Siamo stati a Cosenza alla presentazione del film del regista lucano Antonello Faretta che racconta la vicenda di Craco, il paese fantasma 

NoteVerticali.it_Montedoro_Antonello_Faretta_2Il cinema è finzione, lo sappiamo, ma capita anche che racconti la realtà. Una realtà che, a volte, è espressione di ricerca interiore, dolorosa e necessaria al tempo stesso. Antonello Faretta, autore e regista potentino (qui la nostra intervista), con “Montedoro” ha dato corpo sullo schermo a una storia, quella di Pia Marie Ann, matura donna americana che, in età adulta, scopre di essere stata adottata e di essere nata in realtà in un borgo sperduto della Basilicata. Inizia così il racconto di una vicenda evocativa e ancestrale, che affonda le proprie radici in un passato irreale, dal quale riaffiorano intensi i contorni di un paese ormai sepolto. La storia della donna diventa così la storia di un ‘luogo non luogo’, quella che nella finzione è Montedoro e nella realtà è Craco, comune della Basilicata sfollato dopo la frana del 1963 che costrinse gli abitanti a rifugiarsi a valle, con un conseguente distacco forzato dalla terra d’origine.

Vediamo così sullo schermo le presenze di una comunità protagonista di un esodo, che da oltre mezzo secolo vive un presente fatto di ricordi ingombranti e mai domi, dolorosi e violenti verso ciò che non esiste più, e che mai più potrà tornare in vita. Paesaggi spettrali, il rumore del vento, la falce che taglia il grano, un pastore che chiama le pecore, la polvere, il cielo, le crepe nei muri, i corvi. Il cinema di Faretta, evocativo e simbolico, si rivela così un viatico suggestivo e doloroso al tempo stesso, in cui i silenzi e la presenza ingombrante della natura e degli animali lasciano spesso il posto alla ferinità ossessiva del ricordo, che affonda le proprie lame affilate nelle rughe dei protagonisti e nel loro tempo senza presente, destinato ad un orizzonte in cui il futuro è irrimediabilmente perso, forse per sempre. Ed è così che Craco-Montedoro diventa non più solo il set per l’ennesimo cinema di finzione (qui sono stati ospitati i set di diversi film, da “Cristo si è fermato a Eboli” di Francesco Rosi a “The passion” di Mel Gibson), ma assurge a metafora di un’Italia alla rovina e alla continua ricerca della propria identità perduta.

NoteVerticali.it_Montedoro_Antonello_Faretta_3Abbiamo assistito a Cosenza, al Cinema Modernissimo, alla proiezione del film in compagnia del regista Faretta, del produttore esecutivo Adriana Bruno e del direttore della Lucana Film Commission Paride Leporace. Nel dialogo al termine della proiezione, il regista ha parlato del film come di un miracolo, nato quasi per caso, grazie all’incontro fortuito via Internet con una comunità di crachesi in America e in particolare con la signora Pia Marie Ann, che ha ispirato la storia, e che Faretta ha definito ‘un vero fuoco in termini sia narrativi che produttivi‘. Affascinato da un certo immaginario letterario, che spazia dall’Antologia di Spoon River di Edgar Lee Masters alle Cartoline dai morti del paesologo Franco Arminio, Faretta ha deciso di credere fermamente nel progetto, percorrendo insieme ad Adriana Bruno e a Pia Marie Ann una strada difficile e buia, ma che è stata per lui un’esperienza formativa incredibile, tanto da definirla una vera e propria ‘università del cinema‘, che ha già avuto apprezzamenti importanti all’estero (dal Messico al Brasile, dal Canada agli Usa), e che da poco si sta confrontando con il pubblico italiano.

NoteVerticali.it_AntonelloFaretta_3
Antonello Faretta durante le riprese del film

Il film, girato in pellicola, raccoglie e mescola alla storia frammenti video inviati dai crachesi all’estero, che mostrano quanto viva fosse la comunità del vecchio paese. Il risultato in “Montedoro” è unico, a metà tra documento e finzione. La lezione di Abbas Kiarostami è raccolta e sviluppata secondo dettami che invitano a tracciare una strada tra tradizione e modernità, restituendo dignità a una comunità, e che elevano il senso di fare cinema a una missione. Quella di assurgere a una funzione civile e di raccontare, da luogo a luogo, un mosaico di identità. Leporace, che ha all’attivo la prolifica esperienza da Direttore della Lucana Film Commission, ha giustamente ravvisato la necessità di dare spazio a molti cinema regionali. Un’occasione fondamentale per recuperare, attraverso una forma comunicativa universale quale quella cinematografica, quel senso della memoria sopito e messo a tacere dal piattume della grande distribuzione commerciale, e che invece potrebbe assurgere non solo a una missione culturale, per dare nuovo lustro alle radici che sono alla base di ciascuna comunità, ma anche dar luogo a ritorni economici interessanti, attraverso il turismo. Un cinema di servizio, quindi, che si auspica possa essere realizzato e prodotto con il contributo delle istituzioni, in un circolo virtuoso in cui possano agire la sincerità e l’umiltà – come ha detto Faretta in conclusione – di operare per il bene e con il coraggio di tornare ad essere comunità.

Montedoro – Clip1 from Antonello Faretta on Vimeo.

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: