Da “Un angioletto per te” a “Dignità”, abbiamo analizzato la tracklist del nuovo album del Principe
Non si è ancora spenta l’eco del concerto-evento dell’Arena di Verona che ha celebrato il quarantennale di “Rimmel“, con una festa in musica di cui abbiamo dato ampio riscontro, che Francesco De Gregori torna a fare notizia. E’ di freschissima uscita infatti il nuovo disco “Amore e furto” (Caravan/Sony Music) con il quale il Principe omaggia Bob Dylan. Un tributo fatto da un maestro a un maestro, un’operazione che ci sembra lontanissima da logiche puramente commerciali e che invece vogliamo ascrivere ai peccatucci fatti senza secondi fini, per la stima professionale che da sempre lega De Gregori a mr. Zimmermann.
Si tratta di undici brani, partendo da “Un angioletto come te“, cover di “Sweetheart like you“, da “Infidels“, del 1983, disco coprodotto con Mark Knopfler. Una ballad ‘a luci soffuse’ dedicata a una ipotetica lei che si trova in un luogo insolito (‘che ci fai in un immondezzaio simile?‘ canta Dylan) da quello a cui sarebbe destinata. E già da questo incipit si capisce di che pasta è fatto l’intero disco. Musicisti al loro top, capitanati da un professionista di lungo corso che risponde al nome di Guido Guglielminetti, produttore del lavoro, e capaci di riproporre in studio un’atmosfera ormai ampiamente rodata nei numerosi live finora andati in scena.
Seconda traccia, “Servire qualcuno“, cover di “Gotta serve somebody“, tratto dal disco del 1979 “Slow Train Coming“, che fruttò a Dylan anche un Grammy Award nel 1980. Nella sua versione originale, il brano, connotato da un arrangiamento funky decisamente insolito per Dylan, parla di tematiche religiose. Il concetto è che, qualunque cosa ognuno decida di essere, una cosa è certa: occorre servire Dio o il diavolo. E’ curioso che De Gregori abbia scelto proprio questo brano, per il quale ha mantenuto la veste musicale originale. Il testo si apre con una variazione ‘geografica’: se Dylan canta
You may be an ambassador to England or France
You may like to gamble, you might like to dance
You may be the heavyweight champion of the world
You may be a socialite with a long string of pearls.
But you’re gonna have to serve somebody, yes indeed
You’re gonna have to serve somebody,
It may be the devil or it may be the Lord
But you’re gonna have to serve somebody.
De Gregori invece risponde così:
Puoi fare il diplomatico in Francia od in Spagna
puoi vivere per il gioco, o vivere per la danza,
puoi essere il peso massimo più forte che ci sia
puoi essere una gran signora in un abito di sartoria
Ma devi sempre servire qualcuno, sempre servire qualcuno,
forse sarà il dialvolo, forse sarà Dio, ma devi sempre servire qualcuno…
Il resto del testo è una traduzione piuttosto fedele, tranne qualche artificio usato per mantenere la rima (“puoi vestirti di seta, puoi vestirti di cotone / ti può piacerti il whisky, può piacerti il succo di limone“). Restiamo un po’ scettici sulla musicalità dell’inciso (“but you gonna have to serve somebody” è più corta di “devi sempre servire qualcuno“) ma nell’insieme il pezzo resta in mente. Curioso poi che, in corrispondenza di uno dei versi finali, il Principe canti “…puoi chiamarmi Ciccio, puoi chiamarmi Generale…”, un piccolo vezzo che rende il brano ancora più degregoriano.

Si prosegue con “Non dirle che non è così“, versione italiana di “If you see her, say hello“, un brano che già conosciamo essendo stato pubblicato nel 2007. Ballad delicata e malinconica, qui riproposta in un nuovo arrangiamento che però ne mantiene la componente acustica, con una pregevole prova al mandolino di Alessandro Valle, che mette un po’ di tristezza e per certi versi ricorda “Lontano lontano” di Tenco, pur non avendone la stessa potenza evocativa.
…Se mai la incontrerai
dalle un bacio da parte mia
ho sempre avuto rispetto per lei
per come se ne andata via
Se c’è un altro che le sta accanto
certamente non sarò io
a mettermi fra di loro
ci scommetto che non sarò io..
