Da Disney e Topolino ai Minions, passando per Biancaneve e Toy Story, com’è cambiato il film d’animazione e i suoi personaggi.

C’era una volta in una terra francese un uomo che disegnava tutto ciò che gli passava per la testa. Uccellini che svolazzano fra loro, bambini giù per le strade, animali in cerca di cibo. Tutto ciò che quest’uomo vedeva – o immaginava – lo disegnava. Un bel giorno di febbraio, l’uomo fantasticò di un clown e di un gentil signore che passeggiavano per le strade di Parigi e osservavano la vita cambiare e mutare dinanzi a loro. Dopo aver immaginato quella passeggiata, l’uomo andò oltre le sue previsioni. Che bello sarebbe stato se i suoi disegni avessero preso vita davvero! Perché no?
Quell’uomo chi chiamava Émile Cohl e nel giugno del 1908, dopo tre mesi di lavorazione, portò alla luce i suoi sogni realizzando il primo film d’animazione, Fantasmagorie. Con 700 disegni diversi e una durata di due minuti, il cinema accoglieva in seno una nuova forma d’arte e in 107 anni di longevità diverse tecniche, diversi autori e diversi protagonisti sono rimasti impressi a fuoco nella memoria cinematografica dell’uomo. Da Topolino ad Aladdin, da Simba a Wall-E, da Pinocchio a Baymax, l’evoluzione è stata continua e costante affrontando comunque i suoi limiti e superandoli il più delle volte.
Il vero pioniere dell’animazione fu però il nostro caro Walt Disney, che soltanto dopo la Grande Guerra, nel 1923, creò la Walt Disney Company. Dopo aver girato il mondo e gran parte dell’America alla ricerca di lavori nel mondo del cinema, Disney intuì la grandezza dell’idea di Cohl e, nonostante ci fossero già altri disegnatori e altre case di produzione, investì tutto ciò che poté nella sua azienda, al fine di trasformare il semplice cartone animato per bambini in un prodotto per tutta la famiglia.

I film d’animazione per come li conosciamo noi partirono solo nel 1937 con il primo lungometraggio del cosiddetto “Canone Disney” (la raccolta ufficiale dei classici prodotti dalla casa di Burbank): Biancaneve e i 7 Nani. Chi non conosce Brontolo, Cucciolo e i loro fratelli? Chi non ricorda la vecchia strega o lo Specchio dei Desideri?
In realtà i primi lungometraggi non erano altro che classiche fiabe – per lo più dei fratelli Grimm – riadattate eliminando i dettagli più macabri e riscrivendo i finali in maniera positiva, dato che la maggior parte delle storie non aveva il classico finale alla vissero felici e contenti. Per di più i film erano realizzati già con tecniche molto avanzate, molto più di quelle dei film in live action. Si utilizzava, infatti, una sorta di motion capture rudimentale che consisteva nel filmare un modello in carne ed ossa e poi proiettare quelle sequenze di movimento nello studio dei disegnatori, i quali ricopiavano i movimenti.
Da Biancaneve al 1995, le tecniche per realizzare i film furono tendenzialmente un’evoluzione continua, fra slides e sequenze di lucidi, ma la base era sempre la stessa. Carta e matita.
Col passare degli anni le tecniche si affinarono e l’animazione divenne sempre meno per mocciosi e sempre più mainstream, finché Spielberg non ci mise lo zampino. Il buon vecchio Steven avvicinò il regista Robert Zemeckis e insieme con la Amblin Entertainment crearono quel progetto che sdoganò una volta e per sempre il lungometraggio d’animazione: Chi ha incastrato Roger Rabbit?.

Un film a tecnica mista (live action e cel animation) con decine di ore di riprese e più di 80 mila frame di cartoni animati per realizzare quei personaggi cult, che ancor oggi fanno impazzire il pubblico. Non solo le mascotte delle più grandi case di produzione cinematografica per adulti e bambini ma anche, e soprattutto, l’immortale Jessica Rabbit. L’esempio di come un personaggio di carta e grafite possa essere considerato un vero e proprio attore. Seducente e fatale, Jessica è considerata da molti la Scarlett Johansson dell’animazione. Fu allora che il semplice cartone animato della Disney sbandò.
La svolta si ebbe con l’avvento di nuovi studi d’animazione che fecero tremare il colossale monopolio cinematografico della Disney. Hayao Miyazaki nella terra del Sol Levante, Steven Spielberg nella California, George Lucas e in un secondo momento Steve Jobs, misero i bastoni fra le ruote all’azienda dal castello d’oro creando rispettivamente lo Studio Ghibli, Inc. (1985), la DreamWorks SKG (1984) e la Pixar Animation Studios (1979-1986), tre fra le maggiori case produttrici di film d’animazione. Non solo, una grossa spallata fu assestata alla Walt Disney nel 1995 quando la Pixar produsse il primo film completamente in CGI (computer generates imagery, la computer grafica), tecnica totalmente innovativa destinata a soppiantare la carta e la matita. Il film, che incassò 387 milioni di dollari, era Toy Story – Il mondo dei giocattoli. Con la regia di John Lasseter e la produzione dello stesso Jobs fu un successo. Woody e Buzz Lightyear entrarono nel cuore di tutti e tuttora sono del cuore dei trentenni.

