Teatro Rendano stracolmo per il concerto del cantautore romano organizzato dalla Fondazione Lilli, in prima fila nella ricerca contro i tumori  

noteverticali.it_niccolo_fabi_teatro_rendano_cosenza_28_dicembre_2016_02Musica e solidarietà di scena al Teatro Rendano di Cosenza, per il concerto di Niccolò Fabi organizzato a sostegno della Fondazione Lilli. L’artista romano, reduce da un anno importante che lo ha visto protagonista grazie al cd “Una somma di piccole cose”, a nostro avviso il miglior disco italiano del 2016, si è esibito in un teatro sold-out che testimonia la generosità di chi, cosentini e non, ha risposto presente all’invito della Fondazione, nata in memoria di Lilli Funaro, e in prima fila nella promozione delle attività di ricerca contro i tumori.

Fabi si è presentato all’appuntamento cosentino nella sua formazione tipo: ad accompagnarlo i musicisti polistrumentisti Damir Nefat, Filippo Cornaglia e Matteo Giai, e il cantautore Alberto Bianco, che in sede di bis ha avuto anche il privilegio di cantare un suo brano (“Filo d’erba”). Il live è partito seguendo le orme del disco, con la titletrack all’inizio. Zero fronzoli, una veste acustica nel vero senso del termine, e parole degne di significato. Il viaggio alla ricerca dell’essenza delle cose, dal generale al particolare, dal superficiale allo specifico, per aiutare ciascuno a riscoprire quanto la vita sia costituita da un insieme di passi, da ogni minuto che ci scorre attraverso giornate apparentemente senza significato, da un insieme di sorrisi e maledizioni, paure e speranze che accompagnano il nostro andare. E con quel forte richiamo al senso di comunità che è alla base di “Ha perso la città”, secondo brano in scaletta, una forte e sentita esortazione a quel senso di appartenenza che ci ha resi grandi e che oggi sembra smarrito, e la cui sconfitta è testimoniata da ciò che vediamo davanti, dalle corsie preferenziali alle corporazioni nei consigli comunali, alle case popolari, ai loschi affari dei palazzinari, ai centri commerciali. “Abbiamo perso la voglia di aiutarci”, canta Fabi alla platea del Rendano, che ascolta in silenzio sottolineando il proprio gradimento con un forte applauso al termine del brano. A dir poco struggente è “Facciamo finta”, altra perla del nuovo disco, dove il cantautore romano ricorda anche la figlia Olivia, scomparsa nel 2010 ad appena due anni (“Facciamo finta che io torno a casa la sera, e tu ci sei ancora sul nostro divano blu”). Ed è immediato accostare il suo accorato sussurro a quello dei familiari e degli amici di Lilli, in sala, che senz’altro penseranno con commozione e tenerezza alla ragazza a cui è dedicata la serata. Emozioni che sono proseguite con “Evaporare”, uno dei manifesti della poetica musicale di Fabi (“La solitudine è amara beatitudine per me, è necessaria come un vizio e la coltivo un po’ per sfizio”), che a fine brano si rivolge al pubblico confessando la propria grande felicità nel trovarsi a Cosenza, città in cui non capita troppo facilmente, in uno splendido teatro e per un’occasione così particolare che eleva il concerto a qualcosa di diverso dal solito. Una situazione che lo avvicina ancora di più al pubblico, che non manca di tributargli il giusto applauso anche in coda ai brani che sono seguiti, da “Elementare” a “Filosofia agricola”, altra splendida traccia estratta dall’ultimo disco: un brano che può essere a buon diritto considerato il manifesto dell’album, che accoglie il senso della vita e quello altrettanto realista della morte (“E poi sarà bellissimo di te dipingermi l’interno, semmai potessi scegliere io mi addormenterei d’inverno…”), uniti a un rispetto doveroso per la natura (“La terra che ci ospita comunque sarà l’ultima a decidere”). Una poesia minimalista, quasi naif, in cui l’autore non abbandona l’idea della propria caducità (“Chiaro è che non vincerò contro i cumuli di memoria, ma il vento che li agita sarà l’ultimo ad arrendersi”) ma anzi ne è pienamente consapevole, e se ne lascia attraversare per intero (“Se avessi meno nostalgia saprei conoscere, godermi e crescere, Invece assisto immobile al mio nascondermi e scivolare via da qui”).

noteverticali.it_niccolo_fabi_teatro_rendano_cosenza_28_dicembre_2016_01Più politica è senz’altro “Non basta più“, che, al di là della connotazione forse pessimistica che lo accompagna, contiene l’esortazione a ad alzare la testa per risalire la china (“Amico, amico caro guarda più in alto, dalle formiche hai imparato solo a metterti in fila…”), e che in teatro si chiude con un “la la la la” e con il battimani collettivo la platea si riscalda, facendo sentire il proprio sostegno anche in “E’ non è”, trascinato dal ritmo del basso, che a fine brano dialoga in modo vibrante con la chitarra elettrica, mentre la platea in coro canta “Non è la vittoria l’applauso del mondo, di ciò che succede il senso profondo…”. Ma il momento romanticamente più intenso è quello che si è aperto con “Una mano sugli occhi”, che Fabi si accompagna da solo al piano, un’originale dichiarazione d’amore alla compagna della vita, dove si va al di là dell’innamoramento e dell’attrazione per legittimare una vicinanza che resterà per sempre, finché si avrà respiro (“Non è più baci sotto il portone, non è più l’estasi del primo giorno, è una mano sugli occhi prima del sonno… E’ questo che sei per me…). Si prosegue con “Mimosa”, che denuncia con inedita e struggente poesia una violenza. Il ritmo cresce con “Una buona idea”, trascinante per il pubblico in sala, che accoglie con applausi a scena aperta sia “Le chiavi di casa”, dichiarazione d’amore di un padre a un figlio (“La tua risata è vita, e luce tra le persiane”), che “Solo un uomo”, poesia allo stato puro (“E’ solo un uomo quello che mi commuove, che vorrei uccidere e salvare amare e abbandonare, è solo un uomo ma lo voglio raccontare, perché la gioia come il dolore si deve conservare, si deve trasformare…”).

noteverticali.it_niccolo_fabi_teatro_rendano_cosenza_28_dicembre_2016_04Costruire” è una delle hit che viene cantata in coro, nel finale (“ti stringo le mani, rimani qui, cadrà la neve, a breve…”) e in quell’attimo sembra davvero che il tempo si sia fermato: non è solo l’artista davanti al suo pubblico, ma è la sublimazione di una chimica tutta particolare, alimentata dal collante di emozioni sincere e vive, che si manifestano e si toccano. C’è spazio anche per un momento reggae, che contrassegna le esecuzioni di “Io” e di “Vento d’estate” (“Sembra di essere in una piccola Kingston” dichiara divertito Fabi), fino alla conclusione finale con “Oriente” e “Lasciarsi un giorno a Roma”, ballata da tutta la platea (e non è certo ordinario vedere una cosa del genere al Rendano).

Ovviamente il concerto non è ancora finito: il bis vede protagoniste, intervallate dal “Filo d’erba” di Alberto Bianco,  la poetica “Vince chi molla” e la più vivace “Lontano da me”, che chiudono uno splendido concerto, e una grande occasione che ha sposato la musica alla solidarietà.

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Luigi Caputo
Author: Luigi Caputo

Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l'arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia...

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