Nel suo nuovo libro, Francesco Pecoraro disegna un affresco generazionale intenso e appassionato: un intreccio originale tra la cronaca dell’omicidio di Carlo Giuliani e dei pestaggi alla scuola Diaz e il romanzo che racconta l’amicizia di quattro trentenni romani

20 luglio 2001. L’Italia è avvolta dal caldo torrido, l’asfalto è infuocato e le strade pedonali sono attraversate dai tristi rigagnoli generati dagli scarichi dei condizionatori, unica possibilità di refrigerio per chi è costretto a vivere nel sequestro obbligato dello stare in città. Sembra un film già visto, destinato a ripetersi puntualmente ad ogni stagione estiva. Stavolta però è diverso. A Genova va in scena il G8, un evento che riunisce i grandi del mondo. E’ un’epoca diversa da quella in cui viviamo oggi, per certi versi disattenta e disincantata, mal digerita da una società che sta imparando a conoscere la globalizzazione e l’appiattimento che da ciò ne deriva. A Seattle due anni prima, nel corso della terza Conferenza Ministeriale dell’OMC, Organizzazione Mondiale del Commercio, del novembre 1999, oltre quarantamila manifestanti hanno protestato contro la globalizzazione dell’economia, rea di calpestare i diritti umani e di privilegiare gli interessi delle multinazionali. In poco meno di due anni il  movimento no-global, in nome di valori quali il pacifismo, l’ambientalismo e lo sviluppo sostenibile, ha accolto nuovi aderenti e si è radicato nei principali stati europei. Da parte di chi ha a cuore le sorti della propria realtà, appare naturale recarsi a Genova per protestare pacificamente contro i princìpi del profitto celebrati dai grandi della terra. Il tutto appare favorito dal contesto. Il governo italiano, guidato per la seconda volta da Silvio Berlusconi, attrae a sé i riflettori del mondo. L’obiettivo del premier italiano e dei suoi sodali è quello di mostrare la propria capacità di riuscire a tenere a bada ogni protesta, allo scopo di fare bella figura, con ogni mezzo. A ciò si aggiunga un rigurgito di restaurazione che proprio il nuovo avvento della destra al governo e di un vice premier post fascista come Gianfranco Fini hanno avallato. Questa la realtà nella quale entrano in scena Giacomo, Enzo e Filippo. Passata da poco la trentina, sono amici dai tempi della scuola, il Mamiani, il liceo più politicizzato della Capitale. Hanno vissuto la fase politica degli anni di piombo, poi quella del reflusso edonistico del decennio successivo, e sembrano aver raggiunto, non felicemente, quella precarietà tipica dei giovani adulti alle prese con la tanto agognata stabilità borghese. C’è una figura che li unisce loro malgrado, ed è quella di Biba. Ufficialmente amica storica, nella realtà amante di tutti e tre, ma a loro insaputa. Nessuno dei tre amici maschi conosce la verità, anche perché, se così fosse, l’equilibrio si sgretolerebbe in un attimo. Biba non è con loro perché ha scelto di recarsi a Genova per partecipare alle proteste pacifiste dei no-global. Vedrà con i propri occhi lo scempio e il delirio, in quelle strade che saranno macchiate dal sangue innocente di Carlo Giuliani e di tutti i feriti inermi di quella guerriglia.

Con Solo vera è l’estate, edito da Ponte alle Grazie, Francesco Pecoraro disegna un affresco generazionale in una storia che non concede nulla all’ideologia e al revisionismo, ma si fa essa stessa cronaca di un momento in cui il mondo è cambiato nella percezione e nel destino di molti. Non dimentichiamo che a chiusura di quell’estate vi sarebbe stato l’attentato alle Torri Gemelle, uno spartiacque generazionale in grado di modificare la comune percezione del concetto di paura e di aprire squarci di tensione non ancora del tutto ricuciti. Con uno stile che gli è proprio, capace di concedere poco o nulla all’autoconsolazione, ma anzi di raccontare la realtà con un distacco non scontato, Pecoraro mostra un quadro in cui i protagonisti si muovono con la consapevolezza della propria impotenza. Terminata la stagione dell’impegno e constatata la sconfitta del movimentismo inteso come lotta pacifica in nome di un’idea di uguaglianza e diritti, giunge la fase dell’apatia, dove l’unione delle forze lascia spazio alla disgregazione delle utopie e, accanto ad esse, al culto dell’autoaffermazione sociale. Un misero posto al sole barattato in nome di rinunce a ideali più grandi ma inarrivabili. Il ‘compagno di scuola’ di vendittiana memoria che entra in banca, insomma. Giacomo, Enzo e Filippo rientrano appieno in questo canovaccio: chi più, chi meno, provano a ritagliarsi un’esperienza da adulti in un mondo che, se rinuncia alle distopie ideologiche, continua a percorrere i binari delle disparità sociali. E allora quella voglia sopita di giustizia torna a farsi viva, ogni tanto. E ogni tanto la testa si solleva dal caldo apatico rifugio del capitalismo occidentale per chiedersi se sia davvero finito tutto così e se l’unione delle idee non possa rappresentare una svolta per provare a cambiare il mondo, ancora una volta. 

Solo vera è l’estate” racconta tutto questo, provando a lasciare una traccia in letteratura di un evento storico come il G8 di Genova del 2001, che sarà ricordata come la più grave sospensione dei diritti democratici in Europa dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il romanzo ci riesce, facendo affiorare in chi legge il disgusto per un evento terribile e il disprezzo per i governanti che non hanno mosso un dito per impedire che tutto ciò accadesse, e consegnando alla memoria quei personaggi così precari e disattenti, figli di un tempo sbandato, padre del nostro presente.

Francesco Pecoraro, SOLO VERA E’ L’ESTATE, Ponte alle Grazie, 208 pagine, 2023.

Luigi Caputo
Author: Luigi Caputo

Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...

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