NoteVerticali.it_Duchesne_Peep ShowRidere del presente. In modo tutt’altro che comico, e invece amaro, beffardo, cinico, per smascherare ogni forma di autocompiacimento in un universo in cui tutti sono qualcuno, quando invece molti, troppi, che si osannano, sono in realtà nessuno. “Peep show” è la terza, spiazzante, fatica letteraria di Federico Baccomo (detto) Duchesne, autore giovane ma già affermato nel panorama letterario contemporaneo, e molto coccolato dal cinema, considerando che i suoi due libri precedenti, “Studio illegale“, del 2009 (ispirato a un suo blog inizialmente anonimo, nel quale raccontava – da avvocato ispirato – i retroscena che si nascondono dietro al lavoro in uno studio legale) e “La gente che sta bene“, del 2011, hanno avuto una trasposizione cinematografica di successo (rispettivamente per la regia di Umberto Carteni e Francesco Patierno), coinvolgendo protagonisti bravi e popolari come Fabio Volo e Claudio Bisio.

“Peep show”, edito per i tipi di Marsilio, prende ispirazione dal mondo del reality show per eccellenza, quel “Grande Fratello” inizialmente salutato come un esperimento di natura sociologica e poi deriso come una delle più abiette invenzioni televisive di sempre. Macchina inutile e stupida, a dire di molti, capace di sfornare veri e propri talenti del nulla, e di illudere giovani e non che il successo possa arrivare anche e soprattutto se non si hanno qualità. Nicola Presci, protagonista del libro, è un miracolato del GF che, dopo aver abbracciato l’inattesa e immeritata popolarità per una vittoria inaspettata nel corso di una delle edizioni dello show, attraversa una fase di decadenza etica e morale, in cui vede sfiorire non solo il successo della propria evanescente popolarità, ma persino l’amor proprio e la volta di combinare qualcosa di buono nella vita. Sensazioni contrastanti abitano la mente del lettore, che, almeno nel nostro caso, di pagina in pagina si trova catapultato con il personaggio protagonista alla ricerca di una dimensione di normalità, che tarda ad arrivare, mentre giungono a ripetizione i colpi di scena che portano Nicola alle soglie della fine. Colpisce lo stile frizzante e senza peli sulla lingua di Baccomo, abituato a questi exploit narrativi che gli permettono di esprimere appieno le sue potenzialità.

Abbiamo incontrato Federico Baccomo Duchesne per rivolgergli alcune domande sul libro.

NoteVerticali.it_Federico-Baccomo-Ambra-CastelliDopo gli studi legali milanesi e il dorato mondo dell’economia, in “Peep Show” demolisci il circo dei reality. Ma perché prendersela proprio col Grande Fratello, per giunta in un momento nel quale l’implosione dei reality come formula sembra stia già facendo il suo corso?
In realtà, il Grande Fratello è solo un pretesto, un fondale su cui si muove il protagonista. Mi piaceva raccontare la storia di un uomo che assiste al crollo di un’illusione, l’illusione forse più grande di tutte, quella di essere migliore degli altri. Nicola, il protagonista, ha vinto il Grande Fratello, ma sono ormai passati anni e si muove in un personale bosco d’anonimato. È imploso il reality, è imploso anche lui. La sua è la storia di un uomo che deve ricominciare da capo, cercando di affrontare i minuti che seguono i famosi 15 minuti di gloria. Lo farà sbagliando quasi tutto.

NoteVerticali.it_Grande-Fratello-RealityIl protagonista, Nicola Presci, diventa famoso grazie al Grande Fratello, ma, dopo l’effimera popolarità, ripiomba nell’anonimato. In realtà non a tutti è successo questo: pensi a gente come Luca Argentero, attore affermato, Eleonora Daniele, conduttrice Rai, o Rocco Casalino, entrato in politica con Grillo. Allora, non tutti i gieffini sono da buttare… la realtà è meno brutta della fantasia?
Credo che nessuno dei cosiddetti gieffini sia da buttare. E mi viene da dire che non per forza quelli che ce l’hanno fatta siano migliori di quelli che non ce l’hanno fatta. Ogni vita è troppo complessa e ricca per potere essere liquidata in termini di popolarità o risultati più o meno carrieristici. Il rischio, in caso contrario, è quello di raccontare solo la storia di Cristiano che si porta a letto Rossana, dimenticando quella di Cyrano che non c’è riuscito.

