“The magic whip” è l’ottavo album in studio dei Blur e viene pubblicato in questi giorni a distanza di ben dodici anni dall’ultimo “Think thank”. I dodici brani dell’album non deludono le aspettative dei fan. Ci troviamo anzi di fronte ad un lavoro ricco di sfumature sonore e vocali nuove, ma comunque incredibilmente vicino ai fasti del Britpop. Nel 2013, durante il tour di reunion, i Blur si sono ritrovati in uno studio di Hong Kong a seguito dell’annullamento del Tokyo Rocks Music, per cinque giorni consecutivi nell’arco dei quali hanno scritto e composto parte dei brani che ritroviamo all’interno della loro ultima fatica. Ma Damon Albarn non era affatto soddisfatto dei testi e aveva scelto di tornare in quello stesso studio in cerca dell’ispirazione che per fortuna è poi arrivata. Così il 19 febbraio 2015 i Blur hanno annunciato l’uscita del nuovo album e un concerto all’Hyde Park di Londra.
Sembra passato davvero poco da quando i Blur e Oasis si contendevano lo scettro di Re del Britpop e forse questo album di Albarn, Coxon e soci, ci piace così tanto proprio perchè è capace di riportarci indietro nel tempo. Ad un primo ascolto, “The Magic whip” sembra quasi composto di getto per poi essere successivamente assemblato casualmente. Il primo brano dell’album, “Lonesome street”, è molto vicino alle sonorità di pezzi come “Parklife” e parte con la chitarra aggressiva di Coxon che ci riporta alla mente le atmosfere tipicamente anni novanta che da sempre contraddistinguono il sound dei Blur. Non mancano i riferimenti alla musica elettronica alla quale Albarn si dedicò dopo la “sconfitta” subita a seguito dell’uscita di “What’s the story morning glory” degli Oasis che divennero da quel momento in poi i padroni indiscussi della scena brit anni novanta. La voce di Albarn è in questo brano molto matura, quasi cavernosa. Fatto sta che se avete amato i Blur degli anni novanta, questo è il brano che ci farà tornare improvvisamente in quel decennio. La stessa atmosfera britpop interessa il brano “Go out” che con la predominanza della chitarra di Coxon e del basso di Alex James, ricorda canzoni come “Girls and boys”. La voce di Albarn ricorda invece moltissimo il suo vecchio modo di cantare un po’ strafottente e impreciso ma sempre e comunque affascinante.
Altro brano molto vicino alle sonorità passate è “I Broadcast” che si caratterizza per una chitarra aggressiva e una batteria costante e trascinante. E’ un vero e proprio brano rock in cui la voce di Albarn è al meglio ed è venata da quella straordinaria ironia che l’ha sempre caratterizzata. Le stesse caratteristiche ha “Ong ong” brano leggero in pieno stile Blur che cattura al primo ascolto e che sembra uscito da una compilation del 1994. La strumentazione è per lo più composta da chitarra, basso e batteria. La voce di Albarn è quasi identica a quella dei primi anni della sua carriera. Un pezzo orecchiabile e che resta in testa così come il ritornello con il suo “La la la la I wanna be with you”. Molti dei brani presenti all’interno dell’album fanno riferimento al luogo in cui questo lavoro è stato concepito cioè la città di Hong Kong. Due di questi brani sono “New world tower” e “There are two many of us”. La prima è semplicemente dedicata alle torri che si trovavano di fronte allo studio di registrazione della città di Hong Kong. La voce di Damon è filtrata,la batteria è incessante e gli archi elettronici danno un certo fascino al brano. La seconda oltre a riferirsi al senso di straniamento che si può provare nel vivere in una megalopoli, affronta il senso di disagio e di disperazione del trovarsi a Sydney il giorno della strage del Dicembre 2014. Questo brano quindi insieme a “Pyongyang”, che offre una visione politica e personale di Albarn per poi allegerirsi nel ritornello, descrive qualcosa di realmente accaduto. Non mancano all’interno di “The magic whip” brani le cui sonorità ci riportano alla musica elettronica. Sicuramente due di questi sono “Ice cream man” caratterizzata da sonorità molto simili a quelle dei Gorillaz che come ricordiamo erano il progetto discografico alternativo di Albar dopo i Blur e “Thought I was a spaceman” in cui la batteria si fonde solennemente con le percussioni elettroniche. La novità di questo pezzo sta però nel cantato: Albarn e Coxon cantano insieme alternandosi. Il brano “My terracotta heart” è invece molto intimo e personale e ripercorre il rapporto amore/odio tra Albarn e Coxon che abbandonò il gruppo sedici anni fa proprio a causa dei contrasti con Damon. La sonorità lenta e minimal ci ricorda la famosa “Out of time”.
Infine concludiamo con due brani dal sound anni settanta, “Ghost ship” e “Mirrorball”. La prima è una ballad incisiva in cui la voce di Albarn è graffiata e sensuale; la seconda è caratterizzata da un ritmo lento,chitarre dure e archi che addolciscono il tutto. La voce di Damon sembra quella di un interprete d’altri tempi. Il ritorno dei Blur non può essere considerato che positivo considerando la qualità dell’album e dei testi.
Blur, The magic whip. Genere: Pop. Data di uscita: 27 Aprile 2015. Durata: 51’27”. Produzione: Stephen Street, Graham Coxon, Damon Albarn