Il primo ricordo che ho di un terremoto è televisivo. Maggio 1976, avevo poco più di quattro anni, quando il bianco e nero della tv mi fece conoscere un nome, Gemona. E uno sciacallo inquieto e imprevedibile, che colpisce senza preavviso, e che lascia dietro di sé una scia di morte. Più avanti avrei capito che il dolore che quelle immagini in bianco e nero rendevano quasi più nascosto e intimo sarebbe stato sovrapponibile a quello dei fratelli irpini, quattro anni dopo, in quel 1980 che già, da residente in una delle zone a più elevato rischio sismico d’Italia, aveva visto in me ancora bambino lo sciacallo manifestarsi e generare paura in una notte di martedì grasso. E poi, via via, negli anni, altro dolore, lungo lo stivale oltre che in altre zone del globo, in un rosario centellinato goccia dopo goccia, lacrima dopo lacrima, immagine dopo immagine. E la consapevolezza di un terrore latente e onnipresente, che si fa strada ogni volta che attraverso la precarietà di quel presepe a cielo aperto che è il centro storico di Cosenza, bellissimo e inerme.
Da grande, quando già l’euro aveva fatto la sua comparsa nei nostri portafogli, fu una pugnalata al cuore vedere da vicino le baraccopoli a Potenza, immaginando che lì dentro vivessero bambini nati senza aver avuto ancora l’idea di una casa. E mi ricordai della rabbia di Pertini, che in diretta tv in quel triste autunno del 1980 aveva denunciato il ritardo della macchina dei soccorsi, ignaro che il peggio sarebbe dovuto ancora arrivare, con chi, rappresentante dello stato tronfio nel suo doppiopetto, avrebbe parlato ai poveri sfollati aquilani come di una vacanza estiva nei camper. E poi tante, troppe parole, per una burocrazia sempre in ritardo rispetto alle reali esigenze dei cittadini e mai realmente allineata con il cuore degli italiani. Quel cuore immenso che, come ieri a Gemona, in Irpinia, Assisi o L’Aquila, anche oggi ad Amatrice e nei centri colpiti ancora una volta dallo sciacallo, si manifesta con spontaneità e gratuità. Vigili del fuoco, polizia, carabinieri, organizzazioni religiose e laiche e tanti, tantissimi volontari, che si attivano continuamente e vanno oltre quel chiacchiericcio polemico che purtroppo non manca mai. Quel cuore grande che batte per ridare coraggio a chi ha perso tutto, tranne la dignità.

Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…