Nel romanzo fa nomi e cognomi di vip, attribuendo loro degli atteggiamenti e delle frasi che li allontanano dall’aura che la fama gli ha cucito addosso. Istinto di vendetta anti-buonista o cosa?
Mi piaceva mettere il mio personaggio di fronte a tutta una serie di personaggi reali che impersonassero il sogno che lui non è riuscito a realizzare, ma mi piaceva farlo con uno scarto umoristico, facendo in modo di dare loro un aspetto umano, liberandoli da una maschera che loro per primi sembrano soffrire. Penso a Roberto Benigni, un uomo sempre entusiasta, appagato dall’esistere, e mi viene da pensare che, forse, pure lui, ogni tanto picchia contro uno spigolo e si lascia andare a qualche maledizione. Nel libro, questi personaggi appaiono proprio in quei momenti, quando sbattono contro i loro spigoli.

Federico Baccomo DuchesneIl protagonista trova la sua condanna e la sua redenzione grazie a una bambina, che esprime il candore e la purezza in un mondo dominato dallo squallore. L’innocenza salverà il mondo?
L’innocenza, per definizione, è salvezza. Non sono così ingenuo da pensare che si nasce buoni e poi si viene corrotti dal mondo, ma un certo coraggio, un certo disinteresse per il compromesso, una certa onestà a volte mi pare di trovarla solo nei bambini.

Il linguaggio adoperato nel romanzo è a tratti molto violento, oltre che bizzarro. C’era davvero bisogno di ricorrere a questa strada per descrivere la decadenza della società?
Devo dire che mi riconosco poco in questi aggettivi, violento e bizzarro. Diciamo che ho cercato di lavorare sulla lingua del personaggio, sulla sua voce, senza mettermi paletti di pudori o correttezza verbale, ma cercando, volta per volta, le parole più efficaci per descrivere un’azione, un pensiero o un sentimento.

Nel leggere il libro, ho notato una similitudine con certo cinema americano, quello di Altman, per esempio, o del “Magnolia” di Anderson. E’ d’accordo?
Se c’è, non è cosciente, ma è vero che il cinema, e il cinema americano in particolare, fa parte della mia formazione, probabilmente entra nella mia scrittura più di quanto io sia consapevole.

Potrà avere un senso leggere “Peep show” fra vent’anni?
Mi chiedo se abbia un senso leggerlo anche oggi, ma non è in questi termini che intendo la lettura. Un romanzo non è un saggio, non ha messaggi o tesi da dimostrare, un romanzo racconta un personaggio e, attraverso quel personaggio, una storia. E le storie, quando sono fatte bene, si possono raccontare anche a distanza di secoli.

NoteVerticali.it_Claudio Bisio_La gente che sta beneIn “La gente che sta bene” il protagonista sceglie il suo alter ego cinematografico, che diventa poi nella realtà scenica proprio Claudio Bisio. Chi potrebbe interpretare Nicola Presci sullo schermo e perché?
Confesso di non averci mai pensato, ma finché qualcuno non si convincerà che magari è possibile dargli un volto al cinema, mi piace continuare a lasciarlo senza identità, in quel cono d’ombra che lo accompagna per tutto il libro.

Per il prossimo romanzo quale mondo sceglierà? Per caso la politica?
A dire il vero, non parto mai da un mondo in cui forzare un personaggio. Cerco di immaginare un paio di occhi attraverso cui vorrei vedere la realtà e provo a vedere dove mi portano. Studio illegale in questo senso è un po’ fuorviante, se ne parla spesso come di una satira sul mondo degli avvocati, quando, per me, rappresenta la storia di un ragazzo, un po’ per colpa, un po’ per sorte, si trova a dover vivere una vita che non sente sua. Poteva anche essere un architetto, un pubblicitario, o un tecnico della caldaia.

…e se le proponessero di partecipare a un reality?
Direi: no, grazie.

PEEP SHOW – Federico Baccomo Duchesne
pag.368, 1° ed.
ottobre 2014

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