Ricordo nostalgico di una delle trasmissioni più popolari della televisione italiana degli anni ’60 e ’70, che ha ospitato gli spot pubblicitari dei più grandi, da Totò a Eduardo De Filippo, da Jerry Lewis a Frank Sinatra, a Mina, a Mike Bongiorno.  

noteverticali.it_carosello_siglaIl 2 gennaio del 1977 fu una giornata tristissima per tanti bambini italiani come me: niente di ragionevolmente tragico, per fortuna (!), ma solo un brutto colpo alla nostra infanzia televisiva… Proprio da quel giorno, per una decisione della Commissione di Vigilanza RAI, non sarebbe più andato in onda Carosello. Difficile spiegarlo (e sperare di avere un riscontro di approvazione) a chi non ha mai visto una puntata di questo programma tutto particolare, che non ebbe eguali nella storia della televisione italiana. Certo, con gli occhi del telespettatore di oggi, pensare a uno spazio condito da soli spot pubblicitari, che sarebbe andato in onda dopo il telegiornale della sera, sembra davvero preistoria, soprattutto se si pensa che lo spazio in questione allora rappresentava l’unico dell’intera giornata televisiva in cui lo spettatore avrebbe dovuto sorbirsi i ‘consigli per gli acquisti’…!

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Troppo semplicistico però pensare a Carosello come a un mero contenitore di spot pubblicitari. Più doveroso concedergli quello che in effetti era per la televisione d’allora: dieci minuti di pura evasione, concessi persino ai bambini (“A letto dopo Carosello” è stato il must di diverse generazioni), e conditi da scenette e siparietti leggeri che avevano come protagonisti i principali personaggi del momento, i quali, al termine della propria ‘situation comedy’, nel cosiddetto ‘codino’, e come se si trattasse di un’incidenza qualsiasi, pronunciavano il nome del prodotto reclamizzato, che si mostrava in bella vista allo spettatore.

Un canovaccio rigoroso e attento alle leggi vigenti (che imponevano il divieto di pronunciare qualsiasi prodotto commerciale nel corso di spettacoli tv), che offriva alla pubblicità dei veri e propri spettacoli in miniatura, interpretati dai più grandi (Mike Bongiorno, Corrado, Totò, Eduardo De Filippo, Vittorio Gassman, Alberto Sordi, Ugo Tognazzi, Raimondo Vianello, Domenico Modugno, Mina, Adriano Celentano, Frank Sinatra, Jerry Lewis, solo per citarne alcuni) e scritti e diretti dal fior fiore degli autori e registi dell’epoca (tra cui Federico Fellini, Pier Paolo Pasolini, Ermanno Olmi, Gillo Pontecorvo, oltre all’ideatore Luciano Emmer), e che contribuirono a creare personaggi o situazioni ben più famose del prodotto reclamizzato.

Tutti ricordano Calimero, nato dalla matita di Toni Pagot, ma in pochi riuscirebbero a collegarlo al prodotto reclamizzato (il detersivo Miralanza). Paradossale poi il destino del celebre chitarrista Franco Cerri, che a partire dagli anni ‘60 divenne popolarissimo non tanto grazie alla sua arte quanto grazie al carosello del prodotto pubblicizzato (ancora una volta un detersivo!). Medesima sorte per l’attore Ernesto Calindri (volto dell’amaro Cynar) o per il cantante Nicola Arigliano (quello del digestivo Antonetto).

Vent’anni di programmazione quasi ininterrotta, dal 1957 al 1977, con interruzioni dovute a eventi eccezionali quali la malattia e la conseguente morte di Papa Giovanni XXIII (31 maggio – 6 giugno 1963), il lutto per la strage di piazza Fontana (12 – 15 dicembre 1969), la morte di Papa Pio XII (9 – 11ottobre 1958), gli omicidi di John (22 novembre 1963) e Bob Kennedy (5 giugno 1968), e un collegamento via satellite per l’ammaraggio della navicella spaziale Apollo 14 (9 febbraio 1971).

In totale di 7.261 episodi: il primo fu “Le avventure del signor Veneranda” per il Brandy Stock 84, diretto da Eros Macchi, sceneggiato da Carletto Manzoni e interpretato da Erminio Macario e Giulio Marchetti, l’ultimo quello del Dr. Gibaud, con Mario Valdemarin e Gemma De Angelis, per la regia di Ezio Perardi. In mezzo, un ventennio di storia minima d’Italia, con la sperimentazione dei più avanzati linguaggi di comunicazione, e personaggi entrati nell’immaginario collettivo. Oltre al già citato Calimero, chi non ricorda Carmencita o l’omino della Linea di Osvaldo Cavandoli? Era la foto di un’Italia più provinciale, certo, ma forse più genuina, capace di sognare per pochi minuti davanti alla tv, lasciandosi trasportare in storie e situazioni ben distinte dalla realtà. Forse, a ben vedere, è proprio questa la differenza più grande rispetto alla realtà di oggi, quella che mette in scena un carosello continuo dove il finto domina incontrastato.

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...