NoteVerticali.it_U Tingiutu_Dario De Luca_3Terrore e violenza, in un territorio senza stato e dove vige la legge del branco. E’ questo il contesto di “U tingiutu: storia di un Aiace calabrese”, riproposto venerdì, a distanza di tre anni dal suo debutto, nel cartellone di “More Fridays” al Teatro Morelli di Cosenza. La rappresentazione, scritta e diretta da Dario De Luca e prodotta da Scena Verticale, finalista al Premio Riccione per il Teatro 2009 e al Premio Landieri 2011 (dove lo stesso De Luca è stato premiato come miglior attore), apre uno squarcio sul sottobosco di illegalità diffusa che vive e prospera in Calabria, raccontando, con intenso e drammatico realismo, il regolamento di conti interno a un clan ndranghetista. In breve la storia: alla morte del boss Achille, il designato a succedergli alla guida della cosca è Ulisse e non Aiace. Quest’ultimo progetta una vendetta sequestrando il rivale, ma, proprio mentre ha in mente di torturarlo prima di ucciderlo, si accorge di essere diventato un “tingiùtu”, ossia un traditore. Inizia così una lunga riflessione ad alta voce sulla propria vita, in cui dà sfogo al proprio dolore e alla propria rabbia, fino al colpo di scena finale.

NoteVerticali.it_U Tingiutu_Dario De Luca_1Lo spettatore resta colpito dal succedersi crudo e inatteso degli eventi, che sono narrati attraverso una sapiente patchwork che frammenta la sequenzialità temporale sia per consentire agli attori l’interpretazione di più personaggi, sia per favorire nello spettatore la creazione della giusta suspence. Vanno così in scena una serie di quadri che mostrano i personaggi alle prese con dialoghi crudi e diretti, dove emergono, nel contempo, la ferinità dei personaggi e il loro confrontarsi sul rispetto di regole che appartengono a un mondo parallelo, che prosegue sicuro nel proprio habitat senza lasciarsi investire dall’ansia che cela il bisogno di normalità. Si amplifica così il senso della contiguità, che fa essere tolleranti verso l’abitudine alla disonestà tollerata, alla delinquenza alla luce del sole, al malaffare minimizzato, all’anormalità diventata normalità.

Se l’utilizzo dei nomi classici della tragedia greca (oltre ad Aiace e Ulisse, Agamennone, Ettore, Achille, …) fornisce sapientemente pathos ed epica allo scontro non solo verbale e fisco, ma anche gestuale e di sguardi che si dipana sulla scena, l’uso del dialetto (cosentino, ma con inflessioni silane e polliniane) rende comprensibili e maledettamente vicine a noi le affermazioni e il contesto in cui esse maturano.

NoteVerticali.it_U Tingiutu_Dario De Luca_2Aiace, il protagonista, è l’eroe greco per antonomasia, colui che difende generosamente l’onore della propria patria, fino a farsi da parte al mutare degli eventi, senza cavalcarli e assoggettarli, come forse avrebbe fatto al suo posto Ulisse, ma riconoscendo l’errore delle proprie scelte, che decide di pagare sulla propria pelle. Lo spettatore che assiste al regolamento di conti in scena, pur se impressionato dalla ferocia che traspare dai racconti delle gesta criminali dei protagonisti, non può pensare a qualcosa distante da sé: quel mondo, quei riti, non gli appartengono, certo, ma magari hanno luogo nel suo stesso quartiere, tra persone che incontra tutte le mattine al bar, o che vede davanti alla scuola dei suoi figli perché anch’essi genitori. E allora, pur se non gli appartengono, non può esserne distante. Perché la leggerezza del “vivi e lascia vivere”, non può far tacere il risentimento verso un modo di fare che infanga noi e la dignità nostra e della terra selvaggia e magnifica in cui siamo nati. E’ questo il messaggio di “U tingiutu”: la necessità di un’educazione alla legalità, che parta spontaneamente dal basso, dalle famiglie, dalla scuola, per ossigenare la società malata di connivenza e contiguità. Applausi meritati a fine spettacolo per Rosario Mastrota, Ernesto Orrico, Fabio Pellicori e Marco Silani, e soprattutto per Dario De Luca, capace di calamitare la scena in modo encomiabile. E ancora una volta, sala gremita, a conferma dell’ottima risposta del pubblico all’iniziativa “More Fridays” di Progetto More.

Di Luigi Caputo

Idealista e visionario, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...