Sanremo 1958: Domenico Modugno trionfa con "Nel blu dipinto di blu"
Sanremo 1958: Domenico Modugno trionfa con "Nel blu dipinto di blu"
Sanremo 1958: Domenico Modugno trionfa con “Nel blu dipinto di blu”, meglio nota come “Volare”

Nei primi di agosto 1994 mi trovavo a Londra per una vacanza-studio. La mattina del 7, vengo svegliato dalle note di una canzone, che provenivano dalla radio accesa in sala da pranzo. Era “Nel blu dipinto di blu”, un brano certo molto familiare per me, ma insolito per il contesto, anagrafico e soprattutto geografico, in cui mi trovavo. Avvicinandomi alla sala da pranzo per la colazione, trovo la signora inglese che mi ospitava che risponde al mio ‘good morning’ con un’aria mesta e malinconica. Da lei ho appreso della scomparsa di Domenico Modugno, o meglio ‘Modug-no’ come lo chiamava lei. Il Mimmo nazionale aveva esalato l’ultimo respiro nel pomeriggio del giorno precedente a Lampedusa, nella sua casa davanti alla spiaggia dei conigli, dove poche ore prima aveva aiutato alcuni volontari del WWF a mettere in mare una tartaruga. Aveva 66 anni, ma sembrava averne cento, per quella barba verdiana e quel passo incerto che lo accompagnava ormai da anni, dopo quell’ictus del 1984 che ne aveva minato la salute, ma non la tempra, orgogliosa, di uomo del Sud. La voce, poi, era sempre quella, forte, viva, unica. Mimmo voleva fare l’attore, e dell’attore conservò fino all’ultimo la presenza scenica, che trasferì nelle sue canzoni, le prime in dialetto, e poi in quell’italiano che – attraverso il “Volare, oh oh, cantare, oh oh oh oh” – divenne lingua internazionale nel 1958, con il trionfo sanremese di “Nel blu dipinto di blu”, scritta con Franco Migliacci che si era ispirato al quadro ‘Le coq rouge’ di Marc Chagall, e cantata al Festival con un debuttante assoluto come Johnny Dorelli. Anni dopo, al giornalista Vincenzo Mollica, Modugno raccontó così l’exploit della sua canzone negli USA:

« In una stazione radio del Michigan o dell’Indiana, chi si ricorda, arrivò un signore con il disco mio e lo mandò in onda: il giorno dopo si ebbero duemila telefonate di gente che voleva risentirlo. Lo rimandò in onda: il giorno appresso altre duemila telefonate. L’exploit di Volare nacque così. »

Un boom che coincide con quello economico: alla fine degli anni ’50 l’Italia e gli italiani riprendono a sorridere al mondo, e si riscoprono vitali e aperti al futuro. “Volare” diventa la loro canzone, il loro messaggio di benvenuto a un mondo che li accoglie a braccia aperte, e dove tutte le opportunità di rinascita sociale sono aperte e possibili. Uno scenario che probabilmente oggi suona incomprensibile e retorico, con la crisi a mordere sogni e speranze di chiunque. Ma che, in quegli anni, fu una ventata di rivoluzione, così come rivoluzionario fu quello spalancare le braccia di Modugno che il palcoscenico di Sanremo accolse come una liberazione.

Ma Modugno non era e non fu solo “Mister Volare”. Nato come cantastorie, raccontava di aver avuto la sua prima ispirazione da un carrettiere che percorreva la strada del suo paese, Polignano a Mare, vicino Bari. E cantastorie lo fu sempre, attratto da suoni e voci della sua terra, quel Sud (S. Pietro Vernotico, in provincia di Brindisi, dove si trasferì da Polignano e che lo vide crescere) ricco di pathos e di miseria in cui tuffarsi per raccontare, da cantautore ante-litteram, tragedie come quella dell’emigrazione (“Amara terra mia“, con testo di Enrica Bonaccorti) o addirittura immedesimandosi nei panni di una coppia di pesci spada e nella loro tragica fine (“Lu pisci spada“). Perfettamente ‘cantautorale’ è pure “Un uomo in frac“, del 1955, elegante e struggente, ispirata a un suicidio (quello del nobile Raimondo Lanza di Trabia) che all’epoca destó molto clamore.
Oltre a “Nel blu dipinto di blu”, Modugno deve il consolidamento del suo successo senza dubbio alla produzione cosiddetta ‘sentimentale’, con gli altri brani vincitori di Sanremo “Piove” (ancora in coppia con Johnny Dorelli, 1959), “Addio…addio” (con il suo ‘rivale’ Claudio Villa, 1962) e “Dio come ti amo” (con la giovanissima Gigliola Cinquetti, 1966), elenco a cui aggiungiamo di diritto capolavori come “Tu sì na cosa granne” (con cui vinse al Festival di Napoli nel 1964) e “Meraviglioso“, del 1968, splendido inno alla vita su testo di Riccardo Pazzaglia ispirato a “La vita è meravigliosa” di Frank Capra, brano che era stato addirittura scartato dalla giuria selezionatrice di Sanremo. Canzoni che contribuirono appunto a consolidare la popolarità di Modugno e a farne un vero e proprio monumento nazionale, da tutelare e di cui essere orgogliosi, pur perdonandogli qualche caduta di stile (“Piange il telefono” e “Il maestro di violino”, a metà anni ’70, entrano di diritto in questo contesto).

