L’arma del linguaggio e della comunicazione nel film con Amy Adams e Jeremy Renner
Vi siete mai chiesti come sarebbe la nostra vita se conoscessimo alla perfezione il nostro futuro, se riuscissimo ad oltrepassare il limiti di un tempo che ci impone il suo ordine?
È questo, e non solo, l’interrogativo che si riceve in eredità da questo film diretto da Denis Villeneuve. Basato sul racconto Storia della tua vita di Ted Chiang e in concorso al Festival di Venezia del 2016, Arrival non è solo la storia dell’arrivo di presenze aliene sulla terra bensì un viaggio extratemporale sullo stesso pianeta terra e per gli esseri umani che la abitano, un monito sul futuro prossimo che potrebbe cambiare o meno le sorti del mondo; il concedersi ancora la possibilità di comprendersi e di comunicare, questa volta oltre la forza di gravità.
Louise Banks, interpretata da un’impeccabile Amy Adams, è una nota linguista statunitense esperta in traduzioni, nonché madre amorevole di Hannah, una figlia morta prematuramente di cancro. La vita di questa donna inconsolabile, che sembra rappresentare l’inizio del film, viene sovvertita improvvisamente.
Sul pianeta terra galleggiano 12 navi aliene, una di queste in Montana. Toccherà a Louise, reclutata dall’esercito degli Stati Uniti, decifrare i messaggi degli alieni e stabilire una comunicazione che renda chiare le loro intenzioni. Al suo fianco in questa missione il fisico teorico Ian Donnelly, interpretato da Jeremy Renner.
Gli eptapodi, così definiti perché dotati di sette gambe, all’interno del gigantesco monolite comunicano con gli umani attraverso un linguaggio fatto di logogrammi affascinanti, simboli circolari, dei semagrammi, ossia elementi di una scrittura che tendono a dipingere i pensieri e non corrispondono a suoni bensì a concetti.
Il linguaggio, alla base della civiltà umana, sembra prevalere su ogni logica scientifica e su questo Noam Chomsky forse avrebbe molto da dire. Nella complessa architettura di un essere umano il linguaggio gioca un ruolo fondamentale tra ordine ed enigma, chiarezza e opacità senza dimenticare le strutture. L’eptapodo in questione non è il classico alieno. Appare ai nostri occhi come creatura intelligente, capace di reagire e di rispondere agli stimoli.
L’ostinata volontà della protagonista di andare in fondo alla questione aprendosi completamente all’altro, sostiene quasi inconsapevolmente la tesi di Wittengstein, filosofo del linguaggio secondo il quale i limiti della nostra lingua sono i limiti del nostro mondo.
La capacità di un esperto in linguaggio, infatti, è solitamente dettata da un impulso e cioè quello di andare sempre oltre il mero significato linguistico di un termine, varcando confini di un mondo nuovo e di un nuovo tipo di messaggio. Non a caso la bravura di Louise le permette di comprendere che la richiesta aliena “offrire armi”,che tanto mette in allarme il mondo fino a voler dichiarare guerra agli alieni, nasconde intrinsecamente nella polisemia del termine “armi”, traducibile anche in “strumento”, un messaggio ben più importante. Citando l’ipotesi di Sapir-Whorf, secondo la quale la lingua che impariamo può influenzare il nostro modo di pensare ed agire, Arrival non è che un gioco con il tempo, le cui regole vengono delucidate da questa presenza estranea e da un nuovo codice.
A partire dal momento in cui Louise inizia a comunicare con gli eptapodi vive dei flashback che in realtà si rivelano forward, passi in avanti verso un futuro visibile che le permetterà di sciogliere il nodo di questa storia, di evitare un vero e proprio conflitto umano-extraterreste e, più di ogni altra cosa, di scegliere le sorti del suo destino, accettandolo nel bene e nel male.
Un mix fanta-filosofico quello che il registra canadese ci propone e che forse deluderà in parte le aspettative degli amanti del genere fantascientifico a causa della carenza di effetti speciali e colpi di scena eclatanti.Tuttavia è necessario affermare che, a differenza di quanto visto spesso in precedenza, il messaggio che Arrival vuole lanciare riguarda l’accoglienza di ciò che è diverso da noi e la possibilità di ricevere ricchezza da quella diversità che si muove in un contesto fatto di luci condensate e nebbia, tra la paura dell’ignoto e il desiderio di delimitare i confini di questo spazio comunicativo colorato di inchiostro nero. Il vero “strumento” o “dono”, come verrà rivelato alla fine del film, arriva direttamente dallo spazio. Il compito di Louise sarà quello di divulgare una nuova lingua affinché il mondo si prepari ad un nuovo pacifico arrivo.
ARRIVAL – Il trailer
ARRIVAL (Usa 2016, Fantascienza, 116’). Regia di Denis Villeneuve, con Amy Adams, Jeremy Renner, Forest Whitaker, Michael Stuhlbarg, TziMa, Mark O’Brien. Una produzione FilmNation Entertainment, Lava Bear Films, Paramount Pictures. Distribuzione: Warner Bros. In sala dal 19 gennaio 2017.
Siciliana di nascita, romana di adozione, laureata in lingue straniere, ha vissuto a Lisbona dal 2014 al 2016. Simpatica e solare, trova nella scrittura e in tutto ciò che è arte il porto sicuro, un luogo senza tempo e senza spazio dove essere liberi.