Nel nuovo romanzo, edito da Feltrinelli, il protagonista affronta un viaggio a ritroso per riannodare i fili emotivi slegati dal tempo.
Qualcuno amava dire che la memoria è un luogo magnifico e crudele. Non si può non essere d’accordo. Grazie alla memoria possiamo richiamare all’infinito il nostro passato, fatto di volti, odori, sensazioni, emozioni, persone che non possiamo avere con noi nel presente. E questa è la crudeltà che il gioco dolce e mieloso della memoria ci regala. Chi o cosa ci ha lasciato non tornerà mai più. Ma forse c’è un modo per provare a riannodare i fili che il tempo ha slegato. Ne sembra convinto Mauro Barbi, che di professione fa lo storico, e che improvvisamente ha deciso di ripiombare nel presente di persone che lo avevano abbandonato e dalle quali si era staccato, vittime in entrambi i casi di relazioni interrotte dalla caducità del tempo, dalla casualità, da intrecci e combinazioni che non avevano trovato più ragion d’essere. Barbi è il protagonista di “Romanzo senza umani”, nel quale Paolo Di Paolo dà sfoggio della sua ars narrativa esplorando le retrovie dell’animo umano, alle prese con catastrofi emotive dalle quali il personaggio cerca di emergere sfidando il destino della propria vita, ma non solo. Nella titanica impresa che l’uomo carica sulle proprie spalle, in uno scenario reso ancora più apocalittico dal panorama che ha davanti, quello del lago tedesco di Costanza, che ha conosciuto una stagione di congelamento tra il 1572 e il 1573 e che oggi è divenuta la meta del suo lavoro, Barbi prova a interrogarsi sul senso di rapporti umani che sembrano ormai aver perso ogni consistenza, chiedendosi che fine abbiano fatto persone con le quali ha condiviso un tratto del proprio cammino di vita. Una missione impossibile, come riparare ai disastri climatici che hanno attraversato le vite di chiunque proprio come se si trattasse di un pianeta in balìa degli eventi. Catastrofi imprevedibili che certificano la debolezza di una creatura fragile come qualsiasi sistema ambientale che si trovi a fronteggiare un pericolo imprevisto, un acquazzone tropicale, una gelata inattesa, un’estate dall’afa opprimente.
Il romanzo, edito da Feltrinelli, lascia il lettore stordito, e lo chiama inevitabilmente a interrogarsi sul senso della propria esistenza e su cosa sia accaduto alle persone del proprio passato. Lo stordimento è però benefico, nel senso che agevola in chi legge una riflessione sulla propria esistenza, sugli incontri solo apparentemente fugaci e su ciò che inevitabilmente hanno lasciato sulla pelle e nella mente, oltre che nel cuore di ciascuno. Ancora una volta, Paolo Di Paolo riesce a catturarci, attraverso la storia emotivamente inquieta di uomo del proprio tempo, Mauro Barbi, nel disperato tentativo di riannodare i fili di una memoria condivisa destinata inevitabilmente a sgretolarsi. E così Fiore, Arno, la ragazza belga di Madrid, il vecchio Cardolini, Meri, diventano espressioni e volti che il protagonista tenta di riportare nella propria vita (e lui nella loro) come se si giungesse a un ipotetico risveglio dopo secoli di ibernazione. E il tentativo del protagonista, che ai più potrà sembrare puerile, restituisce tutto il senso di quel passato remoto confinato nei meandri della memoria, che riemerge con tutto il proprio ingombrante fardello di recriminazioni, rimorsi, nostalgie, a ricordarci che il tempo continua inevitabilmente a ingannarci e continuerà a farlo finché ci illuderemo di poterlo fermare.
Paolo Di Paolo, ROMANZO SENZA UMANI, Feltrinelli, 2024.
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…