Tra i film più attesi della prossima stagione cinematografica vi è senza dubbio ‘La trattativa’, di Sabina Guzzanti, che sarà presentato fuori concorso alla prossima Mostra del cinema di Venezia.
Si tratta di una pellicola di denuncia sociale sui rapporti tra stato e Mafia e sulle oscure vicende che segnarono la cronaca italiana nei primi anni ’90, che culminarono con gli attentati del 1992 che portarono all’uccisione dei giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Nel film, come si legge nelle note ufficiali, ‘un gruppo di attori mette in scena gli episodi più rilevanti della vicenda, impersonando mafiosi, agenti dei servizi segreti, alti ufficiali, magistrati, vittime e assassini, massoni, persone oneste e coraggiose e persone coraggiose fino a un certo punto. Così una delle vicende più intricate della nostra storia diventa un racconto appassionante’.
Non avendolo ancora visto, non giudichiamo l’opera. Diamo atto peró a Sabina Guzzanti (già segnalatasi per ‘Draquila’, docu-film verità sulla ricostruzione post-sisma a L’Aquila) il merito non indifferente di riproporre un genere, quello del cinema di denuncia, troppo spesso dimenticato, capace di stimolare la discussione critica e rinvigorire l’attenzione su un periodo buio e complicato, e sulle reali ragioni che hanno portato alla nascita della cosiddetta Seconda Repubblica. In particolare, la Guzzanti sostiene che proprio la trattativa stato-mafia sia stata ‘un atto fondativo della 2/a Repubblica’. E ancora: ‘il progetto di Licio Gelli’ – ha detto la Guzzanti – ‘i patti con Berlusconi e il fatto che in questo Paese non ci sia stata nessuna opposizione. Anche Renzi non è altro che il frutto di questo accordo’.
Nel frattempo, come è facile prevedere, simili tematiche hanno già generato polemiche e discussioni accese. È il caso del comunicato stampa con cui i deputati Pd Michele Anzaldi, Lorenza Bonaccorsi, Federico Gelli, Ernesto Magorno e Nicodemo Oliverio denunciano come ‘deplorevole e irrispettoso’ il manifesto de ‘La trattativa’ che mostra lo stemma della Repubblica accanto al disegno di un uomo con coppola e lupara. ‘Nessuno ‘ – scrivono i parlamentari – ‘mette in discussione la libertà di trattare tutti gli argomenti, anche i più delicati e scabrosi, ma da una donna di spettacolo di successo come Sabina Guzzanti ci saremmo attesi una maggiore prudenza nel combinare simboli che non hanno nulla a che vedere tra di loro. A perdere la vita in agguati di mafia ricordiamo centinaia di onesti servitori dello Stato e, nel caso specifico del processo sulla Trattativa, la questione è stata sollevata proprio dagli organi dello Stato. Fare di tutta l’erba un fascio è sempre un comportamento sbagliato, ma quando si tirano in ballo le istituzioni può diventare anche pericoloso’. Non si è fatta attendere la replica della Guzzanti, che ha scritto sul suo sito: ‘Dicono che è inaccettabile un mafioso disegnato nello stemma della repubblica, prima che siano approvate le riforme costituzionali. Si preoccupano che si anticipi l’esito della votazione parlamentare. In realtà voci di corridoio ci informano che sono seccati perché la nostra locandina ha bruciato una slide che avevano preparato per festeggiare l’italicum: la sagoma di un tizio ai domiciliari che scrive la riforma elettorale. Non ve la prendete, si sa che l’arte è sempre avanti’.

20140803-165101-60661180.jpg

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...