Nota è anche “Via della Povertà“, che De Gregori, insieme a Fabrizio De Andrè, elaborò nel 1974 dalla lunghissima (11 minuti) “Desolation Row“, inclusa da Dylan nel suo “Highway 61 Revisited“, esattamente mezzo secolo fa, nel 1965. A distanza di oltre un quarantennio, De Gregori cambia il testo, che nella sua versione originale conteneva addirittura i nomi di alcuni politici e personaggi del tempo, da Almirante a Leone, a Berlinguer, a Paolo VI, Agnelli e Montanelli. E’ la seconda volta che lo fa di un brano scritto con De Andrè: lo aveva già fatto con “Canzone per l’estate“, reincisa nel 2001 per “Amore nel pomeriggio“, dove però la riscrittura aveva riguardato solo alcune piccole porzioni del testo. Qui invece la ristesura testuale è più impegnativa, ma cambia anche l’arrangiamento. In omaggio al Dylan ‘elettrico’, il Principe reincide il brano con un marchio più rock, grazie al timbro di chitarra elettrica che lo attraversa per intero. L’atmosfera resta surreale, in un quadro che mescola personaggi veri e di fantasia, da Romeo a Cenerentola, ad Einstein, a Casanova, a Ezra Pound e Thomas Elliot, disegnando uno scenario grottesco, quello che nella versione condivisa con De Andrè, descriveva persone come tutti noi, nè mostri nè tantomeno eroi. Nell’insieme la resa è senz’altro valida. Proponiamo qui di seguito il nuovo testo di “Via della Povertà” versione 2015:
Il bagno turco in fondo al vicolo
è affollatissimo di marinai,
prova a chiedere a uno che ore sono
e ti risponderà: non l’ho saputo mai
Girano passaporti senza foto
e cartoline dell’impiccagione,
l’equilibrista e il commissario cieco
vanno a braccetto col prestigiatore,
e i reparti speciali sono pronti
il circo è già arrivato qui in città,
io e la mia signora ci affacciamo stasera
da Via della Povertà.
Cenerentola sembra così facile
ogni volta che sorride ti cattura,
è proprio tale e quale a Bette Davis
con i pollici infilati alla cintura.
Arriva Romeo sconsolato
e si lamenta: La mia donna sei tu,
ma qualcuno gli dice: Sei nel posto sbagliato,
non farti rivedere più!
e l’unico rumore che rimane
dopo che l’ambulanza se ne va,
è Cenerentola che lava la strada
in Via della Povertà.
Adesso si nasconde la luna
anche le stelle sono quasi nascoste
l’indovina che legge la fortuna
se ne sta andando con le sue riposte.
Ad eccezione di Abele e di Caino
e del gobbo di Notredame
sono tutti occupati a far l’amore
e aspettano la pioggia che verrà
e il Buon Samaritano
si sta cambiando
si mette in tiro per il gran galà
stasera si daranno un bel daffare
in via della Povertà…
Einstein con un cappuccio sulla testa
e i suoi diari dentro una cassetta
l’hanno visto passare appena adesso
insieme a un monaco dall’aria circospetta
era così terribile e innocente
quando ha preso e si è fermato qui
ad annusare i fanghi del torrente
e a recitare l’ABC…
e a vederlo tu non lo diresti mai
ma era famoso qualche tempo fa
come virtuoso del violino elettrico
in Via della Povertà…
Il dottor Lurido dietro la vetrina
nasconde gli angeli di un anno fa
conserva nella formalina
i suoi pazienti senza identità
L’infermiera che recita il Rosario
inginocchiata sulla scrivania
sta controllando le pastiglie del cianuro
nell’armadietto della farmacia
e per strada c’è parecchia confusione
stanno fischiando, puoi sentirli fin da qua,
se appena provi a fare un po’ attenzione
in Via della Povertà…
Ci si prepara per la grande festa
si inchiodano le tende alla parete
ecco il Fantasma dell’Opera
perfetto nel suo abito da prete
stanno imboccando con dolcezza Casanova
perché si goda la sua felicità,
prima di avvelenarlo di parole
e di ammazzarlo con la vanità,
ed il fantasma grida: Ragazze, vi ho avvertito,
andatevene via da qua!
Casanova sta per essere punito
in Via della Povertà.
