Il film che ha reso Julia Roberts una star è una favola spogliata dal peso della perfezione, frutto di un incontro casuale e simbolo di un riscatto sociale che fino ad allora era stato solo agognato.
Pretty woman è un film del 1990 diretto da Garry Marshall, nato come un esperimento da 14.000.000 dollari e diventato un film cult nella tradizione Hollywoodiana, incassando una cifra di gran lunga più cospicua. In origine, la sceneggiatura era particolarmente cruenta e piuttosto tragica ma la fabbrica dei sogni targata Disney ha deciso di acquistarla e rielaborarla secondo i propri canoni.
“Tremila dollari” era il titolo originario del film, nonché la cifra che un ricco uomo d’affari promette di pagare alla giovane passeggiatrice Vivian Ward per tenergli compagnia durante tre intere giornate in un hotel di lusso. Dopo averla incontrata al bordo del suo marciapiede di fiducia, decide di farla salire a bordo della sua vita debordante di privilegi e arida di vere scintille.
E pensare che Richard Gere era scettico ad accettare la parte del coprotagonista Edward Lewis e avrebbe probabilmente rifiutato il ruolo mentre era al telefono con la Disney, ma una giovane intraprendente Julia Roberts era davanti a lui proprio in quel momento e gli passò un biglietto tra le mani con su scritto: “Ti prego, dì di sì”. Non sapremo mai con esattezza se sia stato il bigliettino da lui definito “molto carino” o l’ingente somma offerta all’attore dalla Disney, ma sta di fatto che lui accettò e nacque una nuova vincente coppia da schermo, destinata a collaborare nuovamente in futuro.
L’evoluzione dei protagonisti è opposta ma cammina in parallelo: Vivian abbandona i suoi indumenti da pantera e il finto caschetto nero per far respirare i suoi lunghi capelli ondulati e vestire color pastello. E con l’aiuto del pimpante direttore d’albergo e suo nuovo amico Barney, alias il mitico Héctor Elizondo, impara la funzione di ogni posata nei ristoranti bon ton e tutte le buone maniere necessarie per uscire con Richard.
Vivere questa realtà parallela alla sua familiare Hollywood Boulevard, la porta a guardare un’altra possibile versione di se stessa, non impassibile alle attenzioni, perfettamente a suo agio nell’eleganza dei tessuti della haute couture e sensibile alle note della Traviata a Teatro.
Richard è troppo occupato a tenerla vicina essendo sicuro di saperla lasciar andare in seguito, per accorgersi che attraverso di lei, anche a lui è stata servita la possibilità di un lieto fine, di una prospettiva alternativa e di gran lunga più appagante. Inizia a dubitare della sua freddezza da finanziatore incallito improntata esclusivamente sull’etica del guadagno e decide di rispolverare altri suoi valori arrugginiti da tempo.
L’inaspettata classe di Vivian nel valicare le scale gerarchiche della buona società si rivela un processo piuttosto naturale per una ragazza che comprende presto di meritare ogni tessuto costoso, ogni portata gourmet e l’attenzione completa di quel principe azzurro che sognava da piccola.
Una vita che non sfiguri con le sue più alte aspettative, questa diventa la sua imprescindibile condizione per prolungare la sua favola e declinarla in una vita autentica. Ed è questo il riflesso della sua parabola ascendente: da un lavoro barcollante che non aveva mai scelto e mai denigrato, inizia a tifare per se stessa, adoperarsi a pieno per il suo riscatto e abbandonare qualsiasi possibilità di guardarsi indietro. E sebbene sia nel mezzo di una lotta tra ragione e desiderio, anche l’uomo più razionale del mondo viene trasportato in cima alla sua scala.
Oltre ad aver ottenuto varie nomination nelle cerimonie cinematografiche più importanti, la pellicola è molto nota per la sua travolgente colonna sonora, in particolar modo per la canzone “Oh, Pretty Woman” di Roy Orbison risalente al 1964, da cui il film ha ereditato il titolo. E se nel 1990 Pretty Woman si rivelò un successo di pubblico, da quell’istante in poi è diventato un’incantevole commedia iconica.
PRETTY WOMAN (Usa, 1990, Commedia, 117′) Regia di Garry Marshall. Con Julia Roberts, Richard Gere, Ralph Bellamy, Laura San Giacomo, Jason Alexander, Hector Elizondo, Stacy Keach Sr., Alex Hyde-White, Michael Bates, Larry Miller, Dey Young, John David Carson, Amy Yasbeck, Hank Azaria, Kathleen Marshall, Abdul Salaam El Razzac, Tom Nolan, Lloyd Nelson, Frank Campanella, Judith Baldwin, Lucinda Crosby, Nancy Locke, Larry Hankin, Patrick Richwood, Jeff Michalski, Elinor Donahue, Al Sapienza, Daniel Bardol, James Patrick Stuart, Lynda Goodfriend, Robyn Peterson, Bill Applebaum, Rodney Kageyama, Harvey Keenan, Julie Paris, Steve Restivo, Carol Williard, Allan Kent, Michael French, Karin Calabro, Mariann Aalda, Jason Randal, Tracy Bjork, Gary Greene, Rhonda Hansome, Marty Nadler, Reed Anthony, Jacqueline Woolsey, Cheri Caspari, Laurelle Brooks, Don Feldstein, Marvin Braverman, Lloyd T. Williams, R. Darrell Hunter, Valerie Armstrong, Douglas Stitzel, Shane Ross, Minda Burr, R.C. Everbeck, Calvin Remsberg, Norman Large, Tracy Keiner, Bruce Eckstut, Amzie Strickland, Scott Marshall, Billy Gallo, James Patrick Dunne. Disney.

Appassionata di cinema, teatro e letteratura, ha studiato a fondo Christian Metz e la semiologia nella settima arte. Ha sempre una penna con sé e porta la sua travolgente curiosità in giro per l’Europa