Nostra intervista a Valeria Raimondi e Enrico Castellani, alla vigilia del debutto in prima nazionale del loro spettacolo ‘Pedigree’ a ‘Primavera dei Teatri’ 2017
La famiglia di un giovane uomo è composta da due madri, un padre donatore e cinque fratelli di sperma sparsi per il mondo. E’ questa la base da cui prende piede il vulnus narrativo di Pedigree, grottesca ma intelligente trasposizione scenica di un testo immaginato per il teatro da Valeria Raimondi ed Enrico Castellani, anima e cuore di Babilonia Teatri, tra le realtà più interessanti della scena contemporanea. Pedigree è uno tra i fiori all’occhiello di Primavera dei Teatri, la rassegna promossa da Scena Verticale, che a Castrovillari (CS) dà spazio ai nuovi linguaggi della drammaturgia contemporanea. L’opera di Raimondi e Castellani, che vuole raccontare una realtà in cui è pretestuoso tracciare confini e linee di demarcazione, andrà in scena giovedì 1 giugno alle 19 presso la Sala Consiliare del Palazzo di Città del centro ai piedi del Pollino. Alla vigilia dello spettacolo, abbiamo incontrato Valeria Raimondi e Enrico Castellani.
Da dove nasce la necessità di raccontare una storia come quella narrata in Pedigree?
Pedigree inizialmente nasce su provocazione di Rodolfo di Giammarco, che ci ha invitati lo scorso anno a Garofano Verde, rassegna di teatro omosessuale da lui curata.
Siamo partiti da questa sollecitazione e abbiamo deciso di affrontare il tema in modo laterale. Ci siamo posti alcune domande che riguardano il tema dell’identità e abbiamo immaginato degli scenari possibili, portandoli alle loro estreme conseguenze.
Leggendo la sinossi dello spettacolo vengono in mente quegli slogan del tipo “Prima gli italiani” tanto in voga presso una certa classe politica impegnata a difendere presunti diritti di appartenenza, che trovano poi eco nelle parole pronunciate dal presidente americano Trump nel corso della sua campagna elettorale. Il teatro e la cultura in genere possono contribuire ad allargare le menti e a far cambiare le prospettive?
Crediamo che il teatro abbia il compito di interrogarsi sul presente e di farlo con forza e coerenza, senza retorica e senza sconti. Riteniamo non sia nostro compito proporre soluzioni, ma sollevare domande ed eventualmente anche inquietudini. Solo se a fine spettacolo chi esce dalla sala avrà necessità di discutere e si porterà a casa i dubbi, che sono anche nostri, allora il nostro lavoro continuerà ad avere senso.
Avete in programma di rappresentare Pedigree nelle scuole?
Al momento non abbiamo in programma rappresentazioni scolastiche. Quello delle scuole è un mondo e un circuito parallelo con cui generalmente non abbiamo rapporti. Sarebbe sicuramente interessante trattare le questioni che Pedigree pone coi ragazzi, ma sinceramente crediamo sarà difficile che questo accada.
Perché la scelta di accompagnare la rappresentazione con le musiche di Elvis?
Elvis è venuto a bussarci. Si è presentato prima davanti alla porta di casa e poi ce lo siamo ritrovati sul palco. Ha affermato senza mezze misure che era lui il nostro uomo per Pedigree ed effettivamente aveva ragione.
Quali sono i vostri progetti futuri?
In questo periodo stiamo lavorando da una parte a Paradiso, con cui chiuderemo la nostra personale trilogia dantesca e che debutterà quest’autunno a Romaeuropa, e dall’altra lavoriamo a uno spettacolo per bambini che racconta attraverso una fiaba contemporanea la crescita di due fratelli.
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Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…