione per volgere il proprio sguardo a se stessi e a ciò che si rappresenta, fonte di unicità e di meraviglia. L’intermezzo musicale che incontriamo a un terzo del cammino apre a un cambio di melodia che vira verso il sospeso.
Al termine dell’ascolto di Spira, si resta spiazzati. Piacevolmente spiazzati. Nel disco c’è un po’ del Battiato dei primordi, in una cosmicità musicale che apre verso altri mondi. Ci sono alcuni echi dei Pink Floyd di Zabriskie Point e della loro efficacia espressiva nel trasmettere quella sospensione di tempi e distanze, prima della degenerazione rock distruttiva, mentre tutto intorno esplode. C’è Ira di Iosonouncane, influenza inevitabile per un disco prodotto dallo stesso autore. Ma su ogni cosa c’è Daniela Pes, in grado di trasferire nell’arcaico un mondo declinato al futuro, grazie a una voce che è essa stesso strumento portatore sano di melodia che inquieta, assolve, abbraccia. Una meravigliosa scoperta per questi tempi di cloni inutili, una meravigliosa speranza visionaria per l’avvento di nuove sperimentazioni musicali.
Daniela Pes, SPIRA, 2023, Tanca Records.
Daniela Pes – SPIRA – Tracklist
1. Ca Mira
2. Illa sera
3. Carme
4. Ora
5. Laira
6. Arca
7. A te sola
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…