Il cinema è un’arte in continua evoluzione, sia per quanto riguarda le tecniche adottate sia per gli artisti coinvolti. La scomparsa di Robin Williams, per esempio, ha segnato un profondo solco fra il cinema di ieri, caratterizzato da attori importanti, talentuosi e, soprattutto, eclettici (alcuni ancora in vita) e il cinema di oggi e di domani, strutturato su basi solide e spesso tecnologiche, più ferree e fredde, affidate sempre meno all’estro di un attore o di un regista. Una perdita simile può essere stata quella di John Belushi e del suo dono artistico.
Il cinema di genere può essere forse considerato estraneo a questa visione, poiché incentrato su schemi prestabiliti, dove l’uomo, l’arte, contano meno dell’atmosfera e delle storie. Eppure, anche nel cinema di genere, e in quello dell’horror (difficile da far piacere ai “criticoni” del cinema) vi sono stati personaggi che hanno segnato intere epoche, più o meno consapevolmente; il più delle volte, semplicemente lasciandosi andare al proprio flusso creativo, alla propria originalità. In talia vi sono stati tanti nomi, da Bava a Fulci; in America, un nome fondamentale è stato quello del regista Wes Craven.
Wes Craven, proprio lui, che ci ha lasciati lo scorso 30 agosto, ha segnato profondamente il genere horror del cinema universale. E ne è stato anche l’arteficie, in un certo senso, con alcuni film che hanno rinnovato il filone orroristico.
Il suo esordio nel cinema avviene nel 1972 con The Last House on the Left (L’ultima casa a sinistra); ispirato nella trama al film La fontana della vergine di Ingmar Bergman (autore molto amato da Craven) il film verrà censurato e rimaneggiato per via del forte impatto delle scene più violente.
Sarà con Nightmare, la saga horror eccellenza iniziata nel 1984 col film A Nightmare on Elm Street, che Craven salterà ai meritati onori di cronaca e critica, con un personaggio memorabile che viene, non a caso, ricordato anche ai giorni nostri fra gli appassionati.
Un altro punto fondamentale nella carriera cinematografica di Was Craven, nonché un’altra saga di rilievo per il cinema horror, inizierà con Scream (1996) e con i suoi tre sequel. Con questa pellicola, per certi versi semplice sia nella natura tecnica che in quella artistica, Craven fonda un nuovo mito, un cult per una generazione che, non a caso, proprio nel 2015 viene riproposto in formato televisivo.
Qual è stata l’unicità di Wes Craven e della sua arte dell’horror? Forse proprio il passaggio, fra gli anni ottanta e novanta, da un personaggio come quello di Nightmare, impregnato di fantasy, da alcuni additato come trash, senz’altro di forte impatto visivo, crudo, al cinema horror americano degli anni novanta rappresentato da Scream, a cui proprio Craven ha aperto le porte. Basti pensare alle innumerevoli imitazioni, alle parodie, al culto che inconsciamente ha travolto una generazione di amanti dell’horror, non più fatto di crudezza visiva, di gore, ma di paura, terrore, un horror di fuga, di pericolo, di sopravvivenza che va a richiamare un maestro quale George Romero. Un’arte cinematografica, quella di Craven, che non si è preclusa sperimentazioni in altri generi (v. il film drammatico La musica del cuore del 1999 con Meryl Streep e Angela Bassett); tendenza che lo avvicina, forse, a un altro grande cineasta e orrorista della sua epoca: John Carpenter.
Il genere horror è ormai entrato prepotentemente nel desiderio collettivo degli spettatori: ogni anno escono film su film di questo genere, non sempre all’altezza, non sempre spaventosi come un film horror dovrebbe essere; del resto, è proprio nel talento dell’artista che nasce la capacità di creare realmente qualcosa di forte e di intenso e non un semplice prodotto cinematografico. Il genere, del resto, è cambiato molto da quando Wes Craven ci terrorizzava coi suoi personaggi ai limiti dell’umano. Una cosa, però, che il suo cinema ci lascia, è il desiderio di spaventare con un’arte psicologica e non più con la cruentezza del vecchio cinema horror.