A mezzanotte scatta il coprifuoco,
i poliziotti tornano al lavoro,
mettono le manette intorno ai polsi
di tutti quelli che ne sanno più di loro
I prigionieri vengono portati
uno per uno dentro l’officina,
dove la macchina del mal di cuore
gli viene stretta bene sulla schiena,
e i responsabili dell’assicurazione
fanno attenzione a che nessuno esca da qua
e scaricano bidoni di benzina
in Via della Povertà…
Sia lodato Nettuno imperatore,
il Titanic naviga tra i ghiacciai
arriva l’alba e i passeggeri gridano:
Dimmi da che parte stai!
Ezra Pound e Thomas Elliot
discutono sul ponte di comando,
suonatori di calypso li deridono,
la poppa si sta sollevando,
e le sirene affacciate alle loro finestre sul mare
vanno in giro con mimosa e lillà
e non ha più molto senso fermarsi e pensare
a Via della Povertà…
La tua lettera è arrivata proprio ieri
quando è mancata l’elettricità,
per favore, non essere ridicolo
non starmi a chiedere: Come va?
Questa gente di cui mi vai parlando
non ha carattere, non ha fisionomia,
ho dato a tutti quanti un’altra faccia
e ho usato nomi di fantasia
d’ora in avanti, ti prego, non insistere
comincio a leggere con difficoltà,
sempre che non mi mandi le tue lettere
da Via della Povertà…
“Come il giorno“, quinta traccia, è la cover di “I shall be released“, un brano del 1967 che Dylan regalò al suo gruppo The Band. Un brano gospel che parla di liberazione, di redenzione, e che quindi riprende le tematiche religiose care a Dylan. Per De Gregori si tratta di un recupero e di una trasformazione: recupero, perché la canzone è già stata incisa nel live “Mix” del 2003, trasformazione, perché la liberazione diventa quella sognata dal protagonista della canzone, un uomo che sta scontando una condanna in carcere e che pensa al proprio orizzonte fatto di una prossima libertà. Un brano molto bello, forse il migliore dell’intero disco, grazie anche a frasi molto ispirate:
E la mia luce intorno
è di innocenza e verità,
ogni giorno è il giorno, benedetto giorno,
che uscirò da qua…

“Mondo politico” è invece la versione degregoriana di “Political world“, del 1989 (tratto da “Oh mercy“), canzone il cui testo sembra non lasciare speranza a un’umanità preda di egoismi e di nefandezze, dove la saggezza è rinchiusa in prigione e dove la pace non trova più posto. Il sound è tirato, c’è da scommettere che il brano possa fare la sua parte nelle scalette dei prossimi live degregoriani. Unico limite, la sua troppa linearità, e una melodia che scorre identica per tre minuti e mezzo, senza picchi o variazioni, e senza un inciso che resti davvero in testa.
Viviamo in un mondo politico,
l’amore non ha che fare,
gli uomini assassinano gli uomini
e questo è il tempo e il crimine anonimo
viviamo in un mondo politico,
gli angeli cantano in coro,
senti come suonano l’Ave Maria,
le nuvole toccano il suolo…
Altri registri, più caldi, per “Non è ancora buio“, la corrispondente italiana di “Not dark yet“, incluso in “Time out of mind“, del 1998. Un brano crepuscolare e malinconico, di cui il Principe mantiene i colori in chiaroscuro.
…Cosa dovrebbe fregarmene
francamente non so,
e non è buio ancora,
ma lo sarà fra un po’…
Ho girato in lungo e in largo,
visto niente di speciale,
sono sceso lungo il fiume,
sono arrivato fino al mare
in un mondo di chiacchiere
una montagna di fumo
senza dover cercare niente
e negli occhi nessuno
e il peso che mi porto appresso
è l’unica ricchezza che ho
e non è buio ancora,
ma lo sarà tra un po’…
“Acido seminterrato“, ottava traccia, riporta a “Subterranean homesick blues“, del 1965, contenuto in “Bringing it all back home“. E’ uno dei classici di Dylan, un diluvio di parole in R&B che De Gregori riporta alle atmosfere di “Finestre rotte“, anch’esso dylaniano nella forma e nella sostanza.
Johnny è nel seminterrato,
cucina l’acido,
io per la strada in un angolo
controllo il traffico,
il poliziotto dentro al cappotto tossisce e grida, vuole la buonuscita
ragazzino cosa fai,
guarda che è sicuro che lo rifarai
scappa nel vicolo, scansa il pericolo,
nel parco uno con un cappello ridicolo
ti dà la mano, vuole qualcosa di strano…
Il brano non convince, anche per la non localizzazione – l’atmosfera resta chiaramente quella di un sobborgo Usa – e per la traduzione non eccessivamente calzante dal punto di vista dell’adattamento linguistico dell’italiano al sound originale. Resta un omaggio, un divertissment, ma nulla di più.