Un nuovo scossone al mercato lo diede la Warner Bros., con un capolavoro in tecnica mista che fece sognare ad occhi aperti mezzo mondo. Michael Jordan che schiaccia a canestro su assist di Bugs Bunny. Signori e signore, benvenuti nel 1996. Vi raccomandiamo di tenere lo schienale ben eretto e di allacciare le cinture di sicurezza. Attenzione ai battiti del cuore e preparatevi, fra pochi minuti sarà proiettato Space Jam.
Fu l’apoteosi dei cartoni animati che, issati a dei, abbatterono i loro rivali ai botteghini. Bambini impazziti trascinavano i genitori al cinema, teenagers appassionati di sport e non accorrevano in sala, i più grandicelli occupavano posto in prima fila per assistere alle imprese di Jordan. Un successo.
Ormai la strada è spianata. I film d’animazione hanno mutato il loro target passando da semplice intrattenimento infantile ad un prodotto adatto a tutta la famiglia. Manca solo un ultimo tassello, tassello che arriverà forse un po’ tardi quando nel 2002 la Academy of Motion Picture Arts and Sciences instituisce una nuova categoria negli Academy Awards, l’Oscar al miglior film d’animazione.
Un passo sicuramente importante poiché fu finalmente riconosciuto, anche dai guru del cinema, che i lungometraggi d’animazione sono un genere ben distinto all’interno dell’oceano cinematografico. Quell’anno vinse l’orco verde e il suo omonimo film Shrek, seguito l’anno dopo da Miyazaki e Studio Ghibli con La città incantata e così via fino, appunto, a Baymax e Big Hero 6.

Eppure, come fu per Jessica Rabbit, a segnare il successo planetario di un film non è stato l’incasso o il protagonista, bensì la spalla. Perché dopo l’ultimo vincitore e la precedente candidatura (2014) del film da cui sono definitamente esplosi (Cattivissimo me 2), i Minions ora sono al cinema. Le sale non saranno piene solo di ragazzini ma soprattutto di gruppi giovani, coppie e famiglie che hanno una passione per questi omini gialli. I Minions sono considerabili come la definitiva evoluzione del film d’animazione, partito come ninnolo di poco conto e arrivato come trascinatore al box office. Già, perché dopo due film in cui spesso e volentieri si aspettavano le gag e i siparietti di questi personaggi più che lo sviluppo della trama, Pierre Coffin e Kyle Balda hanno deciso di portare le loro creature sul grande schermo in un film basato sulla storia di questi buffi ometti appassionati di banane. “Minions” nelle sale dal 27 Agosto, vedrà coinvolti Kevin, Stuart, Bob e i loro compari che partiranno alla ricerca di un padrone da servire. Siete sicuri di conoscere i Minions proprio a fondo? Vi sveliamo, dunque, qualche piccolo retroscena sui protagonisti.
I Minions, in origine, dovevano avere le sembianze dei famosi Oompa Loompas di Willy Wonka, ma furono rimpiccioliti e i più lunghi arrivano ben a 105 centimetri di altezza. Anche se nel film compaiono 899 Minions, ne esistono solo 36 “tipi” e derivano dalla combinazione di alcuni elementi, come le diverse altezze, i 5 tipi di pettinatura, il numero e la forma degli occhi. Il Minionese – la lingua dei Minions – è un misto di Spagnolo, Inglese, Francese e Italiano con alcuni inserti di Russo e Coreano. La loro voce è quella del regista Coffin. Bob, il più basso dei protagonisti, è affetto da eterocromia delle iridi, ha gli occhi di due colori differenti. Nella popolazione dei Minions non ci sono esemplari femminili. Non facciamo domande. Ora non ci resta che acquistare il biglietto, metterci comodi in sala con i pop corn, una cola e buona compagnia e goderci il nostro film d’animazione. I Minions sono fra noi!
I MINIONS – Il trailer