Tutta la vita a far suonare un pianoforte, quella di Lucio Dalla da Bologna, sicuramente prolifico e geniale, e soprattutto mai uguale a se stesso in ciò che ha prodotto in quasi 50 anni di carriera discografica. Tante sue facce in questi decenni, dal Lucio cantautore, mai appesantito da ticket eccessivamente politicizzati, al Lucio romantico, mai ancorato a stereotipi mielosi “amore-cuore”. E ancora, dal Lucio musicista, con una formazione da autodidatta che non gli ha impedito di eccellere al piano e al clarinetto, al Lucio bizzarro, con l’ironia con cui condiva ogni suo intervento. Lucio anticonformista, capace di diventare un’icona pop nonostante l’aspetto estetico non proprio eccelso, e Lucio cantante, con una voce imperiosa e titanica, che strideva con la propria fisicità. E soprattutto Lucio dinamico, innovativo fino all’ultimo, mai fuori tempo, capace di essere moderno senza essere “alla moda”, con risultati a volte geniali, a volte discutibili, ma mai ripetitivi.
Mai geloso del proprio talento, Dalla non ha avuto timore di contaminazioni artistiche, passando dalle sperimentazioni scat degli esordi alla popolarità sanremese di “4 marzo 1943” e “Piazza Grande”, dalla prolifica collaborazione con il poeta Roberto Roversi a quelle, più popolari, con Francesco De Gregori, Ron, Gianni Morandi e gli Stadio, ai concerti con Luciano Pavarotti e Gigi D’Alessio, dalle scritture operistiche (“Tosca”) fino all’ultima comparsata sanremese, nel 2012, pochi giorni prima di morire, con il giovane Pierdavide Carone.
Il suo periodo d’oro? Certamente quello tra il 1977 e il 1980. Prima “Com’è profondo il mare“, che consegnò un Dalla cantautore a tutto tondo, smarcato dalla poetica militante di Roversi e pienamente innovativo e visionario, capace di difendere, in un periodo di omologazioni pericolose, il pensiero tout court. Poi due dischi capolavoro (“Lucio Dalla” e “Dalla”) con brani come “L’ultima luna”, “Stella di mare”, “Anna e Marco”, “L’anno che verrà”, “Balla balla ballerino”, “Futura”, “Cara”, capaci di raccontare mirabilmente sentimenti, paure e sogni di quegli anni e in grado di mantenersi freschi e moderni ancora oggi. E in mezzo, lo straordinario tour con Francesco De Gregori, documentato dal live “Banana Republic“.
E poi ancora, la popolarità immensa di “Caruso”, struggente, bellissima e melodrammatica da sembrare scritta cent’anni prima, e le meno facili “Anidride solforosa”, “Henna”, “Comunista”, reinserita nello stesso disco di “Attenti al lupo”, quasi a bilanciarne l’eccessiva commercialità.
Lucio Dalla è stato questo e molto altro, e sicuramente merita un posto di rilievo nel panorama culturale italiano, come chi, da vero artista, ha dato una svolta significativa al rinnovamento del linguaggio e della poetica musicale. Tra le sue composizioni, numerose quelle che resteranno nella memoria collettiva, a omaggiarne il ricordo.
“…a modo mio, quello che sono l’ho voluto io…”
QUALE ALLEGRIA (Live 1978)
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…