Davanti al civico 36A s’incrociano gli esecranti piagnistei sentimentali di alcuni uomini e alcune donne in esagitato stato di nevrosi. Serena e Attilio capitano di fronte al citofono sbagliato, il tramestio di voci in agitazione dentro e fuori il citofono combaciano malamente. C’è chi racconta troppo di sé e chi non vuole proprio essere disturbato. Serena ha appena lasciato il suo ragazzo e già se ne è pentita, dato che la coerenza è fatta donna. Attilio ha il primo appuntamento con Sofia ma non sa ancora di cosa può essere capace la giovane ragazza. Serena cerca di convincere Attilio a citofonare al suo ex Paolo – un energumeno che tutto può essere fuorché il fidanzato della bella Serena – con degli stratagemmi poco attendibili. Vanno in confusione, Serena è fuori di sé e Attilio comincia a soffrire la sua irrequietudine di perenne insoddisfatta, mentre un intero condominio va in tilt. Manco a farlo apposta, è la sera del derby. Paolo è tifoso della Lazio e probabilmente ha già qualcun’altra già bella che archiviata. L’ennesima donna messa da parte è una certa Nadiezda, certa di cose delle quali non è convinto il bulletto Paolo, e di cui è all’oscuro l’ignara Serena. I farseschi personaggi si ritroveranno tutti sotto al palazzo e davanti al civico 36, senza alcuna voglia di chiarire, confondendo ancora più le carte, fra combutte e tentativi di adescamento molto poco distesi e del tutto privi di qualsiasi forma di equilibrio.
Di base, il testo scritto da Danilo De Santis e portato in scena stavolta da Luca Intoppa, che interpreta efficacemente Attilio, non sembra avere grandi spunti d’originalità, eppure qualcosa di vivace si muove dietro e soprattutto in mezzo a questi personaggi, ciascuno alla ricerca di un posto accanto a qualcuno, perché per tutti loro la solitudine sembra essere proprio una brutta bestia e il cervello rischia di andare in pappa. Goffamente ma con dignità, ciascuno saprà farsi rispettare, senza riuscire però a controllare quell’opportunismo che fondamentalmente caratterizza tutti gli esseri umani alla ricerca di un posto conforme alle proprie possibilità all’interno del mondo. De Santis riesce a generare una circuitazione di comicità scoppiettante proprio dall’insieme delle componenti e dall’amalgama degli attori, ben selezionati e ben diretti da Intoppa. Sul palcoscenico si alternano, a ritmo di gag a non finire e di spudorati ammiccamenti sessuali, la spumeggiante e sensuale Sharon Alessandri nel ruolo della toccata Serena, Gianpiero Catallo in quello del tamarro Paolo, la sorpresa comica Susan Rose in quello della ammaliante nevrastenica Nadiezda e la spiritata Federica Colucci – una forza della natura – in quello della squinternata Sofia.
Tempi azzeccati e ritmo che sale ulteriormente all’entrata in scena dei personaggi secondari che si rivelano poi delle vere e proprie chiavi di volta per il destino di quelli principali. Il tumulto delle singole vicende si assomma al brusio del pubblico in sala che ride ripetutamente e giustamente applaude, convinto che il ritmo in una commedia teatrale sia dato soprattutto dall’incisività degli scambi, dal ritmo nella successione eufonica delle battute (che nelle nuove commedie a teatro è questione tutt’altro che scontata). Il tempo vola e le assi non scricchiolano quasi mai (quasi nulle le forzature), se non nei ripetuti tentativi di far precipitare gli attori al di sotto di quelle stesse assi, e che nei loro innumerevoli tic e difetti, restano, nonostante tutto, sempre in piedi e col tallone d’Achille ben in vista, celando balbettamenti e incagli di sorta dietro i collaudati ferri del mestiere.

SALI O SCENDO?, di Danilo De Santis, con Luca Intoppa, Sharon Alessandri, Gianpiero Catallo, Susan Rose, Federica Colucci. Regia di Luca Intoppa. Supervisione alla regia di Danilo De Santis.

Di Federico Mattioni

Federico Mattioni, rapportando la vita e i sensi al cinema, sta tentando di costruire un impero del piacere per mezzo della fruizione e della diffusione delle immagini, delle parole, dei concetti. Adora il Cinema, la Musica e la Letteratura, a tal punto da decidere d'immergervi dentro anche l'anima, canalizzando l'energia da trasformare in fuoco, lo stesso ardere che profonde da tempo immemore nelle ammalianti entità femminili.