Per la rassegna ”L’Altro Teatro”, al Rendano di Cosenza è andato in scena l’adattamento del dramma di Florian Zeller per la regia di Marcello Cotugno. Nel cast anche Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino. 

Sentimento e dolore sono lambiti da un confine talmente sottile da farli sfiorare. Capita quando l’affetto si tramuta in possesso, e da qui sfocia nella sofferenza dell’abbandono e della perdita. Anna è una donna ormai matura, ha trascorso tutta la sua vita adulta ad occuparsi della famiglia: un marito, Pietro, due figli, Sara e Nicola, in un contesto medio-borghese comune a tanti. Quello che Anna non sopporta è che l’equilibrio che ha pazientemente costruito e mantenuto per anni possa ora scricchiolare fino a dissolversi come neve al sole. Certo, crescendo i due figli diventano via via indipendenti e prendono strade diverse che li portano ad allontanarsi da casa. Poco male se a farlo sia Sara, la figlia con cui Anna non è mai andata troppo d’accordo. Poco male se le assenze del marito Pietro si manifestino con sempre maggiore frequenza, per periodici ‘convegni’ che sembrano più che altro goffi tentativi di evadere dal ménage familiare magari con avventure extraconiugali. Ma è la scelta di Nicola di andare a convivere con la propria fidanzata Elodie a stravolgere quell’equilibrio precario che Anna ha mantenuto finora. Inizia così per lei il periodo dei vaneggiamenti, della depressione, della solitudine, dell’abuso di farmaci e alcool, elementi che via via allontaneranno sempre di più la donna dalla realtà facendole perdere i contatti con il presente e gli affetti familiari.

Questa la trama de La madre, intensa opera teatrale del drammaturgo e regista francese Florian Zeller del 2010 il cui adattamento per la regia di Marcello Cotugno – una produzione Compagnia Molière in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri – è andato in scena lo scorso Martedì 23 Aprile al Teatro Rendano di Cosenza. L’opera, inserita nel cartellone della rassegna “L’Altro Teatro”, ideata da Giuseppe Citrigno e Gianluigi Fabiano con il supporto dell’Amministrazione Comunale di Cosenza, è stata interpretata da Lunetta Savino che ha incarnato la protagonista Anna, coadiuvata da Andrea Renzi, Niccolò Ferrero e Chiarastella Sorrentino rispettivamente nei panni del marito Pietro, del figlio Nicola e della sua compagna Elodie. Un cast ben amalgamato, che ha dato vita a una rappresentazione non certo facile da assimilare per via della caratteristica dell’opera, il cui plot narrativo si dipana su una linea temporale sconnessa che replica gli stati di alterazione della protagonista. Accanto a lei, il mondo che le scorre accanto, sfiorandola appena, da cui emerge solo in alcune sparute occasioni quali quelle in cui dà sfogo alla propria femminilità per l’acquisto di un nuovo vestito. Tutto il resto della sua vita si svolge nella cucina, l’ambiente ovattato in cui emergono, perlopiù attutiti, i contrasti con il resto della famiglia. Il predominio del chiaro, scelta stilistica dello scenografo Luigi Ferrigno che si estende anche ai costumi di Alessandra Benaduce e che viene sottolineata anche dalla freddezza dell’ambiente estremamente moderno e composto da elementi volutamente squadrati, e dalla scelta del sottofondo musicale – “Apathy” di Gia Margaret, “Torna con me” di Gianni Maroccolo e Claudio Rocchi, “Cradles” di Fin Draper, “Gillie Amma I Love You” di Four Tet, “A Deal with Chaos” di Johann Johannsson e Hildur Guðnadóttir – sembra stridere con la turbolenza che invade l’inconscio di Anna. La protagonista è dipinta egregiamente dalla Savino alle prese con gli oscuri fantasmi del proprio io, privato ogni giorno di più della propria ascendenza verso il figlio, verso il quale aveva sempre esercitato una certa influenza e che oggi ai suoi occhi sembra sfuggirle.

La voluta frammentarietà della narrazione, caratterizzata da ripetizioni delle scene con variazioni minime nei dialoghi, è un artificio che Zeller utilizza nell’opera (primo tassello di una trilogia dedicata alla famiglia, che ha poi avuto seguito in “Il padre” del 2012 – con il cui adattamento cinematografico Zeller ha vinto l’Oscar nel 2021 per la migliore sceneggiatura non originale – e “Il figlio” del 2018) per marcare con nettezza la labilità della protagonista, investita sempre più dalla illogica perversione di possessività che la avvolge rendendola incapace di intendere se non per portare all’estremo la volontà di innescare il senso di colpa nei propri familiari. Lunetta Savino ha il merito di contrassegnare la protagonista rendendosi altamente credibile negli improvvisi cambi d’umore che la investono. Riesce altresì a misurarsi in tempi recitativi perfetti con i suoi compagni di scena che ben rappresentano il disagio dei propri personaggi di assecondare la protagonista sull’orlo del baratro mentale. Efficace nel suo insieme la resa drammaturgica dell’opera, capace di indagare nella mente dello spettatore e di indurlo a riflettere sulla disperazione della protagonista, sulle sue ansie figlie di desideri irrisolti, sulla sua volontaria rinuncia a una vita indipendente ma non per questo slegata da affetti e famiglia. E la scelta nell’ultima scena del brano dei DiaframmaL’odore delle rose” nell’interpretazione di Francesco Bianconi appare il perfetto corollario al disagio della protagonista, pronta a chiedersi, senza trovare risposta, perché le emozioni nascano e poi muoiano, nonostante le cose in cui si creda sono le stesse da una vita.

Nel suo insieme, un’opera rappresentata in modo ottimale, premiata dagli applausi convinti del pubblico e che ha avuto un’appendice piacevole e malinconica insieme al termine, grazie alla scelta da parte dell’organizzazione di premiare Lunetta Savino con un riconoscimento dedicato alla memoria di Enzo Noce, storico impresario teatrale cosentino scomparso lo scorso anno. Sul palco hanno consegnato il premio il Sindaco di Cosenza Franz Caruso e la moglie di Noce, signora Giusy.     

LA MADRE 
di Florian Zeller
Con Lunetta Savino, Andrea Renzi, Niccolò Ferrero, Chiarastella Sorrentino
Regia Marcello Cotugno 
Scene Luigi Ferrigno
Luci Pietro Sperduti
Costumi Alessandra Benaduce
Produzione Compagnia Molière in coproduzione con  – Teatro Nazionale e Accademia Perduta Romagna Teatri.

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...