James Gray è un regista indiscutibile, qualifica conquistata sul campo a colpi di film da menzione. Artista eterogeneo e creativo non ha mai rinunciato a cimentarsi con generi diversi raccontando storie che non si esauriscono mai con i titoli di coda. Da Little Odessa a Two Lovers, passando per I padroni della notte, è difficile trovare un passo falso totalmente. Anche nell’ultimo Civiltà perduta si può parlare d’imperfezione, ma mai totale, quasi voluta. Ad Astra è un altro esempio della portata delle sue riflessioni profonde declinate in ambienti e in personaggi del tutto differenti tra loro.
Roy Mc Bride, funzionalmente interpretato da Brad Pitt, accetta una missione su Nettuno alla ricerca del padre. Partito vent’anni prima, Clifford Mc Bride (Tommy Lee Jones) è dato per morto, ma alcune notizie lo vogliono ancora vivo e alla ricerca di un mondo per alterare l’intero sistema solare. Per evitare la distruzione della Terra e cercare delle risposte sulla sua famiglia, toccherà al figlio una missione molto delicata a milioni di km da casa.
Sulle orme di Kubrick e Coppola, Gray propone un film filosofico con contorno di fantascienza. Come 2001: Odissea nello spazio è la riflessione che tenta di unirsi alla perfezione spettacolare delle immagini, la ricerca del padre in preda a deliri di onnipotenza ricorda molto il colonnello Kurtz di Apocalypse Now e la sua colonia di adepti. Intenzione ambiziosa per un regista che non si è mai spaventato di esplorare stili di regia diversi che sono stati patrimonio di colleghi famosi come Scorsese o Fridkin. Variazioni su temi che Gray ha usato in maniera sapiente mantenendo l’assenza di certezza come tratto comune.
Una fantascienza lontana dai recenti Interstellar o Gravity che, se si vuole trovare una colpa, si perde nell’assenza di quella quadratura rappresentata dall’eterno scontro tra curiosità e paura. L’aspetto formale del film è perfetto, quasi eccessivamente a volte, i pensieri imperfetti ma perché legati alla natura umana, notoriamente incapace di arrivare a una conclusione a meno di non perdersi nell’infinito o piegarsi a qualche forma di ordine tramite un atto di fede. Un prodotto sicuramente interessante che non si esaurisce pur proponendo spunti di riflessione conosciuti: la solitudine dell’uomo è medesima sulla Terra come nelle infinite costellazioni.
AD ASTRA (Usa/Brasile 2019, Fantascienza, 124′). Regia di James Gray. Con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, John Ortiz, Liv Tyler. 20th Century Fox. In sala dal 26 settembre 2019.

Nasce a Milano qualche anno fa. Usa la scrittura come antidoto alla sua misantropia, con risultati alterni. Ama l’onestà intellettuale sopra ogni altra cosa, anche se non sempre riesce a praticarla.