Al Teatro Auditorium dell’Università della Calabria, esibizione in ensemble molto apprezzata nel corso di una due giorni dedicata alla cultura come volano economico
I latini lo predicavano con consapevolezza mista a rassegnazione: carmina non dant panem. Più chiaro di così si muore. Quindi, al di là del talento e del diletto, secondo gli illustri antenati di Totti, nessun’altra ricompensa parrebbe essere riservata – se non applausi e sorrisi, pochi o tanti non importa, in ogni caso gratuiti – a chi sia dotato del sacro fuoco di Apollo. A distanza di secoli e secoli, nell’epoca che, attraverso la tv, ora distribuisce talenti spesso immeritati, ci si chiede se le cose siano cambiate, ed è significativo che lo si faccia in un’Università. L’ateneo in questione è quello calabrese dell’Unical, da qualche tempo positivamente attento a cogliere i forti stimoli culturali che arrivano dal territorio, grazie all’opera illuminata di chi riesce a fare promozione culturale in un contesto non certo facile. Si chiama ‘L’impresa della musica‘, ed è una due giorni organizzata dalla stessa Università con sede a Rende (CS) insieme con il Liason Office d’Ateneo e il Teatro Auditorium TAU, e con la collaborazione artistica ed esecutiva di Archimedia Produzioni e Picicca Dischi. Due giorni appunto, 3 e 4 dicembre, dedicati alla cultura come volano economico, in una terra, è bene ricordarlo, da cui l’economia e lo sviluppo, almeno per come sono intesi altrove, sembrano sempre lontani miraggi.
La prima delle due giornate è stata dedicata interamente alla musica suonata, attraverso la messa a fattor comune di talenti noti e meno noti. Una serata di festa, a ingresso gratuito, che ha visto salire sul palco del TAU artisti del calibro di Roy Paci, Dario Brunori, Peppe Voltarelli e Mauro Ermanno Giovanardi. I quattro, accompagnati da un’ensemble di 13 giovani e valenti musicisti calabresi, hanno dato vita a un concerto unico nel suo genere, tra esibizioni soliste e duetti particolarmente apprezzati dal pubblico presente, composto perlopiù da giovani ma non solo, più fortunati rispetto ai tanti che, per la limitata capienza di posti in teatro, sono stati costretti a seguire il live sul maxischermo allestito all’esterno.
Ha aperto la serata Roy Paci, che ha iniziato dirigendo l’orchestra in uno strumentale struggente e appassionato, colonna sonora del nuovo film “Sicily Jass“, dedicato alla figura di Nick La Rocca, valente jazzista siciliano nato a New Orleans alla fine dell’Ottocento. Poi, è stata la volta di “Malarazza“, cover del brano di Domenico Modugno tratto da una poesia di un anonimo siciliano, che Voltarelli ha ormai fatto propria e che ha interpretato anche stasera con forza e determinazione. Non poteva essere altrimenti, dato l’inciso (“Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastune e tira fora li denti“) che anzi può essere letto come una esortazione diretta ai giovani calabresi. Un invito perchè non ci si arrenda di fronte alle difficoltà, e perché non si getti la spugna davanti al primo ostacolo.
E’ stata poi la volta di Brunori che, in completo nero e cappello da predicatore yiddish, ha alleggerito subito i toni catturando attenzione e applausi del pubblico con le sue bizzarre digressioni tra un brano e l’altro, spaziando da Grecia Colmenares – dea del suo passato onanistico! – alla singolare verità per cui a comandare chi ha studiato ci sono gli ignoranti (metafora italiana?). Come un perfetto controcanto, il suo set, composto da “Arrivederci tristezza” e “Una domenica notte” al piano, e poi “Come stai“, “Lei, lui, Firenze” e “Paolo” alla chitarra acustica – accompagnato da Massimo Garritano alla chitarra elettrica nei primi due brani e da Roy Paci alla tromba nell’ultimo, rivisitato alla maniera dei soundtrack delle pellicole di Woody Allen – ha divertito e commosso come sempre, grazie alla purezza di brani semplici ma profondi, capaci di strapparti un sorriso (“E’ il mutuo il problema peggiore del mondo che ho intorno“) e di farti scendere una lacrima (“…com’è triste Natale senza mio padre…“). Miracoli che solo i grandi sanno fare.
Giovanardi, voce unica e presenza scenica invidiabile, ha fatto invece il suo ingresso sul palco con una citazione apprezzata forse da pochi: quel “La televisiun gà la forza di un leun” che rimanda all’Enzo Jannacci di “Quelli che…“, esattamente 40 anni fa. Quindi, ci ha fatto ascoltare “Io confesso“, il brano con cui ha partecipato a Sanremo 2011, qui impreziosito dalla tromba di Roy Paci che ne ha calcato meglio il respiro retrò. E’ stata quindi la volta di “Nel centro di Milano“, tratta dal nuovo disco “Il mio stile“, vincitore della Targa Tenco 2015: la nebbia che si fa solitudine metropolitana, in una interpretazione appassionata e coinvolgente, che nel finale ha riservato un omaggio a queste latitudini, quando “nel centro di Milano” è diventata “nel centro di Rossano“. Dopo un ricordo di Pasolini con la struggente esecuzione di un inedito a lui dedicato, (“non aver paura di dire la verità e di vivere la vita…” è la frase che è rimasta impressa sul nostro taccuino virtuale), la reunion con Paci e Brunori è stata celebrata con “Brucia la terra“, l’antica ballata siciliana musicata da Nino Rota che fa da colonna sonora al Padrino di Francis Ford Coppola.
E Voltarelli? E’ rientrato subito dopo, in completo nero lucido e camicia (“da compare di matrimonio“) e ci ha fatto ascoltare echi di un presente che sembra passato, attraverso il nobilissimo uso del dialetto: dalle storie di lavoro e fatica di “Marinai” all’amore sanguigno e teatrale de “La zattera“, con arrangiamenti che hanno esaltato l’orchestra spaziando dalla ballad alla tammurriata. Infine, commiato in grande stile per i quattro artisti protagonisti della serata, che hanno salutato il pubblico con una versione di “Vecchio frac” divertente e commovente al tempo stesso: ancora Modugno, quasi a voler dimostrare quanto il legame tra vecchio e nuovo cantautorato sia tutt’altro che effimero.
Serata conclusa tra gli applausi, più che meritati, ai big quanto ai musicisti. E, dopo la musica, venerdì 4 alle 16 tocca alle parole, per un convegno che si preannuncia senz’altro interessante. Il rettore Gino Crisci farà gli onori di casa, dando spazio a Matteo Zanobini di Picicca, Fabio Vincenzi dei Teatri Unical e Giampaolo Calabrese di Archimedia, e poi Flavio Severini dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, Stefano Senardi (già Presidente di Polygram Italia, e oggi a capo della Fondazione Orchestra sinfonica di Sanremo, nonchè autore televisivo) e Antonio Princigalli, responsabile del progetto Puglia Sounds. Ci sono tutte le premesse per sentirne delle belle, e cercare di capire come si riesca a vivere di musica da chi in effetti lo sta facendo e anche con successo. Con buona pace dei nostri amici latini.
Idealista e visionario, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…