La vita disegna parabole esistenziali a volte davvero impossibili da immaginare e offre contrasti emotivi di notevole entità, mettendo alla prova anche i cuori più abituati alle intemperie. E il destino scombina le carte, attraverso la storia che con i suoi intrecci sembra complicare davvero ogni cosa. Anna Rustici e Carlo Scarrone, giovani di belle speranze, riescono a superare indenni la tragedia della seconda guerra mondiale che, a Milano come in tutta Italia squarcia e dilania la gioventù di un paese seminando lutti e dolore ovunque. Il sentimento che unisce i ragazzi mostra la propria forza e, nel periodo del boom economico, trionfa nella consacrazione del matrimonio. Mario, Vincenzo e Aurora sono le creature nate tra il 1954 e il 1960 a testimonianza del loro amore. Con il passare dei primi anni, la famiglia Scarrone cresce in numero e in solidità affettiva, e tutto sembra andare per il meglio. Ma con il 1968 arriva il vento della protesta e, con lui, la contestazione e la ribellione all’autorità costituita. La fantasia al potere, da slogan stimolante, si fa realtà generando inevitabili fratture e conseguenze in una società i cui equilibri divengono subito troppo precari. Ma il vero spartiacque sociale arriva in una data: 12 dicembre 1969, il venerdì più nero del secondo Novecento italiano. Intorno alle 16.30, a piazza Fontana, nella sede della Banca dell’Agricoltura, scoppia una bomba, provocando 17 morti e 88 feriti. Monta la protesta civile di Milano e dell’Italia intera verso quel gesto vile e bestiale. Complice il tentativo di depistaggio messo in atto con il chiaro intento di destabilizzare, all’indomani della strage si cercano responsabilità di matrice anarchica. Qualche giorno dopo, in una notte concitata, un ferroviere anarchico, Giuseppe Pinelli, nel corso di un interrogatorio, precipita e muore da una finestra della Questura. E’ la goccia che fa traboccare il vaso: a Milano e in tutta Italia gli scontri di piazza diventano sempre più frequenti. Ad abbracciare la causa del Movimento studentesco è Mario, che di giorno in giorno si fa strada tra le nuove leve e si trova sempre più coinvolto in cortei, scioperi e occupazioni a scuola, dove chi non segue la protesta viene bollato frettolosamente come fascista.

Ben presto, il clima a casa Scarrone cambia. Gli inviti al buonsenso e alla moderazione da parte del capofamiglia, dall’alto della propria esperienza di docente universitario, vengono visti dal primogenito quasi come un gesto repressivo e una indiretta ammissione di connivenza con il potere. Anche i rapporti con Vincenzo, inizialmente idilliaci, subiscono un brusco cambiamento di rotta, che porta i due fratelli ad allontanarsi. Complici alcune amicizie casuali legate a interessi comuni, anche Vincenzo, inizialmente attratto solo dal calcio e dalla musica, comincia a interessarsi di politica. Lo fa però dal fronte opposto a quello del fratello. In poco tempo, Mario e Vincenzo diventano vittime delle proprie idee. Il loro senso di giustizia, che partiva da una comune educazione ricevuta, si scinde generando due derive distinte e distanti. E inevitabilmente i due abbracciano, da sponde diverse, un percorso eversivo che, complice la stagione sanguinaria del terrorismo rosso e nero, li porterà alla latitanza, fuori dall’Italia, smembrando per sempre quell’unità familiare che sembrava granitica. Sullo sfondo, il ruolo di Aurora, la sorella minore, unico legame indiretto tra i due, che, affacciandosi alla vita e alla prima attività lavorativa presso una casa discografica, cerca di tenere saldo il rapporto con i fratelli, sia pure a distanza e tra mille difficoltà.

Un gioco da ragazzi“, romanzo di Enrico Ruggeri edito da La Nave di Teseo, è una storia italiana. La storia di un paese fratturato dal trauma della fine di un disincanto, che segnò l’inizio di un periodo terribile. Una stagione che lasciò sul campo ferite forse ancor più gravi di quelle belliche, e che ha condizionato inevitabilmente la storia nostrana del secondo dopoguerra. Ruggeri si cimenta ancora una volta (per esattezza, la sesta) con una prova narrativa che lo porta per un momento ad estraniarsi dalle proprie attività principali, quella di musicista in primis ma anche di conduttore televisivo, per costruire una narrazione che mescola ricordi autobiografici alla fantasia. Ciò che viene consegnato alle stampe è un ritratto generazionale forte, a tutti gli effetti una “meglio gioventù” in salsa milanese. Un affresco che suona forse grottesco e sicuramente lontanissimo agli occhi di chi non ha vissuto il periodo narrato. All’autore, che apprezziamo da decenni come cantautore, perdoniamo qualche leggerezza nel linguaggio usato, che per ragioni narrative lo ha portato a semplificare forse troppo eventi e situazioni. Il suo merito però c’è, ed è quello di aver dato voce ai ragazzi di ieri, capaci di seguire un ideale a discapito della propria stessa serenità esistenziale, e testimoni di una stagione di piombo su cui pesano le grosse responsabilità della politica, incapace di rappresentarne le istanze in un contesto di dialettica democratica. Una stagione sulla quale la presunta pacificazione sociale degli anni a venire non ha mai del tutto calato il sipario.

Enrico Ruggeri, Un gioco da ragazzi, 446 pagg. La Nave di Teseo, 2020.

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...