Ryan Murphy torna con la quinta ed attesissima stagione di American Horror Story
American Horror Story è nata nel 2011 come serie horror antologica, seguendo ovvero un modello di fiction caratterizzato da stagioni aventi personaggi e trame completamente diversi tra loro, nelle quali erano però sempre presenti molti tra gli attori principali, una su tutti la strepitosa Jessica Lange (che ha purtroppo abbandonato per questa quinta stagione), a partire dalla seconda stagione sempre nei panni del personaggio principale femminile.
Una delle peculiarità di questa serie erano sicuramente i più o meno sottili collegamenti rintracciabili tra le diverse stagioni, e la caratteristica di essere a numeri alterni ambientate o ai giorni nostri (le serie dispari, la prima, terza e quinta) oppure nel passato (seconda e quarta stagione). Essendo senza dubbio una delle serie tv di maggior successo degli ultimi anni, le aspettative per questa stagione di American Horror Story erano (e sono tutt’ora) sicuramente altissime, specialmente se si considerano i vari alti e bassi che hanno sempre caratterizzato le produzioni precedenti, lasciando spesso insoddisfatti molti tra gli appassionati.
Tutto era iniziato con la “Murder House”, la casa degli omicidi che non dava pace a chiunque ci abitasse; una più che buona prima stagione, che purtroppo aveva un po’ scivolato sul finale, ma per il quale Murphy si era ampiamente fatto perdonare grazie ad “Asylum” (il manicomio), quasi da tutti riconosciuta come una delle migliori stagioni di AHS. La terza stagione, “Coven”, era incentrata sulle streghe, e forse proprio a causa di questa tematica era risultata più teen-drama che “horror story”, lasciando molti fan a bocca asciutta. E nulla di meglio aveva fatto “Freak Show”, partendo bene ma arrivando in una confusione di trame aperte e mai sviluppate a dovere, anzi spesso chiuse in modo piuttosto banale, ad un finale ancor più deludente.
Insomma, sembrava che progressivamente AHS stesse perdendo la sostanza di stranezze e misteri che l’avevano caratterizzata nelle prime due stagioni, e che cercasse di riempire puntando a stupire lo spettatore tramite numerose violenze, continui omicidi, litri di sangue e poco altro.
Proprio per questo ciò che ci si aspettava da “Hotel”, anche a causa delle dichiarazioni dei produttori, era un ritorno ai fasti del passato, la stagione più scandalosa e terrificante di sempre.
Il pilot dura 90 minuti, ed inizia mostrandoci una sempre ottima Kathy Bates alla reception dell’Hotel Cortez, in procinto di accogliere due giovani turiste svedesi appena arrivate.
Le atmosfere sono più che sinistre, e ben presto ci viene mostrato il folto gruppo di strambi, “weirdos” che abitano l’hotel; Sally (Sarah Paulson, già presente nelle precedenti serie) la tossicodipendente, “The Countess” (Lady Gaga), il singolare travestito Liz Taylor (Denis O’ Hare) e molteplici altre inquietanti presenze. Parallelamente vediamo invece John Lowe (Wes Bentley) chiamato ad indagare su di una serie di strani delitti, che lo portano proprio ad entrare in contatto con la “Room 64” dell’hotel, dentro la quale sembrano succedere cose terribili.
Nonostante la ricchezza di personaggi ed elementi, l’estetica estremamente curata che rende omaggio a molti capolavori passati e le impeccabili scelte di colonna sonora, “Hotel” non riesce in questa prima puntata a costruire una trama solida e ben definita, a fare da cornice al mistero, ad arrivare ad un punto concreto dal quale si possa poi partire per svelare, come succedeva nei pilot delle stagioni passate. Non si coglie dove Murphy voglia andare a parare; è sicuramente presto per dirlo in via definitiva, ma da una prima puntata ci si aspettava forse qualcosa di più. Specialmente per quanto riguarda le scene horror, che in passato erano sempre state molto forti ma motivate da una ragione; qui invece si susseguono dall’inizio alla fine senza filo conduttore, apparentemente mostrate come violenza fine a alla violenza stessa. Sembra che Murphy voglia lasciarci a bocca spalancata, che voglia disgustarci ad ogni costo; ma, come spesso accade quando si vuole esagerare, si rischia di scadere nella banalità, rendendo noioso anche ciò che dovrebbe rappresentare uno shock.