Un viaggio nell’esistenza, quello di Andrea Luna, il protagonista di “Se la vita che salvi è la tua”. Un romanzo intenso e vivo, con il quale Fabio Geda torna alla narrativa dopo il successo ottenuto con “Nel mare ci sono i coccodrilli”. Geda, torinese, racconta una ribellione alla normalità, in una storia in cui non mancano sofferenza e amore. Abbiamo incontrato Geda e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Dopo “Nel mare ci sono i coccodrilli”, che racconta la storia vera di un giovane afghano che arriva a Torino, un romanzo che parla ancora di fuga e di salvezza. Come mai?
È qualcosa che sento nell’aria e dentro di me. Appartengo a una generazione fragile e inquieta, una generazione di trenta-quarantenni cui era stato promesso il mondo e che si trovano a fare i conti con un futuro che li vedrà senza ombra di dubbio più poveri dei loro genitori. Abbiamo voglia di fuggire. Sentiamo l’urgenza di salvarci. Farlo ricalibrando la propria vita – nuovi equilibri, verso nuovi obiettivi – è una soluzione.
Che differenza c’è tra la fuga e la salvezza di Enaiatollah Akbari e quelle di Andrea Luna, protagonista del nuovo libro?
Sono allo stesso tempo profondamente diverse e parallele. Sono le due facce di una stessa medaglia: la contemporaneità produce uomini superflui e obbliga alla fuga, che tu sia un ragazzino afghano o un professionista occidentale poco importa.
“Non è difficile arrendersi. Difficile è trovare la forza per salvarsi la vita.”. Qual è secondo lei la motivazione più forte capace di far trovare questa forza?
Certe volte per salvarsi la vita bisogna ribaltarla, la vita. Ecco la difficoltà. Certe volte è più facile crogiolarsi nell’autocommiserazione che mettersi in viaggio in cerca del proprio posto nel mondo. La forza per mettersi in viaggio, per ribaltare il tavolo, è una forza autoindotta: devi volerlo e devi deciderlo.
Nella storia narrata nel libro c’è molta attenzione all’esempio, alla concretezza. A uno dei suoi personaggi fa dire “Non ho molta fiducia nelle parole”. Eppure le parole ci servono per comunicare, per relazionarci. Questa diffidenza è causata da un abuso delle parole o da cos’altro?
Siamo circondati da parole vuote: gente che fuma tenendo in mano pacchetti di sigarette con su scritto che fumare fa male, politici che fanno promesse che sanno che non potranno mantenere, gente che vota quei politici consci della falsità delle loro dichiarazioni, genitori che predicano onestà e rigore morale e poi attraversano con il rosso tenendo i figli per mano. Le parole sono involucri, i fatti, le azioni, invece ci svelano e ci rivelano.
Ha mai pensato di fuggire dalla sua quotidianità come ha fatto fare ai protagonisti dei suoi ultimi due romanzi?
Io sono una persona molto fortunata: abito in un posto che amo chiamare casa (Torino) e faccio un lavoro che mi soddisfa e mi permette di vivere dignitosamente. Nonostante questo sì, i pensieri di fuga di tanto in tanti bussano alla porta dell’inquietudine. In realtà lo scorso anno l’ho trascorso quasi tutto all’estero: per motivi di lavoro e di studio, sì, ma in fondo anche quella era una piccola fuga.
A chi dedicherebbe il suo romanzo in questo momento?
Ai trenta-quarantenni di cui parlavo sopra. O ai ragazzi di quinta superiore, che stanno per scegliere l’università.
Con “Nel mare ci sono i coccodrilli”, che è stato letto in diverse scuole, ha avuto modo di entrare in contatto con il mondo dei più piccoli. Cosa dovremmo imparare noi grandi dai bambini?
Dovremmo impadronirci dei loro occhi malleabili e delle loro menti duttili.
E’ possibile ipotizzare un adattamento teatrale per “Se la vita che salvi è la tua”?
Sarebbe divertente provarci.
Se il suo libro fosse una canzone e un film, cosa sarebbe?
Una delle molte canzoni di Springsteen in cui c’è qualcuno che va via di casa in cerca di fortuna e alla fine si trova a spostare traversine lungo una ferrovia del midwest potrebbe andare bene. Per quanto riguarda il film non mi viene in mente nulla, ma ora mi ha messo in testa il tarlo e ci penserò.
Tra le sue opere precedenti, c’è “La bellezza nonostante”, basato sull’esperienza di un insegnante in carcere. Cosa può insegnarci un detenuto?
Ogni detenuto è diverso, quindi ogni detenuto potrebbe insegnarci cose diverse. Il carcere, in generale, ridà valore e spessore alla parola dignità e libertà, e mette in crisi la parola Stato.
Per cosa vorrebbe essere ricordato?
Per la coerenza dello sguardo.
SE LA VITA CHE SALVI E’ LA TUA – Fabio Geda
Editore Einaudi
Collana Stile Libero Big
240 pp. – 17,50 euro
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Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…