Il 21 di marzo del 1920 nasceva a Parigi Jean Marie Maurice Schérer, artista poliedrico nel campo della settima arte: è stato regista, scrittore e critico cinematografico. Passato alla storia con il nome di Eric Rohmer, ha regalato al cinema francese alcuni capolavori contribuito a creare quel movimento chiamato Nouvelle Vague di cui è stato esponente silenzioso. In più di quaranta anni di carriera, Rohmer ha raccontato le profondità dell’animo umano con una grazia e uno spessore difficilmente riscontrabili in un cineasta della metà del secolo scorso. Arcigno sostenitore della libertà dell’artista, era solito curare in maniera perfetta ogni fase della produzione non accettando alcun diktat da produttori ed esigenze di mercato. Le sue parole riguardo all’indipendenza dell’artista si possono facilmente desumere dalle pochissime interviste rilasciate durante la carriera. Il suo obiettivo dichiarato è stato “essere autore a tutti gli effetti della propria opera”. Durante questo periodo di quarantena forzata ricorre l’anniversario della nascita di un artista che andrebbe approfondito, se non in tutta la sua filmografia, in quelli che sono stati i lavori cardine. Paragonato alla pittura impressionista, Rohmer passa alla regia dopo un inizio come redattore su I chaiers du cinéma di cui è stato tra i fondatori. Ambientalista convinto e cattolico, ha incarnato perfettamente la natura dell’arte sottraendosi a qualsiasi tipo di mondanità limitando a pensare se stesso un lavoratore come tutti gli altri. In una produzione così imponente è il caso di stilare una piccola classifica d’importanza per avvicinarsi, in questi pomeriggi d’incertezza, a un autore che trasmette speranza. 

1. Il raggio verde 

Il film è una commedia a episodi ambientata durante un’estate. Delphine rompe la sua relazione sentimentale ai primi di luglio e si lascia trascinare per tutto il mese da inviti improvvisati. Tra amiche ed ex amanti, la donna scoprirà qualcosa riguardo a se stessa. Una storia di umanità raccontata con garbo, malinconia e sorrisi.

 

2. La nobildonna e il duca 

Straordinario dramma storico, narra le vicende dell’aristocrazia francese nel post rivoluzione. In un arco temporale che va dal 1790 al 1793, storie di uomini e donne obbligati a reinventare una vita senza privilegi, e sullo sfondo i principali avvenimenti storici di fine diciottesimo secolo. Straordinario esempio di come il cinema possa elevarsi a un’opera d’arte totale. Sceneggiatura sagacie e fotografia che ricorda una vera e propria mostra d’arte. 

3. Pauline alla spiaggia 

Film dall’impianto teatrale, segue le vicende di un gruppo di donne alle prese con sentimenti e incertezze. Una quindicenne si affaccia alla vita accompagnata da una trentenne delusa ma ancora speranzosa. Grazia e intelletto pervadono la narrazione fatta di personaggi maschili poco positivi e signore che provano, loro malgrado, a far coesistere i dubbi che ogni affetto porta con sé.  Il risultato è un esempio di cinema lieve e in grado di farsi apprezzare per i dialoghi attenti e carichi di significato. 

4. Incontri a Parigi 

Commedia sentimentale, segue le vicende di alcuni giovani che vivono le loro storie d’amore nella capitale francese. La particolarità del film è questa stretta attenzione ad alcuni luoghi culto della città in cui i ragazzi vivono le loro giornate. Tra le esplosioni di passione e alcuni dubbi, il regista incanta con una narrazione lieve, permettendo allo spettatore di identificarsi con gli attori. 

5. Racconto d’inverno, Racconto di primavera, Racconto d’autunno, Racconto d’estate 

La serie delle stagioni composta di quattro film è un esempio di come Rohmer fosse in grado non solo di raccontare perfettamente l’animo umano ma di come fosse capace di cambiare i suoi personaggi e il loro modo di interagire secondo le stagioni. Divisa in quattro episodi, segue in maniera eccellente la vita di personaggi irrisolti. Alternando ironia a momenti drammatici, il regista traccia un arco temporale usando come pretesto lo scorrere di mesi. I personaggi cambiano nei quattro capitoli, peculiarità e illusioni rimangono medesime. 

 

 

 

Di Paolo Quaglia

Nasce a Milano qualche anno fa. Usa la scrittura come antidoto alla sua misantropia, con risultati alterni. Ama l’onestà intellettuale sopra ogni altra cosa, anche se non sempre riesce a praticarla.