Daniele Russo veste egregiamente i panni dell’antieroe gotico di Robert Louis Stevenson nell’adattamento diretto da Sergio Rubini visto al Rendano di Cosenza per la rassegna “L’altro Teatro”. 

Sin dalle proprie origini, la letteratura ha provato a interrogarsi spesso sull’essenza della natura umana. Ne sono scaturite opere diverse e variegate, alcune delle quali di rilevanza mondiale, contenenti moltissime risposte e altrettante domande, che hanno confermato la complessità di un tema sul quale la discussione e il confronto non mancano ancora oggi. Una delle espressioni più importanti e famose di questo percorso è senz’altro rappresentata da “Lo strano caso del Dottor Jekyll e del Signor Hyde”, il celebre racconto gotico che Robert Louis Stevenson pubblicò nel 1886, tre anni dopo l’uscita del romanzo “L’isola del tesoro” che sin dall’inizio gli aveva regalato una certa popolarità. Nell’opera, ambientata a Londra, che vede scontrarsi due figure, come Jekyll e Hyde, estremamente lontane l’una dall’altra ma in realtà più vicine di quanto si possa pensare, Stevenson affronta il tema della doppiezza umana, conducendo il lettore su un percorso di indagine psicologica estremamente arduo, che pone diversi interrogativi di natura etica su ciò che è giusto e su cosa è sbagliato e getta un preoccupante interrogativo circa la labilità del confine tra bene e male, quel filo sottilissimo che attraversa la psiche umana con terribile precarietà.

Il caso Jekyll” è un interessante adattamento teatrale del capolavoro stevensoniano. La drammaturgia, una produzione Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini, MARCHE TEATRO, Teatro Stabile di Bolzano il cui adattamento è stato curato da Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini, che ha firmato anche la regia, è andata in scena Martedì 7 Maggio scorso al Teatro Rendano di Cosenza, ultimo appuntamento di stagione in cartellone per la rassegna “L’Altro Teatro”, curata da Gianluigi Fabiano e Giuseppe Citrigno e supportata dall’amministrazione comunale bruzia. 

Rubini è salito sul palco nelle doppie vesti di narratore e del dottor Hastie Lanyon, che nella storia, insieme all’avvocato Gabriel John Utterson (di cui ha vestito i panni Geno Diana), è uno degli amici più vicini a Henry Jekyll, interpretato da Daniele RussoJekyll, gentiluomo londinese, una persona mite e dal carattere estremamente riservato, è un affermato studioso della mente umana. Le sue ricerche lo portano a decifrare le cause della malattia mentale come conflitti irrisolti tra l’io e la sua parte oscura, l’inconscio o quella che Jekyll stesso ama definire l’Ombra, entità secondo lui da non reprimere per evitare conseguenze disastrose ma, anzi, da accogliere in modo costruttivo, considerandolo a tutti gli effetti un altro sé da cui poter trarre addirittura spunto per dare spazio alla creatività e al piacere. Gli studi sembrano coinvolgere sempre di più Jekyll, soprattutto dopo la scomparsa dell’adorata moglie, e questo pare coincidere con l’improvvisa presenza nella sua vita di un losco figuro, Edward Hyde, verso cui lo studioso sembra nutrire un sentimento a metà tra la protezione e la soggezione. Fin qui la descrizione del contesto in cui si svolge la vicenda, che nella trasposizione di Cavalluzzi e Rubini resta fedele all’originale. Il palcoscenico diventa così la Londra grigia di fine Ottocento, sorvolata dai gabbiani e resa fumosa dalla fuliggine, e restituisce alla perfezione quel gioco perverso che porta lo spettatore a immedesimarsi nel personaggio di Utterson, colui che più di tutti desidera indagare e che giungerà a fare piena luce nelle perversioni che hanno colpito Jekyll. Da narratore, Rubini resta sullo sfondo, affiorando con la propria descrizione dettagliata e con il proprio leggìo che, come la linea temporale su cui la storia viaggia ripetutamente attraverso il ricorso al flashback, si sposta dinamicamente sulla scena invitando la platea ad addentrarsi nella vicenda.

Ne deriva un incastro perfetto, che appassiona e incuriosisce, e nel quale giganteggia (e non è un eufemismo) la recitazione di Daniele Russo, vera anima da palcoscenico nell’incarnare l’ambivalenza bene-male che il personaggio di Jekyll/Hyde porta inevitabilmente con sé. Su elevati livelli qualitativi anche gli altri attori, Gero Diana, Roberto Salemi, Angelo Zampieri e Alessia Santalucia, la cui resa scenica regala ritmo all’opera e rivela tempi di recitazione ben sincronizzati, quasi da copione cinematografico, indicatori della fortissima intesa tra tutti i membri del cast. La scelta di copione di rinunciare ad artifici spettacolari che potessero prestare il fianco alle soluzioni in stile fantasy sposate da Stevenson nell’originale, dove Hyde compare a seguito della pozione ingurgitata da Jekyll che lo trasforma in belva violenta, si rivela poi alquanto premiante. Ciò perché la linea psicologica (oseremmo dire, freudiana) che indaga sulla psiche del protagonista risulta anche quella più avvincente e capace di attirare l’attenzione dello spettatore, incuriosito da una storia sicuramente nota, ma forse mai approfondita a sufficienza. Soddisfacente il gioco di luci attraverso cui l’oscuro della storia diventa anche espressione di uno scenario che è volutamente cupo e nascosto. Si ha l’impressione che la regia indugi su un binario nel quale si voglia andare oltre lo scontato impianto accusatorio verso Hyde, metafora della cattiveria fine a se stessa, della violenza barbarica, della laidità corruttiva con la quale agisce soggiogando le proprie vittime e tenendo testa a chi, come Utterson, osa affrontarlo. Piuttosto, mediante ciò che attraverso la drammaturgia viene evocato, lo spettatore viene invitato a riflettere sulla naturale doppiezza dell’animo umano, votato al bene per vocazione ma tentato da tranelli che l’egoismo e lo spirito di onnipotenza sono pronti a tendergli sulla sua strada. E alla fine gli applausi a scena aperta, in un teatro gremito, giungono più che meritati, a corollario di una rassegna teatrale che ha regalato a Cosenza delle prove recitative di livello. 

IL CASO JEKYLL
Tratto da Robert Louis Stevenson
adattamento Carla Cavalluzzi e Sergio Rubini
regia  Sergio Rubini
con Sergio Rubini e Daniele Russo
e con
Geno Diana
Roberto Salemi
Angelo Zampieri
Alessia Santalucia

scene Gregorio Botta
scenografa Lucia Imperato
costumi Chiara Aversano
disegno luci Salvatore Palladino
progetto sonoro Alessio Foglia

foto di scena di Flavia Tartaglia

produzione Fondazione Teatro Di Napoli – Teatro Bellini, MARCHE TEATRO, Teatro Stabile di Bolzano

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...