‘La vita in generale‘ di Tito Faraci racconta con uno stile leggero una storia di emarginazione e di riscatto nel sottobosco metropolitano
“Per rinascere, bisogna prima morire. E io sono stato un uomo morto. So cosa significa perdere una vita“. Parole che pesano come macigni, ma che contengono una grande verità. Mario Castelli, detto il Generale, brillante dirigente d’azienda, all’apice della propria carriera sprofonda negli abissi della povertà per essersi fidato di un caro amico. Siamo all’epoca di Tangentopoli, quando l’imperante e sommario giudizio popolare vuole tutti alla sbarra. Il famigerato fascio con cui si raccoglie tutta l’erba non contempla eccezioni, ma nasconde errori grossolani, che possono costare caro a chi li subisce. Tocca anche a lui, al Generale, cadere fino al gradino più basso della scala sociale. Mario ricomincia dagli ultimi, dagli invisibili. Tra i barboni riscopre la dignità che gli era stata tolta. E aiuta a ritrovare se stesso chi è diventato come lui, e che magari tante volte ha guardato il fiume da un ponte non trovando il coraggio di farla finita una volta per tutte.
“La vita in generale“, romanzo di Tito Faraci, racconta una storia inventata, ma tremendamente realistica, nella quale possono identificarsi in tanti. Con uno stile narrativo leggero e disimpegnato, frutto della sua esperienza di sceneggiatore di fumetti – da “Topolino” a “Dylan Dog“, da “Tex” a “Diabolik” – Faraci apre una luce su una realtà troppo spesso dimenticata. Quella dei senza fissa dimora, un sottobosco che sappiamo essere inghiottito dall’ipocrisia delle città e del loro squallido pressappochismo, dalla patina maleodorante (quella sì) del finto perbenismo a tutti i costi, che spinge a compiere la asettica ‘buona azione quotidiana’ dell’elemosina senza chiedersi cosa ci sia veramente dietro a tante facce senza volto, a tanti eroi senza ali rivestiti del grigiore metropolitano che li inghiotte in un anonimato da cadaveri ambulanti.
Faraci aiuta a far maturare nel lettore una consapevolezza nuova verso chi oggi non ha un cappotto o un tetto sulla testa, ma che ieri ha avuto una casa, un telefono e dei Natali da festeggiare. Persone non più tali agli occhi della maggioranza, che acquistano una forma diversa di libertà, quella che non ti lega alle convenzioni, ai mutui, alle rate, che ti libera dal senso di possesso e dal delirio di onnipotenza che avvolge chi pensa di essere insostituibile.
Un bel romanzo, che si fa leggere in poco tempo, e che, senza dare spazio alla banalità e non cadere nell’ovvietà del facile, offre una lezione di vita che non dimenticheremo.
Tito Faraci, La vita in generale, 224 pag., Feltrinelli, 2015.
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…