Interessato e curioso, ebbe modo di collaborare con Salvatore Quasimodo e Pier Paolo Pasolini. In particolare, l’incontro con Pasolini, alquanto vivace, è legato al cinema e testimoniato dalla partecipazione di Modugno che canta in modo surreale, su musica di Ennio Morricone, i titoli di coda di “Uccellacci e uccellini” del 1966, con Totò e Ninetto Davoli, e soprattutto dalla partecipazione di Modugno, in “Che cosa sono le nuvole?“, episodio di “Capriccio all’italiana”, ultimo film di Totò, del 1967. Qui, Modugno interpreta un operatore ecologico che canta mentre trasporta i “cadaveri” dei pupi della saga di Otello nella rilettura pasoliniana di un’umanità inerme di fronte alla stessa cattiveria umana. La canzone cantata è appunto “Che cosa sono le nuvole”, con testo di Pasolini liberamente ispirato all’Otello shakespeariano, e musica dello stesso Modugno.

Oltre al cinema, che lo aveva visto presente in piccole parti, perlopiù come “cantastorie” (celebre anche il suo cameo ne “Il diluvio universale” di Vittorio De Sica, film ingiustamente considerato minore) la recitazione lo coinvolse appieno nel teatro, grazie a ‘Scaramouche‘ del 1965 con Carla Gravina, ma soprattutto a ‘Rinaldo in campo‘, del 1961, forse lo spettacolo più visto di sempre in Italia, che ebbe Modugno protagonista con Delia Scala, Paolo Panelli e una coppia di giovani comici siciliani, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia.

Dallo spettacolo all’impegno sociale, il passo per Modugno fu breve. Portò infatti la sua dirompente personalità anche in politica, dall’attivismo con il Partito Socialista degli anni ’70 a quello con il Partito Radicale dei decenni successivi. Se con il PSI si spese nella campagna referendaria contro l’abrogazione del divorzio, e alla causa regalò un brano, “L’anniversario”, con i radicali di Pannella nel 1987 riuscì persino ad entrare in Parlamento, dove condusse battaglie civili di particolare rilevanza per la difesa dei diritti dei disabili.

Personalità di artista a tutto tondo, Domenico Modugno si può considerare un punto di riferimento fondamentale per la canzone italiana. Capace di unire la melodia all’espressività scenica, e lasciare forte l’impronta della propria schiettezza, non nascondendo mai la sua anima popolare, e non disdegnando mai il contatto con il pubblico. La sua influenza è palese ed evidente nella nostra musica: se Fabrizio De Andrè lo ha consacrato padre dei cantautori (“senza di lui non ci saremmo stati noi”) e Mina ha interpretato più volte le sue canzoni (da riascoltare “Sconcerto” del 2001, con 11 classici della sua discografia), le generazioni successive continuano a riprendere i suoi successi. I Negramaro hanno fatto di “Meraviglioso” un loro classico, mentre numerosi altri artisti italiani e stranieri lo omaggiano continuamente (tra le tante, recentemente Vanessa Paradis con “Tu si na cosa granne” per la colonna sonora di “American Gigolo” di John Turturro con Woody Allen) con cover che rivelano una modernità di linguaggio musicale non indifferente.

In chiusura, mi consento un ricollegamento a quel 7 agosto 1994, a Londra: arrivato al college, gli insegnanti decisero di omaggiare tutti i ragazzi italiani con una versione corale di “Volare”. Fu una grande festa, e in quell’occasione pensai che in Italia una cosa del genere, probabilmente, non sarebbe mai accaduta.

VIDEO: Domenico Modugno canta “Volare” all’Ed Sullivan’s Show, 1958

 

 

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...