Al Garden di Rende in scena la commedia di Carmine Amoroso da cui è stato tratto il film di Mario Monicelli
Trieste e Saverio sono due anziani coniugi di Sulmona. Carabiniere in pensione lui, casalinga lei, hanno trascorso una vita insieme e ora conducono un’esistenza decorosa in una casa che è ormai popolata solo da ricordi. Facile intuire allora che per loro Natale significhi soprattutto dare finalmente vita a una dimora altrimenti silenziosa per tutto il resto dell’anno, ospitando i quattro figli che vivono lontani con le rispettive famiglie. C’è Lina, bibliotecaria che soffre di colite cronica, che vive a Teramo, è sposata con Michele, geometra al comune (“uno con la tessera di Forza Italia ma che giura di non aver mai votato per Berlusconi!”) ed è madre di un bambino, Mauro. C’è Milena, vedova, che abita con i suoceri e vive in uno stato di perenne infelicità, acuito dalla sterilità e dalla perdita del marito. C’è Alessandro, impiegato alle Poste ingenuo e idealista, che vive a Modena con la disinibita moglie Gina e la figlia preadolescente Monica, che la madre vorrebbe ballerina o tronista. E poi c’è Alfredo, celibe, che fa il professore in un istituto milanese. Mondi diversissimi, che si sopportano a fatica se vengono messi a contatto tra loro, ma che ben presto disvelano conflitti sottotraccia che finiscono inevitabilmente per giungere a galla. Accade quando, durante il pranzo di Natale, Trieste e Saverio manifestano l’intenzione di voler trasferirsi presso la casa di uno dei figli, che in cambio dell’ospitalità riceverà metà della loro pensione e l’intestazione della casa. Gli anziani genitori non indicano chi dei quattro dovrà ospitarli: saranno loro stessi a sceglierlo di comune accordo. E’ così che la finta pace familiare tra i fratelli si manifesta ben presto per ciò che è. La realtà svela infatti tutte le ipocrisie che fino a quel momento erano rimaste nascoste, evidenziando contrasti e litigi che finiranno per portare a un macabro coalizzarsi dei quattro figli contro i poveri genitori, che saranno gli unici inconsapevolmente a soccombere della cattiveria delle creature che li hanno generati.
Abbiamo visto “Parenti serpenti”, commedia noir di Carmine Amoroso sceneggiata per il grande schermo in un film diretto da Mario Monicelli nel 1992, al Teatro Garden di Rende, in occasione del primo appuntamento della rassegna “Comicità in teatro”. Mattatore a tutto tondo Lello Arena, nei panni del capofamiglia Saverio, nel ruolo che sul grande schermo fu di Paolo Panelli. Un personaggio che l’attore napoletano fa suo, e incarna alla perfezione, vestendolo della ‘sguaiatezza’ giusta per far scattare applausi e risate in sala. Merito anche di una spalla dalla bravura sorprendente: Giorgia Trasselli, che i più ricorderanno come la ‘Tata’ di ‘Casa Vianello’ in una delle sitcom italiane più famose di sempre. La Trasselli qui ‘invecchia’ per incarnare una Trieste piccola solo in apparenza, in realtà capace di tenere testa al marito brontolone e arteriosclerotico, e di giustificare sia le fobie delle figlie Lina e Milena, eternamente in gara per riuscire a ottenere commiserazione e compatimento dal resto dei familiari, sia le ‘distrazioni’ degli altri due figli Alessandro e Alfredo, deboli di fronte alla realtà che li circonda.
Fobie e debolezze che vengono spazzate via in un colpo solo quando si profila all’orizzonte uno spettro, quello di dover accudire gli anziani genitori. E a nulla serve la promessa di un ritorno economico, attraverso parte della loro pensione, o l’intestazione della vecchia casa di famiglia. No, ciò che sembra contare per Lina, Alessandro, Milena e Alfredo è il bisogno primario di sbarazzarsi di ciò che ingombra – i genitori, appunto – senza pensarci un attimo, e senza contemplare l’ipotesi di un rifiuto o di soluzioni alternative come l’assunzione di una badante o il loro ricovero in una casa di riposo. Il testo di Amoroso unisce così l’ilarità al dramma, il grottesco al drammatico, la commedia al macabro. Parla di morte in un contesto di vita come quello legato al momento dell’anno, il Natale, in cui gli animi umani dovrebbero essere più disposti al bene reciproco. E, proprio nel collocare il male all’interno del nucleo ipoteticamente più sicuro che ci sia, quello familiare, ci ricorda che la natura umana, capace di grandi prove di generosità, è, purtroppo, anche in grado di cadere nell’abisso della cattiveria più nera, attraverso comportamenti subdoli come è subdola la natura appunto dei serpenti.
Basti pensare che il plot narrativo è tratto da un episodio di cronaca realmente accaduto. Rispetto al film di Monicelli, nel quale la cronaca degli eventi è affidata alla voce del piccolo di casa (Mauro, figlio di Lina e Michele, che qui l’artificio teatrale fa ‘sparire’ insieme a Monica e al marito di Milena), in modo che l’ingenuità del bambino che racconta la morte degli anziani nonni nel tema scolastico possa stridere con la reale causa del loro decesso. Viceversa, nell’adattamento teatrale che vede la regia di Luciano Melchionna, a narrare le vicende è lo stesso protagonista, che nel corso della rappresentazione si estranea più volte per rivolgersi direttamente al pubblico, al quale affida le proprie riflessioni a voce alta. Accade lo stesso anche al termine dello spettacolo, quando è lo stesso Saverio, da morto, a rivelare che il disegno diabolico dei figli è andato – ahilui – a buon fine. E nell’accommiatarsi dal pubblico, la sua considerazione è triste e beffarda allo stesso tempo, e lascia lo spettatore con una strana sensazione di amaro in bocca.
Da segnalare una prova pienamente positiva per tutto il resto del cast, con una menzione particolare per Annarita Vitolo, che non fa rimpiangere il ruolo che al cinema fu di Marina Confalone. Prossimo appuntamento della rassegna, promossa dal Comune di Rende, sarà il 2 febbraio con lo spettacolo di Anna Maria Barbera.
PARENTI SERPENTI, di Carmine Amoroso. Con Lello Arena, Giorgia Trasselli, Raffaele Ausiello, Andrea de Goyzueta, Carla Ferraro, Autilia Ranieri, Annarita Vitolo, Fabrizio Vona. Regia di Luciano Melchionna. Scene di Roberto Crea. Produzione Ente Teatro Cronaca Vesuvioteatro in collaborazione con Bon Voyage Produzioni e con Festival Teatrale di Borgio Verezzi.
Idealista e visionario, forse un pazzo, forse un poeta, ama l’arte come la vita, con disincanto, sogno e poesia…