La cerimonia di chiusura del sessantottesimo festival di Cannes si era già aperta con un presentimento. Nessun avvistamento italiano sul red carpet. Brutto segno. Eppure, fino alla fine si è sperato fosse un semplice ritardo, tutta colpa di un imprevisto dell’ultimo momento. Del resto “Mia Madre” era piaciuto ai francesi, tanto che all’indomani della prima proiezione del film, il quotidiano “Le Monde” intitolava entusiasta “Habemus palmas” in riferimento alla vittoria certa dell’ultimo lavoro di Nanni Moretti. E invece niente. Le uniche presenza italiane sul red carpet sono state quelle di Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi, presenti alla serata nel ruolo di premiatrici. Un’edizione del Festival iniziata con i migliori auspici per la triade italiana ma che si conclude con un forte delusione. Allo stesso modo nessun premio è spettato agli attori (si sperava almeno in Michael Caine per “Youth – La giovinezza”).
Nulla di fatto, nessun riscatto per il cinema italiano. L’unica consolazione arriva dai dati del box office: 903 mila euro di incassi nella sola giornata di sabato per il film di Sorrentino e la posizione ancora alta in classifica de “Il racconto dei racconti” di Garrone, uscito da più di una settimana.
Ritornando al Festival, a trionfare sulle rive de La Croisette è stata proprio la Francia. Con grande sorpresa la Palma d’Oro è spettata a “Dheepan“, di Jacques Audiard. Il film, non troppo lodato dalla stampa internazionale è la storia di un ex soldato delle Tigri Tamil, che insieme a una donna e un bambino fugge dallo Sri Lanka per cercare una vita migliore a Parigi. Una pellicola piuttosto convenzionale, premiata a livello contenutistico più che formale. Un Festival che delude da questo punto di vista. Infatti, nonostante le promesse di un edizione all’insegna del cambiamento e della sperimentazione, la tendenza è stata piuttosto quella di una Cannes che imita gli Oscar e in cui a stravincere è il sociale.
Polemiche a parte, diamo un’occhiata alle altre scelte della giuria, tra cui spicca un riconoscimento per un’opera prima, “Son of Saul” del regista ungherese László Nemes, che si aggiudica il Grand Prix. Meritato il premio al miglior regista, il taiwanese Hou Hsiao-hsien con “The Assassin”.
Il premio della giuria spetta al controverso “The Lobster” di Yorgos Lanthimos. Il messicano Michel Franco si aggiudica il premio per la migliore sceneggiatura con “Chronic”. Per la sua interpretazione in “La loi du marché” di Stéphane Brizé, Vincent Lindon trionfa come miglior attore. Mentre è ex equo il premio per la miglior interpretazione femminile, spettata a Rooney Mara per “Carol” di Todd Haynes e Emmanuelle Bercot in «Mon roi» di Maïwenn.
Nel corso della cerimonia è stata poi assegnata la Palma d’Oro d’onore alla regista Agnès Varda, che offre il più bel discorso di ringraziamento, dedicando il premio a suo marito il regista Jacques Demy scomparso nel 1990.
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