È sagrestia e goffa stanza da letto, pulpito e bordello, irresistibile palestra degli ormoni e non meno accattivante studio dei pensieri, il palcoscenico che Giovanni Scifoni abita, diretto da Vincenzo Incenzo, alla Sala Umberto di Roma con il suo Santo Piacere, un monologo fiume, un flusso tanto di coscienza quanto d’incoscienza che prende le mosse da due dei temi più scottanti di sempre: il sesso e la fede.

E la fede del sesso, anche, se quello che Scifoni ci racconta si configura innanzitutto come riflessione – sempre comica e irriverente, mai compiaciuta né autoriferita – del rapporto tra i due estremi. Un sesso che diventa una fede, dunque, una cieca dottrina cui immolare in primo luogo se stessi se ad accompagnarlo non c’è, più che (al solito) l’amore, vera consapevolezza: cos’è che ci piace del sesso, in fondo? qual è, in fondo, il vero oggetto del nostro desiderio, del nostro piacere? Domande, queste, che sottendono a tutto lo spettacolo e alle quali Scifoni, “narrattore” dalle mille facce e dalle altrettante posture, sempre creativo nelle trovate mimiche e vocali e con queste agile nel recuperare i colpi che qui e là il testo rischia di perdere, risponde senza moralismi né piaggeria, faceto anche nel serio e carico di verve e ritmi che ben s’intonano con sprazzi di malinconia.

Ma accanto a questo c’è anche (per combinare ancora le parole senza scombinarne però il senso) il sesso della fede, qui, ché tra le svariate figure e figurine cui Scifoni dà corpo e voce, trasformandosi senza soluzione di continuità da una all’altra eppure restando sempre se stesso, un simpatico prete dall’accento veneto e il cuore immacolato che gode della propria professione, missione o vocazione che dir si voglia, un prete che sa cosa gli piace davvero, che non sa resistere, a suo modo, certo, ma nemmeno lui, dunque, al suo desiderio di ascoltare l’altro, sempre appassionato.

E sempre divertente.

Divertente: ecco, però, insomma, la parola chiave. Al di là d’ogni descrizione o recensione, Scifoni diverte sempre e sempre sidiverte, coinvolgendo qui e là il pubblico come nella miglior tradizione del cabaret, mentre si lascia andare tanto al racconto quanto allo sketch, all’elucubrazione quanto alla barzelletta, all’aneddoto quanto alla macchietta, in un rapidissimo saliscendi di momenti scenici che ha la sana capacità di attrarre e distrarre lo spettatore al tempo stesso, quasi il punto del discorso fosse spostato sempre un po’ più in là, un po’ più oltre, a risvegliare l’autoironia dello spettatore.

Merito, questo, anche e soprattutto, della regia di Incenzo, che sa orchestrare tempi e ritmi con le giuste dosi di sapienza e leggerezza, abile nell’accentuare strappi e paradossi strizzandol’occhio all’opera buffa e alle comiche del cinema muto.

Questo Santo Piacere, così, ci ricorda pure che riesce davvero a divertire solo chi davvero si diverte.

 

 

Teatro Sala Umberto, Roma, 18 ottobre 2019

 

SANTO PIACERE.

DIO È CONTENTO QUANDO GODO

di e con Giovanni Scifoni

regia Vincenzo Incenzo

danzatrice Anissa Bartacchini

supervisione artistica Daniele Monterosi

produzione otiOfficine del Teatro Italiano

Di Sacha Piersanti

Nasce a Roma nel 1993. Scrittore e critico teatrale, ha pubblicato i libri di poesia Pagine in corpo (Empiria, 2015) e L’uomo è verticale (Empiria, 2018) e il saggio critico Zero, nessuno e centomila. Lo specifico teatrale nell’arte di Renato Zero (Arcana, 2019). Dal 2017 collabora con il blog di R. di Giammarco Che teatro che fa su Repubblica.it.