A metà tra il saggio e il romanzo, Emanuele Trevi traccia il ritratto di Rocco Carbone e di Pia Pera 

Parlare di due amici che non ci sono più, raccontandone la vita attraverso i frammenti di esistenza vissuti e condivisi. E’ quello che si propone di fare Emanuele Trevi con “Due vite”, edito da Neri Pozza, alle prese con una forma letteraria a metà tra il saggio e il romanzo. Un lungo racconto intimo che dà ampio spazio al ricordo e che si abbandona a forme di tenerezza spontanea intime e preziose, nel descrivere un’amicizia lunga due decenni. Rocco Carbone e Pia Pera sono gli amici assenti di cui scrive Trevi: scrittori, intellettuali, amici dell’autore e amici tra loro, entrambi accomunati non solo da una morte giunta troppo presto, ma anche da una profonda sofferenza interiore che li rendeva distanti e profetici al tempo stesso. I nomi dei due protagonisti del libro forse non diranno molto a chi legge: Carbone, calabrese, dottorando alla Sorbona e romanziere prolifico quanto criptico, è scomparso nel 2008 per via di un incidente stradale, Pera, traduttrice di opere russe e scrittrice brillante, è mancata nel 2016 per una grave malattia.

Due vite” è prima di tutto un omaggio all’amicizia nella sua forma più antica, sacrale e profonda. Un amico non è solo la persona con cui si dividono alcuni momenti dell’esistenza. E’, a volte, raramente forse ma miracolosamente, anche, la persona che ci conosce di più, che non ci loda per puro tornaconto, ma ci dice le cose in faccia perché ci vuole bene. E’ la persona, aggiungeremmo, con cui dividere la propria solitudine in assenza di legami vincolanti, che sa di mettersi in gioco ma lo fa pur conoscendone i rischi, e sapendo anche che, se non lo facesse, non sarebbe un amico vero.    

Trevi con Pia Pera in una foto del 1989 scattata da Rocco Carbone

Trevi riesce in un piccolo miracolo letterario, offrendo in poche centinaia di pagine uno spaccato di esistenze dalle quali traspare una continua ricerca della felicità, una sfida che definiremmo ossessiva verso un’esistenza non semplice, quasi con il presentimento che sarebbe stata destinata a durare troppo poco. Da parte dell’autore c’è spazio per il rimpianto, certo, per non aver vissuto appieno il tempo insieme ai due amici scomparsi. Un sentimento che, naturalmente, si trasferisce al lettore, perlopiù ignaro delle due esistenze, suscitando in lui la curiosità di approfondire, di conoscere, di scoprire.

Rocco Carbone

 

Da un lato un talento, quello di Rocco Carbone, cupo, ombroso, testardo e sanguigno (“una perizia geologica”, lo definisce Trevi), perennemente in conflitto con le proprie Furie. Dall’altro, quello più solare di Pia, toscana quasi una signorina inglese d’altri tempi, elegante e affascinante, in solare simbiosi con la terra e la natura. Un rapporto, quello dei due scrittori con l’autore, attraversato da momenti di intensità e da clamorose lontananze, ma mai interrotto né cancellato, nonostante gli eventi tristi della caducità umana. 

Il libro racconta l’illusione magica dell’eternità vissuta attraverso l’amicizia, il sentimento più nobile e forse anche quello più bistrattato nella socialità moderna. Una confessione a cuore aperto, un’elegia in forma di prosa è quella che Trevi compie con il lettore, al quale affida i propri ricordi da custodire gelosamente per preservare l’oblio e vincere, una volta per tutte, il tempo. Premio Strega meritatissimo. 

Emanuele Trevi, Due vite, Neri Pozza, 2021, 128 pag.

 

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...