Capita che, a volte, il sole appaia anche quando il cielo butta via pioggia, e i tuoni incombono minacciosi su persone e cose. E’ accaduto a Vibo Valentia, in una sera di ottobre che sembrava pieno inverno, ed è capitato grazie a Eugenio Finardi (leggi qui la nostra intervista), alla sua musica e, soprattutto, alle sue parole, calde, vere, vive, testimoni di un percorso artistico illuminato dal buonsenso e dalla coerenza. L’occasione, l’Acoustic Cafè nell’ambito del TropeaFestival Leggere & Scrivere, una di quelle – ahimè poche – circostanze fortunate per cui il territorio riesce a dimostrare quanta potenzialità ci sia in questa Calabria mortificata e inerme, desiderosa di riscatto ma vinta sempre all’ultimo metro. Finardi si è raccontato davanti a una platea di intimi, un centinaio più o meno, pochi ma fortunati per poter gustare fino in fondo le riflessioni sincere di un artista a tutto tondo. Stimolato dal giornalista e amico di vecchia data Ezio Guaitamacchi, Finardi ci ha raccontato impressioni e ricordi di una vita, con quel gusto antico che ha la parola, e con una capacità affabulatoria in grado di cogliere fino in fondo attenzione e riconoscenza, in un’atmosfera calda e conciliante.
Dall’infanzia americana alla grandezza assoluta della canzone, creatura unica, talmente potente da racchiudere in sé l’oggettività della musica con la soggettività del testo, dall’esperienza come volontario in Sud Sudan al blues come canto di disperazione, dal Movimento degli anni ’70 con la voglia di cambiare alla conoscenza di Demetrio Stratos, dai sogni di bambino al desiderio di frapporsi ancora una volta con l’arte a un presente fatto di ingiustizie sociali sempre più forti, Finardi ha snocciolato idee e sensazioni – ma anche aneddoti, come quello legato alla sua nascita grazie a un acuto della madre cantante lirica, o quello relativo alla creazione di “Favola”, nata mentre aspettava che bollisse l’acqua della pasta – che ci hanno fatto riconciliare col mondo, senza per questo dissuaderci dall’evitare di combatterne le storture e di amarne le meraviglie. E questo non per qualche strana capacità ammorbante, ma per la consapevolezza dell’essere chiamati all’impegno, e per la acquisita maturità che, forse è vero, come diceva Francesco Guccini, che con le canzoni non si fanno rivoluzioni, ma è altrettanto vero che la musica ti permette di arrivare al cuore e alla testa della gente, e che cantando puoi dare una testimonianza e un messaggio, e di questi tempi non è certo poco.
“Le ragazze di Osaka”, poi “Alleluiah” di Leonard Cohen, “Hold on”, “Voglio”, “Nuovo umanesimo”, “Cadere sognare”, “Extraterrestre”: queste le canzoni in scaletta che, eseguite con Giovanni Maggiore, vero talento chitarristico, si sono frapposte alle riflessioni a cuore aperto di un artista a tutto tondo, capace di non ripetersi forse mai, piuttosto di offrire un percorso musicale coerente e vivace. Un artista capace di rimettersi in gioco, a 62 anni, con un disco puramente politico come “Fibrillante”, realizzato insieme a un team di artisti giovani e talentuosi, da Max Casacci dei Subsonica a Manuel Agnelli degli Afterhours, allo stesso Maggiore. E così, in una serata di musica è entrato prepotentemente il sociale, attraverso le riflessioni di Finardi che ha ricordato, tra gli altri, anche i lavoratori delle miniere del Sulcis-Eglesiente, in Sardegna, testimoni di un mondo, quello lavorativo italiano, che sta morendo per gli assurdi giochi di potere di finanzieri senza scrupoli. A queste storture, Eugenio Finardi dice no e lo grida in musica, perché vengano riaccese fiamme di indignazione che possano portare le nuove generazioni alla possibilità di tramutare in realtà il desiderio di libertà che avvolge ogni uomo libero e vivo.
Un grazie sentito per una serata che non dimenticheremo a Eugenio Finardi, a Giovanni Maggiore, a Ezio Guaitamacchi, e a Vittorio Pio a nome dello staff organizzatore del TropeaFestival, che ringraziamo anche per le foto di questa pagina, tratte dal profilo Facebook ufficiale della manifestazione.
Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…