Incarcerati e sparpagliati in varie prigioni d’Italia, i componenti della banda di laureati guidata dal neurobiologo Pietro Zinni

Non c’è due senza tre, si dice. Con Smetto Quando Voglio – Ad Honorem, il regista Sidney Sibilia conclude in bellezza la sua acclamata trilogia dedicata alla “Banda dei ricercatori”.
Gli appassionati della saga sanno già tutto, aspetto ben chiaro al regista che fa iniziare il film senza preamboli e riassunto degli episodi precedenti, immergendoci immediatamente nell’azione e riprendendo dal punto esatto in cui si era concluso il precedente capitolo Masterclass.

Incarcerati e sparpagliati in varie prigioni d’Italia, i componenti della banda di laureati guidata dal neurobiologo Pietro Zinni (Edoardo Leo) si trovano di fronte a un pericolo imminente e a una conseguente nuova missione da portare a termine. Quando Zinni intuisce dove il suo nemico, il professor Mercurio (Luigi Lo Cascio), ha intenzione di usare il gas nervino per compiere un attentato, contatta nientemeno che il terribile “Er Murena” (Neri Marcorè, già visto nel primo episodio), raduna i suoi colleghi e organizza una rocambolesca evasione da Rebibbia per sventare la minaccia.

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Ad Honorem è un perfetto mix tra generi diversi: un prison movie immerso nella tradizionale commedia all’italiana, condito con una giusta dose di azione.
Quest’ultima avventura è suddivisa in due grandi sequenze (la fuga da Rebibbia e la cerimonia alla Sapienza) ed è costituita da una serie di flashback e intrecci narrativi che permettono la visione del film anche a chi si è perso gli scorsi episodi, ma soprattutto servono a dare risposta a tutti i quesiti che erano stati lasciati in sospeso precedentemente. I tre film si incastrano perfettamente tra loro come le tessere di un puzzle, regalandoci alla fine una perfetta chiusura del cerchio, senza buchi di trama.

Dei tre capitoli, quest’ultimo è quello che ha un tono meno scanzonato e che veicola un messaggio più profondo: non si ride a crepapelle (anche se i tempi comici e le battute taglienti sono sempre perfette), ma si riflette con maggiore serietà sul tema della precarietà, sul sistema universitario corrotto e su una generazione dimenticata, quella dei trenta-quarantenni.
Il messaggio che emerge, in apparenza amaro, cela però un intento edificante: i nostri protagonisti guardano alla generazione più giovane con ottimismo, riponendo in essa le speranze per un futuro migliore e per un cambiamento di rotta del nostro Paese.
I protagonisti non sono più gli (anti)eroi impacciati degli inizi, ma uomini più consapevoli delle loro capacità, che sfruttano e mettono al servizio degli altri.

Il punto di forza della pellicola rimane comunque l’impeccabile performance degli attori in scena, che lo spettatore ormai conosce alla perfezione e con cui si identifica: il cast è lo stesso dei precedenti film, con l’aggiunta di Peppe Barra, nel ruolo dell’esilarante direttore del carcere di Rebibbia, e di un maggiore spazio affidato alla buona interpretazione di Luigi Lo Cascio, solo intravisto nel finale di Masterclass e qui nel ruolo del “cattivo”.
I colori acidi e saturi della fotografia (marchio di fabbrica della trilogia) e le scelte musicali moderne affidate a Michele Braga, accompagnano ed esaltano perfettamente ogni scena del film.

Come in ogni saga che si rispetti c’è anche un pizzico di tristezza per l’addio; vorremmo davvero che le avventure della banda più casinista e geniale della storia del cinema italiano non finissero mai. E mentre ci godiamo l’ultimo capitolo di questa trilogia non ci resta che sperare in una reunion futura, un po’ come quando dopo anni si organizza una cena con i vecchi amici del Liceo. “Lunga vita alla banda”.

SMETTO QUANDO VOGLIO – AD HONOREM (Italia 2017, Commedia, 96′). Regia di Sydney Sibilia. Con Edoardo Leo, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Libero de Rienzo, Stefano Fresi, Luigi Lo Cascio, Neri Marcorè. 01 Distribution. In sala dal 30 novembre 2017.

 

 

 

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