Il regista Piero Maccarinelli porta in scena “La casa nova” di Carlo Goldoni con l’adattamento di Paolo Malaguti e un cast quasi totalmente di giovani attori neodiplomati all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico.
Rappresentata al Teatro India di Roma, è la seconda commedia del commediografo veneziano; Goldoni la scrive alla metà del Settecento, dopo il rientro da Roma a Venezia, e prende ispirazione dalle vicissitudini personali che l’autore stesso affronta durante il ritorno nella città natale, dove in mancanza di denaro per poter portare a termine la ristrutturazione della sua abitazione, è costretto a ricorrere a diversi espedienti, arrivando persino al punto di chiedere aiuto economico alle ricche personalità veneziane con cui intratteneva rapporti intimi.
“La casa nova” è una commedia amara, difficile, poco frequentata in palcoscenico, ma che affronta temi ancora attualissimi come l’indebitamento e la scarsità di risorse economiche.
Piero Maccarinelli rivisita e attualizza l’opera originale facendo i conti con la realtà di oggi: il confronto tra generazioni e il relativo contrasto di mentalità è un tema universale e senza tempo.
Assistiamo ai capricci di Angiolino e Cecilia, giovani sposi, incoscienti e pretenziosi, che nell’acquisto della nuova casa, compiono scelte al di sopra delle loro possibilità, e, a un passo dal tracollo, vengono salvati in extremis dall’aiuto dell’anziano zio Cristoforo, da sempre snobbato dalla coppia per le sue origini, e che stabilirà una serie di regole per uno stile di vita morigerato.
“È una borghesia che ha paura delle proprie origini e per debolezza, per voglia di apparire, per spirito di imitazione, disperde i guadagni accumulati dalla generazione precedente che si accontentava di una vita sobria e solida senza nessuna esibizione. Il crollo non è della casa vecchia ma quello della nuova, costosa e pretenziosa, in cui entrano spensieratamente e chiassosamente la giovane coppia di sposi e i loro amici. Sono presenti tutti i caratteri della grande commedia goldoniana, perfino il vecchio zio generoso Cristoforo che sembra uscito da I Rusteghi o dal Burbero Benefico, e che risolverà la situazione economica dei giovani nipoti. Già Renato Simoni ne aveva proposto una edizione in lingua senza intaccare la struttura drammaturgica alla metà degli anni 50. Poi Luigi Squarzina ne aveva proposto un importante allestimento nella lingua goldoniana al Teatro di Genova nel 1973. Ora questa edizione si avvale del contributo linguistico e dell’adattamento dello scrittore veneto Paolo Malaguti. Lo scopo è quello di rendere fruibile l’impianto goldoniano senza alterarlo in una lingua più vicina a noi.”
Stefano Santospago veste gli abiti dello zio Cristoforo, imponendosi sulla scena forte della sua esperienza, circondato da un gruppo di dieci giovani attrici e attori neodiplomati all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico; saranno in scena al Teatro India fino al 24 marzo.

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