NoteVerticali.it_Paola Turci_MonteCocuzzo_12 lug 15_5Valorizzare il territorio non è né un ossimoro nè un’utopia. A volte si può, con gli sforzi congiunti di persone di buonsenso che operano per il bene della comunità, e credono in un progetto che guarda lontano, pur avendo i piedi ben piantati nelle proprie radici. Plauso quindi all’amministrazione comunale di Mendicino (CS), per aver messo in piedi un evento, Radicamenti, con l’obiettivo di valorizzare il proprio territorio offrendo cinque giorni di dibattiti e spettacoli gratuiti, culminati nella festa a Monte Cocuzzo di domenica 12 luglio. Madrina d’eccezione, Paola Turci, che ha celebrato la bellissima giornata con un concerto magico, tenuto a corredo di un cielo azzurro accompagnato dal bianco ballerino di nuvole buone, che ha salutato migliaia di tutte le età, presenti e attenti nel godere di uno spettacolo unico.

Il concerto, preceduto dall’esibizione del simpatico e talentuoso Federico Cimini, virgulto del cantautorato di oggi, e annunciato da Alba Battista, è iniziato con “Volo così” e, giuriamo, chiunque tra i colleghi della Turci avrebbe fatto faville per avere uno sfondo di nuvole danzanti in tempo reale alle proprie spalle. Un’esecuzione molto intimista, che ha lasciato il passo a “Stato di calma apparente“, eseguita su registri più rock, che hanno dato modo alla band (Fabrizio Fratepietro alla batteria, Pierpaolo Ranieri al basso, Fernando Pantini alla chitarra elettrica) di iniziare a scaldare i motori. Chiamata subito fuori “Io Sono“, la sua hit del momento. Il ritornello (sono l’anima che tu non chiedi / l’isola che tu non vedi / e te lo dimostrerò / che io non sono / quello che da sempre credi / solo cieli bianchi e neri / sole tra le nuvole) è cantato quasi per intero dal pubblico, ed è testimone di una empatia particolare per il brano. Una fotografia – vergata da Francesco Bianconi e Pippo Kaballà – di ciò che è oggi Paola: non solo acqua, ma fuoco, sonno e follia, dolcezza e inquietudine. Una persona più serena, che si piace di più e affronta le cicatrici sulla pelle con grinta e coraggio.
Già, le cicatrici, che bruciano ma non chiamano alla resa, se si ha la forza di affrontarle con la passione e la classe di una ragazza di cinquant’anni che con la propria voce ammalia e incanta. Una ragazza piena di grinta e di voglia di vivere che si dice felice di essere su quel palco, che parla di bellezza e che regala melodie preziose come l’aria di montagna. Dopo l’intensa ‘Questa non è una canzone‘, la violenta ‘Fuck you‘ e l’adrenalinica ‘Ragazzi bellissimi‘, c’è spazio per la poesia di ‘Attraversami il cuore‘, lirica struggente che nell’inciso si apre alla vita e al sogno. E se ritrovare i momenti perduti non è certo facile, a nessuno potrà mai essere impedito di generare sogni che parlino d’amore, e che rendano possibile il miracolo della fioritura delle stagioni.

NoteVerticali.it_Paola Turci_MonteCocuzzo_12 lug 15_8Stagioni che parlano altri linguaggi, condite da foto non sempre desiderate: ‘Ringrazio Dio‘ rimanda alla Turci più diretta, dove la poesia lascia il posto all’invettiva (‘e al mio uomo che è fuggito via / nemmeno un po’ d’affetto‘). Musicalmente parlando, rispetto all’originale il tempo è più rallentato (è una prerogativa che notiamo un po’ in tutti i brani del live). Da rilevare l’interessante vocalizzo finale e l’assolo di chitarra elettrica particolarmente apprezzati dal pubblico, che, per il brano successivo, non disdegna certo un applauso a Domenico Modugno: è un suo classico la ‘Dio come ti amo‘ che Paola reinterpreta con pathos e lirismo che incantano la platea, prima di confessare che fino a un certo punto della sua carriera non apprezzava affatto le canzoni d’amore, e di averle invece riscoperte anche tra quelle del suo repertorio. Una di queste è ‘Quel fondo di luce buona’, condita da un bel sound acustico che ricorda la migliore Sheryl Crow. Sempre in tema di canzoni d’amore, ecco fare capolino ‘L’uomo di ieri’, scritta da Mario Castelnuovo e Gaio Chiocchio, esordio ufficiale (era il 1986) per un Sanremo passato in sordina (‘Cantai all’una di notte, mi videro solo i parenti, e fui eliminata al primo turno‘). L’esecuzione acustica solo chitarra e voce, che certo non si adatterebbe al clima di festa campestre, dispensa comunque emozioni che registriamo. Più apprezzata è ‘Io e Maria‘, che Luca Carboni le scrisse nel 1993, storia di un amore saffico tra due donne tradite dai rispettivi uomini. Spazio poi a due cover di successo, ‘Mi manchi tu‘ (Missing you di John Waite) e ‘Questione di sguardi‘ (cover di ‘This Kiss’ di Faith Hill), che fanno ballare il pubblico di Monte Cocuzzo.

NoteVerticali.it_Paola Turci_MonteCocuzzo_12 lug 15_4Tocca quindi a ‘Bambini’, la canzone scritta da Roberto Righini e Alfredo Rizzo che le ha dato la maggiore popolarità grazie a un altro Sanremo. Era il 1989, e per la prima volta, grazie a lei, sul palco dell’Ariston si parlò dei desaparecidos, ma soprattutto delle creature ‘armate e disarmate’ da un mondo troppo crudele. Creature cullate dalla guerra, che ‘sanno tutto dell’amore che si prende e non si dà‘. Mentre Paola canta, un pensiero va ai bimbi uccisi dal genocidio siriano, e ai bambini soldato dell’Isis. Davanti a noi, intanto, proprio sotto il palco, un bambino in piedi sorseggia la sua Coca-Cola. “Dove colpire” parla ancora di ragazzi che si perdono in strade troppo grandi e affollate. Più solare è ‘Saluto l’inverno’, altra hit sanremese del passato, che porta la firma di Carmen Consoli. La scrittura della cantantessa catanese torna in ‘Sabbia bagnata‘, uno dei bis assieme a ‘Ti amerò lo stesso‘, un altro dei classici che viene proposto a cappella. ‘Sai che è un attimo‘, altra cover (‘Time for letting go‘ di Jude Cole) e altra canzone di non amore, chiude il concerto. Il pubblico è in piedi, saluta una bella festa di musica. Che continuerà, ne siamo sicuri, nei prossimi appuntamenti de “La Sila suona Bee”: il 25 luglio a Molarotta di Camigliatello con il live di Manu Chao, e poi a settembre con Alessandro Mannarino.

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