Si respirano invece echi di poesia su un letto rock in “Una serie di sogni“, versione italiana di “Series of dreams“, del 1989 ma esclusa da “Oh mercy” e recuperata poi in una serie di bootleg, che De Gregori ha già ‘regalato’ a Mimmo Locasciulli nel 1998. Nella nuova versione, con un nuovo testo, la ballad mantiene la veste esistenziale, e resta tra le migliori rivisitazioni degregioriane di Dylan, senz’altro da riscoprire:
Non cercavo chissà quali risposte,
non avevo grandi perplessità,
niente da dover dichiarare,
niente dogana, niente formalità…
Sogni che l’ombrello era chiuso
sul sentiero preparato per me,
e le carte sul tavolo non erano in gioco,
erano i segni di un’altra civiltà…
Decima traccia è “Tweedle Dum & Tweedle Dee“, cover di “Tweedle Dum & Tweedle Dee“, del 2001, inclusa in “Love and theft” (guarda caso, “Amore e furto“). Un coinvolgente blues elettrico – che candidiamo già per i live futuri – dal titolo apparentemente nonsense, che richiama due personaggi del romanzo di Lewis Carroll “Alice dietro lo specchio“. La coppia di nomi è stata usata in slang americano come qualcosa tipo “Scemo & Più Scemo“, e si rifà ai nomignoli usati per definire George W. Bush e Al Gore nella campagna elettorale per le presidenziali Usa del 2000. Anche nel testo, De Gregori resta fedele all’originale:
Tweedle Dum & Tweedle Dee
sgobbano al sole di mezzodì,
tirano sassi a un albero storto,
spargono polvere ed ossa di morto,
vivono al confine di Shangri-là
e prendono quello che Dio gli dà,
parlano poco, gli va bene così,
Tweedle Dum & Tweedle Dee…

A chiudere l’album, “Dignità“, cover di “Dignity“, anch’esso scritto nel 1989 ma non inserito in “Oh mercy“, e successivamente ripreso in diversi live. E’ una canzone asciutta e tirata, ma scritta con la lucida coerenza di un poeta. Diversi personaggi immaginati, ciascuno alla ricerca del senso della propria vita, su un tappeto sonoro arrangiato in acustica, che ben si adatta allo stile del cantautore, e che De Gregori sa far suo.
Il grasso si specchia in un filo di lama,
il magro in un avanzo di cena,
l’uomo senz’anima è un’anima in pena, in cerca di dignità,
il saggio la cerca in un filo del prato
il ragazzo nell’ombra di un riflesso passato
il pover’uomo in un vetro dorato
sogna la dignità…
Hanno ucciso qualcuno la notte a Natale,
la dignità è stata la prima a scappare,
io sono stato in giro, sono stato al mondo,
dentro la notte, a ritrovare il giorno…
Nell’insieme, con Amore e furto Francesco De Gregori confeziona qualcosa che non è un semplice disco di cover. Come ribadito più volte, è nostro parere che il Dylan degregorizzato sia molto più che l’omaggio di un artista a chi considera un suo maestro. E’ piuttosto un disco che raccoglie canzoni la cui matrice resta sì quella di mister Zimmermann, ma rielaborata e assorbita attraverso la lente di un poeta, un ragazzo di quasi sessantacinque anni che sa ancora emozionare. E farlo divertendosi non è da tutti, è solo da grandi, anzi da grandissimi.
AMORE E FURTO (De Gregori canta Dylan) – FRANCESCO DE GREGORI (Caravan/Sony Music)
1) Un angioletto come te (Sweetheart like you)
2) Servire qualcuno (Gotta serve somebody)
3) Non dirle che non è così (If you see her, say hello)
4) Via della Povertà (Desolation row)
5) Come il giorno (I shall be released)
6) Mondo politico (Political world)
7) Non è buio ancora (Not dark yet)
8) Acido seminterrato (Subterranean homesick blues)
9) Una serie di sogni (Series of dreams)
10) Tweedle Dum & Tweedle Dee (Tweedle Dee & Tweedle Dum)
11) Dignità (Dignity)
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…